Traguardi ‘energetici’

La scorsa estate, la Commissione europea ha raggiunto l’accordo sugli obiettivi di efficienza energetica da sottoporre al Consiglio europeo che, prima della fine di quest’anno, dovrà decidere le politiche di sostenibilità dell’Unione fino al 2030.

In gennaio, a sostegno della strategia di tutela ambientale e di contrasto ai cambiamenti climatici, si era proposto di ridurre del 40% le emissioni di CO2 e di incrementare del 27% l’impiego di energia da fonti rinnovabili. Ora è noto anche il terzo pilastro: un aumento del 30% dell’efficienza energetica.

Sono tre traguardi ambiziosi ma realistici, che dovrebbero garantire alla UE la leadership mondiale del risparmio energetico e la certezza degli approvvigionamenti.

Alle aziende europee sarà chiesto di “fare di più” con meno importazioni di gas (per ogni aumento di un punto percentuale di risparmio energetico, le importazioni di gas scenderanno del 2,6%).

Quando ho scritto questo editoriale, non era ancora dato sapere se i tre obiettivi di cui sopra fossero indicativi o vincolanti. In luglio, la Commissione aveva demandato la decisione alla riunione autunnale del Consiglio. Difficilmente si scenderà sotto il 30% di incremento di efficienza e altrettanto difficilmente si supererà tale valore, poiché i principali Paesi dell’Est Europa si sono finora dichiarati contrari.

Per contro, in una risoluzione dello scorso febbraio, il Parlamento europeo, aveva invitato la Commissione ad avere più coraggio e a porre un obiettivo vincolante del 40% in più di efficienza energetica. Secondo uno studio dell’Istituto Fraunhofer, questo valore è tecnicamente ed economicamente raggiungibile e auspicabile, perché sinergico al target di riduzione del 40% delle emissioni di C02 e perché svincolerebbe l’Europa dalle importazioni di gas dalla Russia.

Sul fronte italiano, il 19 luglio è entrato in vigore il Decreto di attuazione della Dir. N°27 /2012/UE sull’efficienza energetica e per il raggiungimento degli obiettivi di riduzione dei consumi 2020.

L’Italia è uno dei pochi Paesi europei ad avere recepito la Direttiva entro la data limite del 5 giugno 2014. Il Decreto introduce alcune novità in materia di riqualificazione energetica degli edifici pubblici e privati e sollecita le aziende ad effettuare una diagnosi energetica.

Nel biennio 2011 – 2012, l’Italia ha conseguito solo il 15% dell’obiettivo 2020, un progresso in parte cercato e in parte dovuto alla chiusura di molte realtà produttive e ai mancati consumi di famiglie e aziende sempre meno propense agli sprechi.

Entro il 5 dicembre 2015, le attività più grandi e tradizionalmente energivore, come cartiere, vetrerie e acciaierie, o comunque le aziende che abbiano utilizzato, per lo svolgimento dell’attività, almeno 2,4 GWh di energia elettrica o diversa dall’elettrica, dovranno effettuare la diagnosi energetica nei propri siti produttivi; tutte le altre sono invitate a seguirne volontariamente l’esempio.

Per farlo potranno attingere, tra il 2014 e il 2020, ai 105 milioni di euro stanziati dal governo a titolo di incentivo.

La realizzazione di reti aziendali di teleriscaldamento e di impianti di produzione di energia elettrica o termica con potenza superiore a 20 MW termici dovrà essere preceduta da un’analisi costi-benefici, contestuale a una ricerca nazionale per identificare le aree con maggiore potenziale di sviluppo in questo settore ed indirizzare al meglio gli investimenti.

È previsto il rafforzamento del meccanismo dei TEE (Titoli di efficienza energetica), i cosiddetti “certificati bianchi”, negoziabili per il raggiungimento del risparmio energetico ed è stato istituito il Fondo nazionale per l’efficienza energetica, con una dotazione di 70 milioni di euro l’anno, dal 2014 al 2020 a supporto di iniziative volte in questa direzione.

Il Fondo si concentrerà sulle opere di riqualificazione energetica negli edifici pubblici e sulla riduzione dei consumi in campo industriale e nei servizi.