Una laurea in Viticoltura ed Enologia conseguita nel 2017 presso l’Università degli Studi di Verona e a seguire una laurea magistrale in Tecnologia Agroalimentare presso l’Università di Perugia, con un curriculum speciale in tecnica brassicola. Forte di questo percorso formativo, Emmanuel Sanarica conduce un’azienda olivicola nel tarantino, dove ha dato vita a una startup per la produzione di un olio extravergine di oliva fortemente territoriale, a cui ha dato il nome di Ulivè.
Una masseria storica che torna a vivere
«Nel 2014 – racconta Emmanuel – quando mi ero appena trasferito al Nord si presentò per la mia famiglia l’occasione di rilevare la storica “Masseria Visciolo”, nel comune di Montemesola (TA). Una struttura fondiaria risalente al XV secolo, storicamente molto importante perché rappresentava il primo insediamento produttivo nella zona, dove peraltro aveva lavorato anche mio nonno paterno. Da vent’anni ormai gli uliveti della masseria giacevano in stato di abbandono».
Agli iniziali 22 ettari acquisiti, Emmanuel ne aggiunge altri, fino a raggiungere un’estensione coltivata a olivo di circa 85 ettari. Ricostruisce così quasi interamente la struttura originaria della masseria, frazionata durante il Novecento, quando i grandi possedimenti dei latifondisti venivano suddivisi tra gli agricoltori nell’intento di distribuire la ricchezza.
«Ma a partire dagli anni Sessanta – Settanta del secolo scorso, in concomitanza con lo sviluppo industriale, questi terreni furono abbandonati. Per noi dunque acquisire questi terreni ha significato dar vita a un progetto di riscatto territoriale», racconta Emmanuel.
La potenza del terroir
Gli uliveti coltivati dalla famiglia Sanarica si snodano lungo una valle, collocandosi ad altitudini fino a 210 metri s.l.m. L’esposizione Est – Ovest offre un’escursione termica decisa tra giorno e notte durante la maturazione e questo favorisce la sintesi di aromi nelle drupe. Le temperature medie si attestano su valori generalmente inferiori di 4 °C rispetto a quelle delle aree circostanti e le fioriture sono ritardate di 7-10 giorni rispetto alla media territoriale. Durante le fioriture la valle è particolarmente ventilata e questo favorisce fecondazioni incrociate e allegagioni.
«A questa situazione microclimatica particolare – spiega Emmanuel – si associa il fatto che nelle parcelle che abbiamo acquisito da vari proprietari non abbiamo trovato coltivazioni monovarietali, ma mix di varietà diverse, perché in sostanza ognuno di questi privati aveva creato già in campo la miscela di cultivar ideale per ottenere un olio che fosse di suo gusto».
Coltivare secondo canoni innovativi
«In questi areali l’olivo non è mai stato considerato una coltura da reddito elevato. Lo si impiantava dove non si riusciva a coltivare la vite o a fare seminativo, prestandogli le minori cure possibili».
Ma Emmanuel, anche sulla scorta di quanto sta apprendendo nel suo percorso di studi, già nel 2014 decide di adottare tecniche colturali innovative: impianto di subirrigazione, per evitare stress idrici eccessivi in fasi fenologiche in cui essi potrebbero diminuire la qualità, come durante l’allegagione, e per non deprimere eccessivamente la quantità; non una sola lavorazione del suolo all’anno, come si era usi fare, ma lavorazioni ripetute per arieggiare il terreno e al contempo ottimizzare l’uso della riserva idrica del suolo; concimazioni mirate per favorire la maturazione tecnologica e polifenolica delle olive.
«In zona siamo stati i primi a introdurre la potatura policonica, in luogo di quella tradizionale a vaso dicotomico, migliorando le rese e riducendo i costi di realizzazione dell’operazione, oltre a incrementare la sicurezza degli operatori, che possono lavorare da terra con un’asta telescopica anziché dover montare su una scala», spiega Emmanuel. La potatura policonica riduce inoltre l’ingresso di patogeni nella pianta, effettuando tagli di dimensioni molto più limitate rispetto a quella a vaso dicotomico. Tutte queste attenzioni agronomiche sono riservate all’intera produzione, nonostante solo una parte delle olive prodotte, quelle raccolte dalle migliori piante, che rispecchiano gli elevati standard qualitativi ricercati, venga destinata alla produzione di Ulivè, per un totale annuo di 800 – 1000 bottiglie. La rimanente parte viene venduta ad altri produttori, fatta eccezione per una piccolissima porzione di olive da mensa.
La salvaguardia degli ulivi secolari
«Prestiamo particolare attenzione agli ulivi secolari che abbiamo in azienda, in virtù del loro valore paesaggistico e culturale. Abbiamo circa cento piante che risalgono agli anni della fondazione della masseria, molto imponenti e con tronchi di quasi tre metri di diametro. Anche se produrre con queste piante è estremamente costoso, ne utilizziamo in parte le olive nel blend di Ulivè, in quanto sono in grado di contribuire in modo determinante all’assetto aromatico del prodotto finito, mentre in passato le tecnologie a disposizione non permettevano di esaltarne la qualità. Alcune di queste piante sono delle varietà Ogliarola Salentina, piuttosto neutra ma in grado di conferire grande corpo all’olio, e Cellina di Nardò, che quando viene raccolta al punto corretto di maturazione dona all’olio gradevolissime note di frutti rossi».
Solo dalle piante migliori
Ogliarola Salentina e Cellina di Nardò sono due delle dieci varietà presenti negli appezzamenti aziendali e tutte e dieci entrano nel blend che dà origine a Ulivè. Ma solo le olive prodotte dalle piante migliori, scelte in base a monitoraggi frequenti e ripetuti nel corso della stagione. Le olive di ciascuna varietà vengono raccolte, talora anche in più tempi per sfruttare livelli diversi di maturità, e trasformate separatamente. Gli oli che se ne ottengono vengono assemblati di anno in anno in proporzioni tali da mantenere costanti la qualità e la tipicità del prodotto, con una logica e una filosofia produttiva che ricordano molto da vicino la spumantistica.
«Chi si affeziona al nostro olio sa che di anno in anno troverà in bottiglia sempre le stesse sensazioni. Per questo possiamo dire, mutuando un’espressione dei cugini d’Oltralpe, che il nostro è un olio Grand Cru».
Trasformazione sotto controllo
«Al momento non abbiamo un impianto produttivo, in quanto siamo partiti come startup. Ci appoggiamo a impianti di terzi, dove però le nostre olive sono trasformate sotto nostra stretta sorveglianza. Lavoriamo su programmazione, perché vogliamo che venga sempre salvaguardata la rapidità della trasformazione. Nelle olive appena staccate dalla pianta iniziano subito processi ossidativi, per cui dal momento in cui raccogliamo al momento in cui inizia la trasformazione passano 5, massimo 6 ore. Raccogliamo meccanicamente per mezzo di uno scuotitore e appena abbiamo un batch significativo lo portiamo in frantoio, dove le olive vengono subito lavate, frante e gramolate. Appena l’olio affiora, viene separato, centrifugato, filtrato e stoccato sotto battente di azoto. In totale, dalla raccolta alo stoccaggio dell’olio passano al massimo 9 ore. Al frantoio chiediamo di rispettare tempi rapidi di lavorazione e temperature sufficientemente basse, nonché di garantirci una perfetta pulizia degli impianti».
Un packaging evocativo
Bottiglia color magenta con capsula nera ed etichetta giocata sul nero e l’azzurro: un packaging che difficilmente passa inosservato, nato non solo per essere ricordato, ma anche per evocare l’ambiente in cui Ulivè viene prodotto.
«La masseria – spiega Marzia Gravina, che all’interno del progetto Ulivè si occupa del marketing – si chiama “Masseria Visciolo” perché un tempo era circondata da un canale di drenaggio lungo il quale crescevano le piante di visciole, frutti il cui colore è quello che abbiamo voluto ricordare con la tinta scelta per la bottiglia. Non solo, nel 2020, quando eravamo in fase di raccolta e stavamo progettando la prima uscita di Ulivè sul mercato, abbiamo fatto una camminata tra gli uliveti in cerca di ispirazione. E abbiamo notato che nel momento in cui le nostre olive avevano raggiunto un livello medio di maturazione presentavano una colorazione tendente al violetto, diversamente da quelle di altri areali, che erano nerastre. Nel 2023 siamo anche diventati “trendy”, visto che il magenta è stato eletto colore dell’anno». L’azzurro dell’etichetta parimenti non è casuale: dal punto più alto della masseria, a 210 m di altitudine, si vede il Mar Piccolo di Taranto.
I mercati di destinazione
Venduto principalmente tramite ecommerce proprietario e solo di recente anche su Amazon, Ulivè è molto apprezzato all’estero dove, sottolinea Emmanuel, il consumatore apprezza l’extravergine di qualità molto più di quanto si faccia in Italia e dove la ristorazione italiana ama inserire in menu oli di qualità superiore e fortemente legati a un territorio specifico di produzione. «Spediamo il nostro olio in molti Paesi del mondo – spiega Emmanuel – compresa la Spagna, primo produttore di olio al mondo, cosa che ci inorgoglisce».