La produzione snella sposa la sostenibilità

Outdoor studyUna bevanda ha successo quando il consumatore ne percepisce il valore ed è disposto a pagarlo. Tale valore è frutto di un investimento di tempo e risorse. Il lean manufacturing orienta la produzione verso la massima efficacia ed efficienza ed è un riferimento per gli imbottigliatori interessati a migliorare la propria sostenibilità. 

Il lean manufacturing è un insieme di principi e di metodi che, applicati in modo organico, portano all’eccellenza i processi aziendali. Nonostante il suo altissimo potenziale è poco diffuso presso gli imbottigliatori, che potrebbero trarne benefici, soprattutto integrandolo con strategie di miglioramento della sostenibilità ambientale. L’approccio più semplice e diretto è la razionalizzare dei processi intervenendo sui “sette sprechi” (MUDA) che gravano su bilanci ed operatività. Gli strumenti per raggiungere l’obiettivo sono tanti e diversi, applicabili in serie o in parallelo, in base alle esigenze ed alle capacità dell’azienda. Tra i più noti vi sono i Six Sigma (programma di gestione della qualità mirato a ridurre le variazioni di processo), Kaizen (il miglioramento continuo del processo), le 5S ed altri.

I sette grandi sprechi

I processi sono analizzati in dettaglio e le attività che li compongono sono suddivise in utili (aggiungono valore) e inutili. Queste ultime sono a loro volta ripartite in attività eliminabili e attività da mantenere comunque pur non aggiungendo valore.

Il primo Muda è il mancato rispetto dei requisiti qualitativi. Una bevanda non conforme è invendibile, impone rilavorazioni che comportano un ulteriore sperpero di tempo e risorse.

Il secondo spreco è la sovrapproduzione, intesa come produrre per il magazzino, stoccare materie prime, semilavorati, materiali di confezionamento, materiali di consumo, ricambi per macchine in quantità superiori al necessario ed ancora avere linee o parti di esse che non lavorano a tempo pieno. Il sovrastoccaggio occupa spazio, deve essere gestito ed aumenta il rischio di continuare a produrre inconsapevolmente prodotti difettosi o di avere in magazzino ricambi inutilizzabili, con conseguenti lunghi fermo-linea.

Il terzo spreco è la ripetuta movimentazione dei bancali di materiali di confezionamento o di prodotto finito; ogni andirivieni aumenta il rischio di danni o perdite. In una prospettiva di lean manufacturing, gli spostamenti interni sono uno spreco, la consegna al cliente è invece un’attività ineliminabile, pur non aggiungendo valore al prodotto.

Il quarto spreco è l’attesa, intesa sia come tempi morti tra un’operazione e la successiva, sia come non immediata resa del capitale impiegato per produrre beni che non raggiungono subito il cliente. Su questo concetto si innesta il calcolo del takt time, il tempo massimo ammissibile per soddisfare la domanda. Per esempio, una linea di imbottigliamento di acqua che lavori su un solo turno, ha in teoria a disposizione 480 minuti utili. Considerando avviamenti ed imprevisti, in media il “tempo netto disponibile” scende a 420 minuti. Se le consegne prevedono 500 mila bottiglie al giorno la linea dovrà riempire, etichettare, confezionare e bancalare 1 bottiglia ogni 0,05 secondi.

Il quinto MUDA è costituito dal produrre con linee inadeguate perché obsolete o mal progettate.

Il sesto è il movimento inutile; si pensi a moduli della linea amovibili, spostati e rispostati in occasione dei cambi formato, all’usura delle parti meccaniche, ai percorsi superflui richiesti agli operatori di macchina per svolgere il proprio lavoro o per interventi di emergenza in caso di fermo linea. Considera anche i flussi di denaro riconducibili alla produzione.

L’ultimo MUDA è il sovradimensionamento delle risorse impiegate in produzione, per il confezionamento del prodotto (overpackaging o utilizzo di materiali “cassaforte” che garantiscono una shelf – life di gran lunga superiore a quella richiesta o alle reali condizioni distributive). Anche l’affidare compiti semplici e ripetitivi ad operatori particolarmente qualificati è uno spreco, se non di denaro quantomeno di competenze. Dipendenti che hanno competenze multiple (flessibili) sono utilizzabili in modo più efficace.

Kaizen

Kaizen è una tecnica di “miglioramento continuo” che integra tre principi base: processo e risultati; valutare le conseguenze di ogni cambiamento sull’intero quadro aziendale; non giudicare e non dare colpe (attività che non aggiungono valore). La sua applicazione, in netta contrapposizione con i concetti di innovazione, rivoluzione e conflitto, è il rinnovamento dei piccoli passi. Chi lavora in azienda è incoraggiato ad apportare quotidianamente piccoli cambiamenti che sfoceranno in un miglioramento per l’intera organizzazione. Il ciclo Kaizen comprende: ricerca della massima standardizzazione dei processi; loro misurazione rispetto alle risorse impiegate ed ai tempi di esecuzione; valutazione dei dati e loro progressivo miglioramento; innovazione dell’operatività solo quando non sono possibili ulteriori progressi; standardizzazione dell’innovazione apportata e ripresa del ciclo.

Le 5 S

Il processo produttivo è riorganizzato applicando le 5 S: seiri, seiton, seiso, seiketsu e shitsuke.

  • Seiri (scegliere e separare) consiste nel valutare quanto è presente nell’area di lavoro e nell’eliminare il superfluo, per ridurre ingombri, rischi e costi.
  • Seiton (sistemare e organizzare) per migliorare l’efficienza del reparto. Ordinato equivale a ben organizzato per rendere il lavoro più agevole.
  • Seiso (controllare l’ordine e la pulizia) è una prassi quotidiana, per mantenere le postazioni pulite ed ordinate sempre e non solo in concomitanza con visite di ispettori o clienti.
  • Seiketsu (standardizzare e migliorare l’operatività). Le procedure di produzione devono essere note e rispettate. Solo così è possibile individuare anomalie procedurali che causano non conformità.
  • Shitsuke (auto disciplina) dopo aver adottato le suddette 4 S è necessario continuare ad operare come stabilito e non ricadere nelle vecchie abitudini.

Lean Manufacturing e sostenibilità

Diverse aziende del settore beverage hanno ritenuto utile accostare il lean manfacturing alle strategie tese a raggiungere precisi obiettivi di riduzione del proprio impatto ambientale. Il mantra del lean manufacturing è per alcuni aspetti, concettuali e pratici, sovrapponibile agli obiettivi della sostenibilità, soprattutto in termini di miglioramento dei bilanci, grazie alla riduzione degli sprechi, e di compartecipazione dei dipendenti agli obiettivi aziendali. È un’ impostazione vantaggiosa per tutti: per gli investitori perché l’azienda acquista valore, per il management perché la sua credibilità aumenta; per i dipendenti perché sono orgogliosi di lavorare in un’ azienda socialmente responsabile; per chi vive nei pressi di un’azienda a basso impatto ambientale. La sostenibilità è importante per tutti e come il lean manufacturing è applicabile a qualsiasi tipo di realtà industriale; nessuna azienda è tanto piccola da non poterla affrontare o da non trarne benefici. Entrambe hanno obiettivi di lungo periodo e di miglioramento continuo, operano per cicli chiusi, presuppongono che le risorse non siano infinite, ma che possano essere riutilizzate all’infinito; insegnano alle persone a guardare con altri occhi e funzionano davvero solo se fortemente sponsorizzate dal management. Un’azienda che abbia applicato il lean manufacturing affronta la sostenibilità con maggior slancio e si prepara a diventare artefice dell’economia circolare che si contrappone al tradizionale modello di consumo lineare, dove il 60-80% delle risorse è sprecato al termine del percorso estrazione – produzione – rifiuto. In sintesi è un nuovo modo di fare impresa riducibile a due obiettivi: risolvere, almeno in parte il problema dell’approvvigionamento delle materie prime in quanto non infinite, di difficile accesso e con costi crescenti o in ogni caso variabili; limitare la produzione di rifiuti contribuendo a diminuire i costi economici ed ambientali dello smaltimento ed innescando un circolo virtuoso in un mondo di risorse finite.

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