Disinfezione dei contenitori

Sanificazione

ImmagineLa sanificazione di un contenitore è l’insieme dei trattamenti di natura chimica e fisica utili a rimuovere sporco visibile, contaminanti chimici o particellari facilmente cedibili alla bevanda, una parte significativa o la totalità dei microrganismi che possono avere delle ripercussioni negative sulla salute del consumatore o sulla conservabilità del prodotto. Per alcune tipologie di bevande è sufficiente la detersione (allontanamento dello sporco per ridurre o rallentare lo sviluppo microbico) del contenitore; per altre sono indispensabili la disinfezione o la sterilizzazione realizzate con agenti fisici (energia meccanica o termica) o chimici per uccidere una buona parte o tutti i microrganismi. I fattori che influenzano la scelta della tecnica di detergenza sono: il materiale che compone il contenitore da pulire (vetro, plastica, metallo), la sua forma, la scabrosità della sua superficie, il tipo e la quantità di sporco da rimuovere, la durezza dell’acqua utilizzata lavare e risciacquare, la composizione e la concentrazione del detergente, la temperatura, il tempo di contatto, le modalità di applicazione. La detersione è spesso seguita dalla disinfezione che distrugge i patogeni non sporigeni e riduce il numero dei non patogeninon sporigeni. Fattori da considerare C’è una proporzionalità diretta tra concentrazione del sanificante e riduzione del numero di cellule sensibili. Il tempo di applicazione è invece inversamente proporzionale alla concentrazione del principio attivo. Per quanto efficace, nessun disinfettante colpisce con pari intensità tutte le classi microbiche. Pertanto in funzione del tipo di microrganismi da inattivare si utilizzano sostanze prevalentemente virucide, battericide (diverse per Gram+ o Gram-), sporicide o fungicide. L’inattivazione delle cellule contaminanti si deve all’alterazione di alcune loro componenti vitali: i principi attivi ossidanti (cloro, perossido di idrogeno, ozono, acido peracetico) intervengono su DNA, proteine citoplasmatiche, sistemi enzimatici coinvolti nella produzione di energia, subunità ribosomiali responsabili della sintesi proteica. Forme vegetative e spore hanno sensibilità differenti.  Per esempio il perossido di idrogeno inattiva le forme vegetative quando è utilizzato a concentrazioni di 500-1000 ppm, per le spore è necessario superare i 30.000 ppm. La differenza di efficacia su batteri Gram+ e Gram- si deve alla diversa composizione delle loro pareti cellulari; le cellule batteriche più “anziane” resistono più di quelle “giovani” ai disinfettati che interferiscono con l’attività enzimatica intracellulare. A queste resistenze “naturali” si sommano talvolta resistenze indotte; accade quando la cellula batterica diventa capace di produrre gruppi chimici alternativi agli abituali bersagli del disinfettante, o quando produce enzimi antidisinfettante o ancora quando il microrganismo, per esempio l’E. coli si difende producendo un eccesso di lipidi a tutela della parete cellulare. La probabilità di sviluppo di queste forme di resistenza indotta spinge le aziende ad alternare i principi attivi che contraddistinguono i sanificanti, sostituendoli in media ogni sei mesi o ogni anno. L’efficacia dei disinfettanti è direttamente proporzionale alla temperatura di utilizzo purché non si superino i limiti che favoriscono la degradazione del principio attivo con conseguente liberazione di sostanze tossiche. Le formulazioni suggerite dai costruttori degli impianti hanno un pH tale da garantire la massima efficacia del prodotto.  Non bisogna dimenticare che il principio attivo è efficace solo se agisce direttamente sul microrganismo, residui organici di altra natura (sporco e simili) ne riducono gli effetti. Per esempio, il potere disinfettante del cloro è attenuato dalle componenti proteiche dello sporco: in particolare, tirosina e cistina sottraggono principio attivo al disinfettante.

I disinfettanti

Nel settore bevande si utilizzano spesso disinfettanti a base cloro inorganico o organico. Si tratta di molecole ad ampio spettro, capaci di inattivare diverse forme microbiche. In soluzione acquosa generano cloro elementare e acido ipocloroso che si dissocia in ione ipoclorito. Il cloro usato a basse concentrazioni aumenta la permeabilità della membrana citoplasmatica; una volta entrato nella cellula reagisce con le proteine formando cloroamine che accumulandosi danneggiano irreversibilmente il microrganismo.

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Se usato in ambiente leggermente acido (pH=5) e a concentrazioni più elevate, il cloro esprime a pieno le proprie capacità ossidative denaturando proteine ed enzimi; agisce anche sulle spore aumentando la permeabilità del loro involucro, rompendolo o impedendo lo sviluppo della nuova forma vegetativa. Il cloro non induce resistenza in virus e batteri perché i suoi eventuali residui si degradano nell’arco di poco tempo. Un altro agente disinfettante molto usato è il perossido di idrogeno: un composto sbiancante meno efficace ed efficiente al cloro. La sua azione ossidante si deve ai perossidrili liberi. La sua potenza è influenzata dal pH della soluzione disinfettante e dalla eventuale presenza di residui organici derivanti da una detersione o da un risciacquo insufficienti. Una delle tecniche utilizzate per migliorarne l’efficacia è lavorare a pH basico. I disinfettanti a base di acido peracetico sono formati da miscele di acido acetico, acqua ossigenata e acido peracetico, il composto più attivo tra quelli citati. È molto usato anche per la disinfezione C.I.P. (Cleaning in place) degli impianti. È un liquido incolore, corrosivo, con un caratteristico odore pungente; ha un’azione ossidativa irreversibile che altera i componenti cellulari. È battericida a concentrazioni dello 0,0001%, fungicida quando è usato allo 0,0003%, sporicida a concentrazioni dello 0,3% per dieci minuti. A concentrazioni dell’1% uccide, entro 10 minuti, batteri, funghi, spore, virus e toxoplasmi; è molto efficace verso contro i batteri più temuti dall’industria alimentare: stafilococchi coagulasi+, E. coli, Proteus vulgaris e Pseudomonas aeruginosa. È attivo anche contro i micobatteri. La molecola di ozono (O3) è formata da tre atomi di ossigeno ed è dotata di carica elettrica negativa; è molto instabile, ha un brevissimo tempo di dimezzamento ed agisce per ossidazione. Per esempio, la concentrazione di ozono si dimezza in acqua distillata in meno di 30 minuti; all’atto pratico il tempo di dimezzamento è decisamente inferiore in quanto influenzato anche da: temperatura, pH, concentrazione e natura dei altri soluti ossidabili presenti.