Intervista al tecnico

Qualità dell’olio extravergine d’oliva, il mio lavoro da oltre trent’anni

Olio
Per Monini, è importante proporre al consumatore oli diversificati per origine, gusto e caratteristiche chiaramente percepibili da parte del consumatore in Italia e dovunque
nel mondo

Grande fermento in quegli anni in tema di miglioramento della qualità dell’olio…

Nacquero associazioni come l’O.N.A.O.O., una delle prime associazioni nazionali di assaggiatori di olio di oliva con sede a Imperia, che già allora cominciavano a diffondere la cultura della valutazione organolettica degli oli. Si organizzarono i primi “concorsi di bellezza” per gli oli extravergine, l’“Ercole Olivario” nel 1992 e il premio “BIOL” nel 1995. Io ero tra i giurati di quei concorsi e ricordo lo stupore generale durante la premiazione della seconda edizione del premio “BIOL” per la presenza tra i vincitori di un olio di un’azienda argentina.

Insomma lo strumento del panel test da un lato ci permetteva di valutare con maggiore consapevolezza la qualità prodotta in frantoio, e dall’altro apriva nuovi orizzonti alla scoperta delle caratteristiche distintive della ricca gamma di oli regionali nazionali, e, al contempo, ci ammoniva che anche in mondi lontani, facendo le cose per bene, si potevano produrre oli di qualità.

Oggi il consumatore percepisce la qualità?

Il consumatore odierno è cambiato, è più attento negli acquisti, legge con attenzione le etichette, ha ormai raggiunto una piena consapevolezza dell’importanza della presenza dell’olio extravergine nella dieta quotidiana; è alla ricerca di prodotti di qualità elevata, vuole conoscere meglio le tipicità legate al territorio, e i prodotti con un maggiore valore nutrizionale, permangono tuttavia molti luoghi comuni che finiscono per disorientarlo nella scelta. Di positivo c’è da dire che negli ultimi decenni il consumatore ha compreso che l’olio di oliva deve avere un sapore ben definito e non a caso ha spostato le sue preferenze dal comune “olio di oliva” all’extravergine, ovvero da un olio dal gusto leggero e quasi impercettibile, a oli ricchi di componenti aromatiche. Infatti, se negli anni Ottanta oltre il 60% degli acquisti di olio delle famiglie, in particolare nel nord Italia, erano costituiti da “olio di oliva”, oggi l’olio extravergine ne costituisce l’80%, relegando agli oli di oliva e all’olio di sansa di oliva soltanto il 20%.

Vi è oggi da parte del consumatore una maggiore e diffusa consapevolezza che l’olio di oliva, a differenza del vino, non ama invecchiare e va protetto con una conservazione adeguata e al riparo dalla luce. Resta, almeno per una parte dei consumatori, una naturale avversione per gli oli aventi un sapore decisamente amaro e piccante. Queste sensazioni sono direttamente collegabili al contenuto elevato di polifenoli, ovvero agli antiossidanti naturali di cui l’oliva è ricca, e rappresentano gran parte del valore nutrizionale e delle proprietà benefiche legate al consumo di olio extravergine. Conosco moltissimi consumatori che amano una cucina ricca di sapori e ricca di spezie quali il peperoncino, il pepe, che tuttavia ritengono che l’olio di qualità non debba essere piccante, associando erroneamente la piccantezza all’elevata acidità. Permangono in molti consumatori luoghi comuni sull’extravergine che a mio avviso avrebbero potuto essere sfatati con il contributo congiunto innanzitutto dei produttori, ma anche dei media, e non ultimo del legislatore.

Espressioni quali “prima spremitura”, “pressato a freddo”, “estratto a freddo” hanno nell’immaginario del consumatore una valenza positiva non giustificata. In generale tutti gli oli sono ottenuti attraverso un unico processo di estrazione, anche laddove durante il processo di estrazione la pasta di olive viene riscaldata, le temperature restano contenute al di sotto di 25- 30°C. E senza contare che l’uso dei termini pressione, spremitura, sono riferibili a un’estrazione mediante un frantoio tradizionale a fiscoli, dunque non certo il meglio possibile per ottenere un olio di qualità. Qui il legislatore ha preferito legiferare e codificare l’utilizzo di tali espressioni in etichetta imponendo una serie di obblighi legati all’utilizzo di tali termini in etichetta, piuttosto che vietarne l’utilizzo.

Un olio ottenuto da olive di cattiva qualità, perché raccolte da terra o conservate male e a lungo, può essere dichiarato “estratto a freddo”, ma resta un olio mediocre. La stessa indicazione dell’origine in etichetta, pur legittima da parte del consumatore, se non è collegata a parametri qualitativi più restrittivi, rischia di danneggiare la stessa immagine del prodotto italiano di qualità. Occorre, insomma, un ulteriore sforzo di divulgazione: il lavoro iniziato con gli anni ’80 deve essere portato avanti con grande determinazione estendendo la formazione anche al comparto della ristorazione, agli chef, ai ristoratori.

C’é ancora scarsa conoscenza e rispetto per questo straordinario alimento, basti pensare a quanto è tuttora diffusa nella ristorazione la presenza sui tavoli dell’olio in oliere anonime, prive di adeguate chiusure, il cui contenuto è rabboccato periodicamente ed è privo di qualsiasi protezione dalla luce e dall’ossigeno. In altri casi l’olio viene maldestramente travasato in una bottiglia del produttore la cui etichetta racconta magari di una cultivar particolare, delle sue fragranze, delle caratteristiche pedoclimatiche del territorio, che tuttavia nulla hanno in comune con l’olio in esse contenuto. Manca ancora quella cultura che caratterizza, invece, la scelta della carta dei vini.

Dal 1982 al 1998 i corsi di degustazione e l’occupazione al C.I.O.S.. Poi?

L’esperienza al C.I.O.S. è stata per me molto importante e formativa. Un consorzio che commercializzava ben sei oli extravergini regionali, anticipando di oltre dieci anni la valorizzazione delle DOP da parte dell’Unione Europea, attuata solo nel 1992 con il reg. 2081; il C.I.O.S. era in quegli anni il fiore all’occhiello del movimento cooperativo e tuttavia ingerenze politiche e una gestione non proprio manageriale lo portarono nel 1998 a chiudere i battenti. Penso ancora con amarezza a quei giorni.

Dovetti lasciare Bitonto, dove lavoravo per cercare fortuna più a nord. Fui invitato da Zefferino Monini a tenere nell’azienda omonima dei corsi di degustazione rivolti ai suoi collaboratori, quelli che direttamente operavano nella movimentazione degli oli, affinché acquisissero una maggiore consapevolezza della qualità del prodotto – mescolare un grand crù per errore con un olio comune può produrre grandi danni! – Dopo due corsi di assaggio, Zefferino Monini mi chiese di affiancarlo nella selezione degli oli proponendomi la direzione del controllo di qualità.

Un incarico di grande responsabilità…

Il controllo di qualità e l’attività di selezione delle materie prime sono fondamentali in una grande azienda come Monini, che commercializza 30 milioni di litri d’olio in un anno. La selezione degli oli si fa ancora oggi a livello artigianale, con un impegno certosino, assaggiando partita per partita per selezionare quanto di meglio offre ogni singolo produttore. Capita in piena campagna olearia di assaggiare decine di campioni ogni giorno: oli molto amari e piccanti, oli equilibrati per intensità di odore e gusto, oli con una persistenza al palato molto importante.

E ancora, oli dal profumo intenso e accattivante che si attenua rapidamente nel corso della degustazione e oli apparentemente equilibrati che esplodono in fragranze decise e persistenti nel tempo. Gli oli selezionati, dopo essere stati analizzati e classificati, vengono stoccati separatamente. Monini ha un parco serbatoi molto ampio, circa 170 tutti in acciaio inox, dai più piccoli di 7t a quelli più capienti di oltre 200t, forniti dalle industrie FRACCHIOLLA di Bari e LAINOX di Spoleto. L’olio viene conservato a temperatura tra i 14 e i 20°C, e possibilmente sotto azoto per contenere il fenomeno ossidativo.

Una gamma di oli molto eterogenea…

Per Monini, è importante proporre al consumatore oli diversificati per origine, gusto e caratteristiche chiaramente percepibili da parte del consumatore in Italia e dovunque nel mondo. Monini propone, per esempio, “Bios”, l’olio extravergine d’agricoltura biologica e la DOP “Dauno Gargano” ottenuti entrambi da olive della varietà Ogliarola del Gargano, una varietà che produce un olio delicato, con un profumo molto intenso di erba tagliata, unitamente a un sapore delicato che ricorda la mandorla fresca. Tra gli altri oli a DOP o IGP propone il DOP “Val di Mazara”, siciliano, un olio dalle caratteristiche particolarissime e molto apprezzato dal consumatore, con il suo profumo intenso e caratteristico che ricorda il pomodoro verde. Con connotazioni organolettiche molto differenti abbiamo il “Toscano” IGP e il DOP “Umbria”, oli con più corpo che trasmettono sensazioni forti e di grande eleganza.