I dispositivi di interblocco associati ai ripari

Negli ultimi giorni del 2013 è stata recepita dall’UNI e resa disponibile anche in Italia la nuova norma tecnica relativa alla progettazione e alla scelta dei dispositivi di interblocco associati ai ripari: UNI EN ISO 14119: 2013. Questa norma sostituisce la precedente UNI EN 1088 che era ormai in vigore da parecchi anni

Bottiglie

Introduzione

La norma UNI EN ISO 14119: 2013 rappresenta una norma di tipo B2 ai sensi della classificazione prevista dalla norma UNI EN ISO 12100:2010 ed è armonizzata alla Direttiva Macchine. Vediamo nel dettaglio questo cosa significa. Il fabbricante di una macchina che rientri nel campo di applicazione della Direttiva Macchine 2006/42/ CE, prima di immettere sul mercato la macchina o metterla in servizio, deve garantire che si sia effettuato l’intero iter di certificazione previsto dalla direttiva e, in particolare, deve garantire che sia effettuata una valutazione dei rischi in grado di dimostrare come la macchina soddisfi tutti i pertinenti requisiti di sicurezza della direttiva.

Al fine di soddisfare questi requisiti, il fabbricante può adottare le soluzioni tecnico progettuali più idonee alla propria macchina. In particolare, le soluzioni fornite dalla norme tecniche armonizzate alla Direttiva Macchine garantiscono la presunzione di conformità ai requisiti della direttiva, pertanto nell’adottare tali soluzioni si è assolutamente certi di aver adottato la soluzione migliore, dal punto di vista della sicurezza, in quanto rappresentativa dell’attuale stato dell’arte. Nello specifico, la norma UNI EN ISO 14119: 2013 è armonizzata alla Direttiva Macchine e permette di soddisfare il requisito specifico dei ripari mobili interbloccati, vale a dire il requisito 1.4.2.2 dell’allegato I.

Questo significa che, adottando le soluzioni tecniche fornite dalla norma, si è in grado di soddisfare il citato requisito di sicurezza. La norma, peraltro, è una norma di tipo B2, in quanto è specifica su una misura di protezione (i dispositivi di interblocco da associare ai ripari mobili) ed è dunque applicabile solo dove la macchina presenti la necessità di ripari mobili interbloccati. Le indicazioni tecniche della norma possono essere eventualmente modificate dalle più specifiche indicazioni di una norma di tipo C (norma tecnica che copre gli aspetti di sicurezza di una macchina specifica). Detto questo è importante considerare come la norma fornisca informazioni dal punto di vista non solo della progettazione dei dispositivi di interblocco, ma anche della corretta scelta di un dispositivo di interblocco acquistato presso il proprio fornitore al fine di ridurre il più possibile i rischi correlati alla gestione di un riparo mobile interbloccato da parte dell’operatore finale.

normativa

Contenuti e novità della norma

La scelta di installare su una macchina un riparo mobile interbloccato, anziché un riparo fisso piuttosto che un dispositivo di protezione (una barriera di fotocellule, per esempio) deriva dalla valutazione dei rischi. Nello specifico, la scelta si ottiene adottando la procedura proposta dalla norma UNI EN ISO 12100: 2010 nel processo di riduzione dei rischi associati alla macchina. Una volta appurata la necessità di predisporre un riparo mobile interbloccato (l’ipotesi di un riparo mobile non interbloccato non è ovviamente contemplata dalla normativa) la norma UNI EN ISO 14119: 2013 ci fornisce indicazioni su quale tipo di interblocco adottare. Il primo quesito che il fabbricante deve porsi è il seguente: il dispositivo di interblocco deve avere un bloccaggio del riparo oppure no? Quali sono le motivazioni che portano il fabbricante a dover necessariamente prevedere un bloccaggio del riparo associato al dispositivo di interblocco?

La norma lascia chiaramente intendere che tutto dipende dal tempo di arresto dell’elemento pericoloso protetto dal riparo: qualora questo tempo sia superiore al tempo necessario a raggiungere l’elemento pericoloso una volta che si è aperto il riparo (le formule di calcolo sono oggetto della norma UNI EN ISO 13855: 2010) allora è evidente la necessità di predisporre un bloccaggio sul riparo, ovvero un dispositivo che mantenga il riparo sempre bloccato in posizione chiusa e che ne consenta l’apertura solo dietro richiesta dell’operatore o solo quando l’elemento mobile viene valutato fermo. La norma analizza nel dettaglio tutti i criteri di progettazione e scelta sia dei dispositivi di interblocco classici sia di quelli che dispongono di bloccaggio del riparo. In questo aspetto, sebbene ci siano sicuramente novità, non si discosta molto dalla precedente normativa UNI EN 1088.

Vediamo nel dettaglio le novità della norma:

  • suddivisione dei dispositivi di interblocco in quattro tipi (meccanici non codificati, meccanici codificati, senza contatto non codificati e senza contatto codificati);
  • specifici requisiti per i dispositivi elettromagnetici (dunque non a contatto) di bloccaggio del riparo;
  • considerazioni riguardanti l’utilizzo dei dispositivi di interblocco in circuiti di comando correlati con la sicurezza realizzati in accordo alla norma UNI EN ISO 13849-1:2008 (tra cui le misure per prevenire i guasti da causa comune);
  • requisiti per i dispositivi di interblocco realizzati mediante il sistema della chiave prigioniera;
  • modalità di progettazione per evitare l’elusione dei dispositivi di interblocco da parte dell’operatore finale. La scelta di un dispositivo di interblocco non è solo legata a semplici ragioni economiche: un interblocco codificato costa evidentemente di più di uno non codificato.

La scelta deve essere il risultato della valutazione dei rischi compiuta sulla macchina e che ha portato a ritenere necessario un riparo mobile interbloccato. La norma evidenzia pregi e difetti sia degli interblocchi di tipo meccanico che di quelli non a contatto, siano essi codificati o meno. Per esempio, un riparo interbloccato che sia sottoposto a un elevato numero di interventi legati al processo lavorativo (si pensi ad una zona di carico pezzi in un ciclo di lavoro abbastanza breve) richiede preferibilmente un interblocco non a contatto in quanto presenta una vita media decisamente più alta di un dispositivo meccanico che patisce usura e rotture meccaniche che gli sono proprie.