Da sempre al centro di polemiche per la sostenibilità della propria filiera, la federazione Mineracqua affronta il futuro con serenità e nuovi progetti, sicura di un approccio più competente nei confronti dell’impatto ambientale. Ecco la testimonianza del suo presidente, Ettore Fortuna.
Sarà anche sana, ma non sempre dai rubinetti esce acqua buona. E questo rappresenta da sempre la fortuna delle acque minerali, un bene di cui l’Italia è ricchissima e che ha ininterrottamente solleticato gli appetiti di molte aziende, anche fuori dai nostri confini. L’acqua è infatti un bene comune ma è anche una merce, e attorno a questo elemento così essenziale per la vita si sono spesso generate controversie anche feroci, legate più che altro agli aspetti simbolici e culturali che essa incorpora.
Di sicuro l’associazione di riferimento per i produttori di acque minerali in Italia, Mineracqua, non si tira indietro in nessuna di queste contese, specie quelle che riguardano la salvaguardia del territorio e lo spreco di una risorsa così scarsa quanto vitale. Ne parliamo con il suo presidente, Ettore Fortuna.
Su quali fronti siete stati impegnati negli ultimi due anni?
Il nostro impegno nel 2012 si è svolto su due fronti. Innanzitutto quello della tutela del settore rispetto a provvedimenti di legge che imponevano un’indiscriminata tassazione: dal famoso tentativo di mettere una tassa di un centesimo e mezzo su tutte le bottiglie di plastica per finanziare il fondo dell’auto elettrica, fino alla famosa tassazione sulle bibite caduta spontaneamente grazie a un movimento spontaneo di opinion leader.
Non va poi dimenticato, sempre in tema di leggi un po’ azzardate, un altro codicillo contenuto nel Decreto Legge (Dl Salute 158/2012, ndr) che obbligava ad aumentare la percentuale di succo dal 12 al 20% nelle bevande a base di frutta, estendendolo anche ad alcune bevande senza succo, cosa che Bruxelles ha poi bocciato. Sul fronte invece più strategico, il 2012 è stato l’anno del lancio della Fondazione Acqua basata su un comitato scientifico di elevato livello.
La Fondazione è stata costituita nel marzo 2011 con lo scopo di diffondere una corretta informazione sull’acqua che beviamo in ogni forma, da quella minerale, a quella potabile, sensibilizzando soprattutto i medici di base, i quali hanno un contatto diretto con i cittadini.
E poi c’è un fronte sempre aperto, quello delle discussioni sull’impatto ambientale di tutta la filiera dell’acqua…
Il discorso è assai complesso. E anche piuttosto articolato. C’è, per esempio, da tempo una discussione rispetto alle acque a “chilometro zero”. Ebbene, se devo dirla tutta, io sono favorevole al “km 7mila”. Oltre a non permettere la libera circolazione delle merci, cosa ovviamente osteggiata da Bruxelles, i prodotti a km zero non consentono la piena concorrenza tra operatori, chiudendo i territori in enclaves protette. Cosa che, tra le altre cose, fa aumentare il prezzo.
Occorre invece favorire il trasporto, specie su rotaia, per allargare il più possibile il raggio d’azione dei prodotti, naturalmente tutelando l’ambiente e non gravando sulle emissioni e sui consumi energetici. Per restare sul tema del trasporto ferroviario, noi rappresentiamo il primo settore per il traffico su rotaia. Ben il 15% della nostra produzione viaggia su treni, contro una media nazionale del 6-7%. Questo mezzo di trasporto si può e si deve incentivare ancora.
Noi eravamo disponibili ad aprire un tavolo di lavoro con le Ferrovie dello Stato per aumentare la nostra quota di utilizzo, ma le risorse sono state tutte dirottate sull’Alta Velocità e non sul trasporto merci. C’è poi la questione dei picchi di domanda per i quali, in prossimità della stagione calda, proprio quando c’è il maggior consumo di acque minerali, le Ferrovie spostano personale e risorse sul trasporto passeggeri, andando a incidere in maniera sottrattiva al settore merci. Insomma, ci sono ancora grossi problemi da risolvere.
Intanto avete creato molti tavoli di lavoro con altre associazioni per battaglie comuni…
Sì, per esempio con Assobibe abbiamo fatto fronte ad attacchi importanti, anche se oggi ci troviamo entrambi in una situazione di squilibrio all’interno di Confindustria. Esistono infatti due associazioni che rappresentano in parte gli stessi interessi, Assobibe e Mineracqua. I produttori di bevande che noi associamo, per la maggior parte, non sono rappresentati in Assobibe e viceversa. Si è creata dunque un’anomalia che noi conosciamo bene da anni e che in più occasioni abbiamo cercato di colmare, con risultati di volta in volta differenti ma alla fine sempre negativi.
C’è oggi un nuovo impulso alla verifica di sinergie volte a integrare le due realtà. Questo riscontro è già cominciato e, se potrà portare a un percorso di intenti che generi step successivi, noi siamo certamente aperti al confronto.
Assobibe e Mineracqua insieme? Di che cosa si tratta esattamente?
Beh, occorre considerare la situazione del contesto, che è mutato ultimamente. Le aziende non vogliono pagare più tutte queste associazioni. E hanno anche ragione, perché il sistema confindustriale è un apparato caro e alle volte un po’ disorganico. Da qui nasce questa rinnovata esigenza. Noi siamo però aperti al confronto anche con altre associazioni, come quella delle terme, da cui proveniamo. Infatti nel 1990 siamo nati scorporandoci da esse.
Con altre associazioni collaboriamo con successo essendo legati non tanto per le problematiche inerenti al prodotto ma da una questione centrale, quella che chiamiamo sinteticamente “lo scaffale”: collaboriamo per esempio con l’Aidepi (Associazione delle industrie del dolce e della pasta italiani), che ha le nostre medesime richieste rispetto alla grande distribuzione. Certamente in un contesto non facile, un po’ farraginoso come quello della Federalimentare, c’è una certa difficoltà ad amalgamare settori diversi.
Per esempio la classica suddivisione merceologica in “liquidi” e “solidi” lascia il tempo che trova e noi verremmo assimilati alle bevande alcoliche, cosa piuttosto discutibile. Questo anche per l’attenzione che noi abbiamo nei confronti delle problematiche salutistiche, ben identificabili all’interno del prodotto “acqua”. Ma anche per quanto riguarda il prodotto “bibite” abbiamo un approccio molto chiaro e trasparente partecipando a parecchie iniziative, come i tavoli interministeriali sul tema dell’obesità. Per quel motivo poi reagimmo al ministro Balduzzi quando ci impose la famosa tassa.