Food Defence

L’adozione di un sistema per la Food Defence consente un migliore accesso ai mercati internazionali; le aziende che esportano i loro prodotti negli USA sono sottoposte a obblighi specifici in termini di sicurezza dei siti produttivi.

Hand schreibt "Take no risk!" auf Tafel mit Kreide
Hand schreibt “Take no risk!” auf Tafel mit Kreide

È ben noto che, accanto alle prescrizioni di legge (HACCP), la tutela degli alimenti viene sempre più spesso affidata a procedure di risk assesment, risk management, e nel caso dell’acqua destinata al consumo umano, a procedure di Water Safety Plans. Queste procedure hanno lo scopo di identificare i pericoli non intenzionali, fisici, chimici e biologici, che sono significativi per la sicurezza alimentare.

Oltreoceano, negli USA, nel 2002 è stato adottato dal Congresso, sulla spinta degli eventi terroristici dell’11 settembre 2001, un “Public Health Security and Bioterrorism Preparedness and Response Act “, che, con firma apposta dal presidente Bush il 12 giugno 2002, è divenuto legge. Ma già da tempo gli studiosi e l’Amministrazione si occupavano del problema della difesa da attacchi terroristici di natura biologica.  Successivamente nel gennaio del 2011 viene emanato il Food Safety Modernization Act, che attribuisce alla FDA (Food and Drug Administration) il compito e l’autorità per provvedere alle necessarie protezioni degli alimenti contro le adulterazioni intenzionali.

Queste possono avere varie origini. Può trattarsi di sabotaggi industriali, non necessariamente con l’intento di incidere negativamente sulla salute dei consumatori. Spesso lo scopo è di nuocere all’industria, da parte di dipendenti insoddisfatti o di concorrenti; ma le conseguenze si estendono, ovviamente, ai consumatori.

Può trattarsi anche di adulterazioni con intento economico: per esempio, attraverso aggiunte di agenti inattivi in un alimento si vuol far credere che il suo valore economico sia maggiore del reale. Un esempio recente è la massiccia adulterazione con melammina di cibi per animali domestici provenienti dalla Cina, che simulava un maggior contenuto proteico.

Ma può anche trattarsi di azioni terroristiche, sia interne, sia esterne al Paese.

Da qui, la necessità di adottare le necessarie strategie di difesa: strategie che con tutta probabilità dovranno essere adottate anche dai fabbricanti che operano nei Paesi che esportano cibi e bevande negli Stati Uniti. Del resto, per le aziende che esportano i loro prodotti negli Stati Uniti, già esistono obblighi specifici in termini di sicurezza dei siti produttivi, che derivano dall’applicazione delle citate regole USA contro il bioterrorismo (Bioterrorism Act). La Commissione Europea se ne è occupata in parte con la pubblicazione del “Libro verde per la preparazione contro gli attacchi biologici” nel 2007. Nella norma ISO TS 22002-1, largamente diffusa a livello internazionale, accanto alle indicazioni relative alla prevenzione di contaminazioni non intenzionali, è presente un richiamo a “protezione del sito, biovigilanza e bioterrorismo”. Il principio è quindi quello di integrare la ben nota Food Safety con azioni volte a migliorare la sicurezza in termini di Food Defense.

 

Natura delle contaminazioni intenzionali e interventi di Food Defense

L’Unione Europea, nel 2007, ha pubblicato un Libro verde sulla preparazione contro gli attacchi biologici (MEMO/07/289) che si propone di prendere in considerazione tutti i rischi potenziali legati a un attentato terroristico, a una disseminazione intenzionale di altro tipo, a un incidente o a una malattia naturale, in modo da essere pronti a gestire qualunque eventuale situazione di crisi.

Dall’esame della letteratura internazionale si evidenzia una netta prevalenza, negli alimenti intenzionalmente contaminati, di residui di sostanze chimiche rispetto agli agenti biologici. Questa differenza può essere in parte dovuta alla carenza di controlli per la loro individuazione. I sistemi delle tecnologie per la Food Safety, infatti, sono generalmente finalizzate alla prevenzione e/o identificazione dei pericoli biologici, spesso legati alle contaminazioni spontanee. Il più frequente utilizzo di sostanze chimiche nelle contaminazioni intenzionali è determinato anche dalla maggiore e facile reperibilità di questi agenti, il che comporta la necessità di una notevole attenzione al fine di implementare la Food Defense.

Le principali fonti di preoccupazione individuate nel Libro Verde sono:

  • conoscenza del quadro legislativo esistente;
  • applicazione pratica delle norme di sicurezza;
  • esistenza e applicazione di norme di sicurezza minime;
  • rischio di utilizzo abusivo della ricerca e dei ricercatori;
  • lacune nella capacità analitica dell’Europa di ridurre i rischi biologici;
  • mancanza di capacità di individuazione;
  • necessità di migliorare la cooperazione fra i vari servizi e settori per quanto riguarda sia la prevenzione che la reazione.

In Italia, nel 2010, su coordinamento dell’Università Campus Bio-Medico di Roma, ha preso le mosse il progetto Secu-Food nel quale, tra l’altro, è stato sviluppato uno studio del quadro giuridico sui sistemi di tutela esistenti e sulla legislazione europea in materia di prevenzione, contrasto e repressione di azioni dolose commesse ai danni del settore alimentare, anche sulla base della analisi su circa 450 episodi, selezionati tra oltre 1000 casi sospetti di adulterazione di cibo, verificatisi nel mondo tra il 1950 e il 2008 .

Le principali catene distributive europee hanno sviluppato e adottato due standard: IFS International Food Standard e BRC Food Global Standard per la valutazione dei fornitori di sostanze alimentari. Le ultime versioni di questi standard, sulla base della constatazione che il problema degli incidenti alimentari legati alle contaminazioni intenzionali è ormai rilevante, hanno ritenuto di introdurre requisiti specifici relativi alla sicurezza del sito produttivo.

L’IFS dichiara che “la difesa (protezione) dell’alimentare è un insieme di azioni volte a proteggere il prodotto (materie prime, semilavorati, prodotto finito) da pericoli intenzionali, incluso atti criminali e terrorismo”.  Peraltro, la verifica dell’attuazione di queste azioni di protezione sarà effettuata dall’Ente certificatore solo su richiesta del Cliente.

Il BRC prescrive la messa in atto di misure idonee per mantenere la sicurezza del sito e per garantire che solo il personale autorizzato abbia accesso alle aree di produzione e stoccaggio attraverso punti di accesso stabiliti. Lo standard chiede di identificare chiaramente le aree con accesso ristretto ed attuare una controllo di tali aree.

Entrambi precisano le azioni da compiere per dimostrare la conformità ai requisiti.

Queste misure preventive, ove siano richieste, devono essere ben descritte ed elaborate in un programma di Food Defence, riguardante persone, prodotti e risorse aziendali.

L’adozione di un sistema per la Food Defense consente un migliore accesso ai mercati internazionali e quindi l’ampliamento delle quote di mercato: d’altra parte, le aziende che esportano i loro prodotti negli USA, sono sottoposte a obblighi specifici in termini di sicurezza dei siti produttivi. Sulla base del Bioterrorism Act del 2002 si deve fornire alla FDA una serie di notizie sugli stabilimenti in cui vengono prodotti, trasformati o stoccati gli alimenti destinati all’esportazione verso gli Stati Uniti: è obbligatorio registrare ogni stabilimento, industria, laboratorio con cui il cibo destinato all’esportazione sia venuto in contatto; dunque, tutti quegli stabilimenti che producono, trasformano, sintetizzano, preparano, trattano, modificano o manipolano gli alimenti definiti ed elencati dal Federal Food, Drug and Cosmetic Act, ovvero tutti quei prodotti solidi o liquidi destinati al consumo da parte dell’uomo o degli animali.

In conclusione, per quanto riguarda il tema dell’esportazione di alimenti verso gli USA rimandiamo al documento “Food Defense Guidance Documents & Regulatory Information”, scaricabile da: http://www.fda.gov/food/guidanceregulation/guidancedocumentsregulatoryinformation/fooddefense/default.htm