Visto il sempre maggiore utilizzo dell’acido ascorbico in enologia, è stato sviluppato un metodo analitico rapido per la determinazione di questo composto nel vino, basato sulla spettrofotometria. Una volta ottimizzato, il metodo risulterebbe efficace e facilmente trasferibile in azienda
L’aggiunta in fase di produzione del vino di sostanze protettive e antiossidanti è una prassi comune per assicurare la stabilità del prodotto aumentare il gradimento del consumatore. Tra i coadiuvanti tecnologici, occupa un posto importante l’acido ascorbico utilizzato in particolare per il trattamento dei vini bianchi. È stato infatti dimostrato che determina spesso il miglioramento delle caratteristiche sensoriali dei vini imbottigliati, garantendo una migliore conservazione della freschezza e del fruttato, soprattutto in bianchi secchi o spumanti [1]. L’acido ascorbico riesce a ridurre drasticamente l’ossigeno eventualmente disciolto nel vino: in presenza di ossigeno si ossida e si trasforma in acido deidroascorbico, dando origine ad acqua ossigenata.
Per proteggere il vino da questo potente ossidante è necessario aggiungere, contemporaneamente, una quantità suffi ciente di anidride solforosa che costituisce il substrato preferenziale dell’acqua ossigenata. Inoltre, per le sue caratteristiche di sostanza riducente, in particolare nei confronti dello ione ferrico, l’acido ascorbico può impedire la casse ferrica. Poiché l’impiego di questo coadiuvante tecnologico è per legge previsto sui vini a dosi massime di 250 mg/L, è importante disporre di un metodo di quantifi cazione semplice ed economico.
La messa a punto e l’ottimizzazione di un metodo rapido per la determinazione dell’acido ascorbico attraverso misure spettrofotometriche sono state appunto l’obiettivo di un lavoro condotto di recente presso il Dipartimento di Scienze degli Alimenti dell’Università di Teramo. Il gruppo di ricerca, composto da Gloria Dimitri, Andrea Piva, Giuseppe Arfelli e Ren Mengjia, ha esposto i risultati raggiunti durante la scorsa edizione di Enoforum (2013, Arezzo) [2].
Il design sperimentale
Per lo studio è stata utilizzata una soluzione modello basata su una soluzione idroalcolica contenente 5g/L di acido tartarico e (+) catechina, portata a pH 3,2. La soluzione modello è stata aggiunta di diversi volumi di soluzione di acido ascorbico, al fi ne di raggiungere una concentrazione di acido ascorbico pari a 100 e 200 mg/L. I campioni analizzati sono stati otto, con aggiunta di altri coadiuvanti tecnologici, come tannino di galla (100 o 200 mg/L) e/o anidride solforosa (50 o 100 mg/L) (tabella 1).
Le soluzioni sono state conservate a 40 e 50 °C, per sei campionamenti al giorno 0, 2, 4, 7, 10 e 14. Poiché per ogni concentrazione di acido ascorbico sono state preparate sei ripetizioni, complessivamente i campioni analizzati sono stati 48. Sono state inoltre preparate soluzioni standard a concentrazione nota di acido ascorbico in più ripetizioni, conservate alla stessa temperatura del piano sperimentale, che sono state analizzate per individuare la diminuzione dell’acido ascorbico nel tempo. I ricercatori dell’Università di Teramo hanno quindi condotto, sia sui campioni sperimentali sia sulle soluzioni standard di acido ascorbico, ripetute analisi in spettrofotometria con l’acquisizione dello spettro di assorbimento in un intervallo di lunghezza d’onda pari a 200÷350 nm.
L’altezza del picco dello spettro dell’acido ascorbico, che ha un massimo di assorbimento a 245 nm, è stata poi messa in relazione con la concentrazione, attraverso l’elaborazione della retta di calibrazione, costruita mediante determinazioni analitiche di soluzioni standard di acido ascorbico.
Al fine di ridurre l’interferenza nel segnale di assorbanza dovuta alla componente fenolica (catechine e tannini) presente nei campioni, questi sono stati sottoposti a un passaggio di purificazione tramite estrazione in fase solida (SPE). In effetti, nei campioni sottoposti a purificazione preventiva in colonne C18 SPE, i ricercatori hanno osservato una riduzione delle interferenze sul segnale dell’acido ascorbico. Per verificare che con il pretrattamento di purificazione avvenisse la completa eluizione dell’acido ascorbico, sono state effettuate prove di recupero da una soluzione di acido ascorbico standard a concentrazione nota. L’analisi di un’aliquota immediatamente dopo la preparazione (considerando un fattore di diluizione uguale a quello che si ottiene dopo il passaggio in C18) e di un’aliquota purificata con cartucce SPE C18 si è visto che tutto l’acido ascorbico è recuperato nell’eluito: gli spettri relativi alle due determinazioni, pre e post purificazione, sono infatti sovrapponibili.
Ulteriori prove di recupero sono state effettuate sui campioni sperimentali C6 e C8, contenenti entrambi acido ascorbico alla concentrazione di 200 mg/L. Dopo eluizione delle due soluzioni modello attraverso la cartuccia SPE, sono state condotte le misure spettrofotometriche sul campione purificato e sull’eluito raccolto, per verificare che la cartuccia non trattenesse parte dell’acido ascorbico contenuto nel campione sperimentale. La misura dell’eluito del recupero dimostra come la cartuccia non trattenga acido ascorbico, dato che il suo segnale è prossimo allo zero (figura 1).