Il futuro delle bevande è nel passato?

La parola nostalgia deriva dal greco νόστος (ritorno) e άλγος (dolore) ossia rimpianto per un episodio che si vorrebbe rivivere. Oggi il tempo scorre veloce, il nuovo è subito vecchio, il futuro è incerto, chiuso alla speranza, e il “già vissuto” diventa un rifugio rassicurante.

Nostalgia e speranza sono sentimenti sospesi, esaminano il tempo dall’esterno: la prima guarda al passato,  la seconda al possibile. Di queste emozioni si giova chi, scommettendo sul marketing della nostalgia, ripropone in chiave moderna bevande e riti di tempi, nel ricordo, più sereni. Il settore bevande è notoriamente ciclico, ogni generazione ha i propri eroi, il proprio gergo e ovviamente un “drink” che la caratterizza; in età adulta queste bevande diventano la regola o un comportamento da riprendere alla prima occasione.

Si spiegano così l’attuale vivo interesse per le bevande retrò e il ritorno di diversi marchi storici, rigorosamente nazionali se non locali, artigianali o meglio ancora micro. Negli anni, travolti dal nuovo, avevano perso smalto ed erano scomparsi. È un revival spesso constatato in periodi di crisi (la grande depressione del ’29, la stagnazione economica degli anni ’70); ne stanno beneficiando il bourbon in USA, la vodka fatta in casa nei Paesi dell’est Europa, il vermut, il chinotto, la cedrata, il ginger, la spuma in Italia.

Qualche anno fa, la richiesta di una cedrata o di un chinotto avrebbe sconcertato il barista; oggi ogni bar che voglia dirsi tale ha un assortimento di bibite retrò in confezioni d’antan.

Alcune di queste riscoperte diventano case history di marketing, come è accaduto  per l’inatteso ritorno al successo della birra FIX. Dal 1850 al 1970, in Grecia, FIX era sinonimo di birra, poi, sopraffatto dalle multinazionali, il marchio perse terreno, finché nel 1982 anche l’ultimo stabilimento chiuse i battenti, lasciando a greci e turisti il ricordo di tanti brindisi felici. Il tentativo di rilancio del 1995 non portò a nulla; la Grecia smaniosa di entrare nell’euro subiva il fascino dei consumi aspirazionali tipici delle economie forti e continuava a prediligere le birre d’importazione. Il marchio FIX fu rivenduto e la produzione riprese solo nel 2010, in concomitanza con una crisi senza precedenti, foriera, tra l’altro, di una travolgente nostalgia per il passato. Oggi FIX è di nuovo leader di mercato in patria ed esporta con discreto successo, distinguendosi in un contesto internazionale che ogni giorno propone novità.

Il suo ritorno in auge si deve anche al fatto che, nei momenti difficili, i consumatori cercano verità e concretezza e l’ affascinante storia di questo brand rispecchia tali aspettative; infatti, pur essendo stato inattivo per quasi quarant’anni FIX ha custodito il proprio valore e si è rigenerato facendo leva sul tali virtù dormienti. Awareness e immagine positiva hanno aperto la strada e le componenti “rassicurazione e storia” hanno fatto il resto.

È peraltro vero che anche il brand più storico e radicato deve essere attualizzato, perché negli anni gusto ed esigenze cambiano. Si pensi per esempio a chi, desideroso di naturalità, decide di trascorrere le vacanze in campagna; non sceglie certamente un casolare senza luce ed acqua, ma alloggia in un agriturismo dove poter vivere la natura senza rinunciare al comfort.

In sintesi, è relativamente facile ricostruire situazioni del passato, ma non è detto che il  consumatore riprovi le stesse sensazioni. È necessario trovare il giusto mix tra vecchio e nuovo.

Esistono brand storici che non hanno mai perso vitalità, anzi più sono invecchiati, più si sono abbelliti in termini estetici e di contenuto.

Vale per loro la stessa dinamica che porta una persona anziana ad essere molto più affascinante di una giovane: ha vissuto e ha una storia raccontare.