I nove titoli in cui si articola la proposta di legge propongono una normativa non meramente ricognitiva, ma innovativa, dalla vigna al consumatore.
Un nutrito numero di parlamentari ha presentato alla Camera una proposta di legge – la n° 2236 – dal titolo “Disciplina organica della coltivazione della vite e della produzione e del commercio del vino”, che prende le mosse dalla constatazione che il susseguirsi di norme di legge, dal livello europeo a quello locale, accompagnate dalle norme di attuazione ha dato luogo a un coacervo di leggi e regolamenti che suggerisce di redigere un testo unico che disciplini tutta la filiera, dalla viticoltura alla commercializzazione del vino.
I principali testi di riferimento per la proposta di legge sono stati la legge 20 febbraio 2006, n. 82, il decreto legislativo 8 aprile 2010, n. 61 e il decreto legislativo 10 agosto 2000, n. 260; ma naturalmente esistono molte altre normative a livello inferiore a quello della legge che devono essere comunque prese in considerazione se si vuole pervenire alla voluta semplificazione.
La proposta di legge
Il Titolo I della proposta di legge riguarda le definizioni, attualmente codificate in molteplici fonti normative, in particolare nella legge n. 82 del 2006 e nel decreto legislativo n. 61 del 2010. Per intenderci, si tratta delle denominazioni di origine controllata (DOC), denominazioni di origine controllata e garantita (DOCG) e indicazione geografica protetta (IGT): in Italia presenti da lungo tempo, ma che sono state poi adeguate alle definizioni e alla norme che mano a mano venivano adottate a livello europeo. La proposta di legge si sofferma sull’uso dei nomi di unità geografiche aggiuntive e della menzione vigna, che stanno particolarmente a cuore dei produttori italiani, determinandone con precisione le condizioni di uso. Introduce inoltre chiarimenti e aggiornamenti circa l’uso dei nomi di unità geografiche aggiuntive e della menzione vigna, determinandone con precisione le condizioni di uso.
Il Titolo II della proposta di legge riguarda lo schedario viticolo, che sarà istituito presso il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e si proporrà come strumento nel quale sono registrati tutti i vigneti, raccogliendo una serie di informazioni secondo esigenze definite dalla normativa in vigore; mentre l’inventario del potenziale produttivo è un registro “quali-quantitativo” aggiornato con continuità del patrimonio viticolo nazionale, contenente elementi scaturiti dalla ricognizione, descrizione, classificazione e con valutazioni di merito sul potenziale vitivinicolo.
Il Titolo III tratterà della produzione dei mosti, dei vini e dei sottoprodotti della vinificazione. Le norme sulla produzione dei mosti e dei vini sono attualmente contenute nella legge 20 febbraio 2006, n. 82; legge che, pur essendo ritenuta dai proponenti sostanzialmente adeguata, verrà revisionata attraverso l’eliminazione di alcune disposizioni ridondanti o superate rispetto alla vigente normativa vitivinicola europea. È stata prevista la determinazione del periodo vendemmiale e delle fermentazioni dal 1°agosto al 31 dicembre, salvo provvedimento modificativo da parte della regione o della provincia autonoma.
La proposta di legge intende altresì perseguire il miglioramento e la precisazione di norme già esistenti che, tuttavia, nella loro applicazione hanno sollevato dubbi o interpretazioni difformi sul territorio. Il titolo è diviso in tre capi: il primo contiene le norme generali, il secondo contiene norme sui vini biologici e il terzo concerne norme integrative a quelle europee trasversali o specifiche del settore con riferimento ai prodotti per l’enologia e alle pratiche enologiche. Tenendo conto della crescente diffusione di strutture di ristorazione nelle zone a vocazione vitivinicola, quali gli agriturismi, è stata inserita una deroga per la detenzione di sostanze vietate (alcol, zuccheri, sciroppi, …) da parte di tali strutture e dei laboratori di produzione di prodotti alimentari annessi alle cantine, nei limiti strettamente necessari allo svolgimento delle loro attività. Infine, viene proposta l’integrazione di norme ritenute utili derivanti della disciplina della produzione dei vini frizzanti e l’inserimento del precetto sul divieto di utilizzo dei pezzi di legno nell’affinamento dei vini a DOP italiani.
Il Titolo IV della proposta di legge riguarda la produzione dei vini a denominazione di origine e indicazione geografica. Esso tende ad unificare la disciplina concernente tali vini attraverso una riorganizzazione più coerente delle disposizioni introdotte dal decreto legislativo n. 61 del 2010, che sono rese più semplici. Le modifiche di rilievo rispetto alla normativa vigente sono relative alla protezione comunitaria; alla procedura di riconoscimento; ai requisiti fondamentali e alla gestione delle DOP e delle IGP. Viene anche introdotta una semplificazione delle analisi organolettiche dei vini DOC prevedendo l’attuazione di controlli a campione solo per quelle denominazioni aventi una produzione media inferiore a un quantitativo prefissato.
Il Titolo V riguarda la produzione degli aceti. Rispetto alla legge n. 82 del 2006 originaria, sono state effettuate solo alcune modifiche migliorative, eliminando le parti superate o che sono risultate superflue in base all’esperienza maturata dalla sua emanazione. In particolare è stata eliminata la previsione dell’emanazione di un decreto ministeriale per la tenuta del registro di carico e scarico, inserendo una norma specifica che ne disciplina le scritturazioni.
Il Titolo VI riguarda la commercializzazione e l’etichettatura. È ben noto che l’attuale normativa di legge fa riferimento a un certo numero di decreti, che non sono mai stati adottati dal legislatore nazionale: nel futuro testo unico scompariranno i relativi riferimenti. Il Titolo VI è diviso in tre capi, che riguardano rispettivamente la disciplina del commercio dei mosti, dei vini e dei sottoprodotti di vinificazione; le norme sui contenitori e, da ultimo, l’etichettatura. In tutti i tre capi si fa luogo, sostanzialmente, all’adeguamento alla normativa europea.
Il Titolo VII tratta dei controlli. Il primo scopo che si intende perseguire è la semplificazione: si tratta sia di eliminare le attività di controllo ritenute non necessarie sia di evitare le duplicazioni delle stesse da parte delle amministrazioni competenti. Ciò avverrà mediante l’attribuzione al Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, tramite l’Ispettorato centrale, del compito di coordinare le amministrazioni coinvolte e programmare l’attività di controllo. I nuovi strumenti previsti sono il “Piano annuale dei controlli” e il “Registro unico dei controlli” per le aziende del settore vitivinicolo. È prevista, inoltre, l’iscrizione automatica al sistema di controllo all’atto della rivendicazione dei soggetti partecipanti alla filiera DOP o IGP in modo da evitare l’ulteriore incombenza della notifica a carico dei soggetti interessati. È stata anche ribadita (e non è cosa da poco) l’esigenza di differenziare i piani di controllo in base alla classificazione qualitativa dei vini DOCG, DOC e IGT in modo da essere coerenti, anche nelle modalità e nel carico burocratico ed economico, con il pregio delle diverse produzioni.
Il Titolo VIII tratta del sistema sanzionatorio. I proponenti appaiono consapevoli del fatto che è opportuno migliorare tale sistema al fine di poter ridurre al minimo, ove possibile, l’instaurarsi di un contenzioso. Vengono quindi introdotti sia l’istituto della diffida, sia quello del ravvedimento operoso, già presenti l’uno nel testo unico ambientale, l’altro nella normativa tributaria. Con la diffida si tende a far sì che le irregolarità formali di modesta entità possano essere sanate in tempi e con modalità prefissate, senza l’irrogazione di sanzioni amministrative. Con il ravvedimento operoso, l’operatore economico che abbia contezza di un’omessa o incompleta denuncia, dichiarazione, comunicazione può, mediante il pagamento di una percentuale minima della sanzione stabilita nella legge, procedere di propria iniziativa a sanare l’irregolarità, dandone contestuale comunicazione all’Autorità di controllo.
Da ultimo, il Titolo IX tratta delle sanzioni relative alla violazione delle norme sulla produzione e sulla commercializzazione degli aceti. Viene anche ribadito il divieto di trasporto, detenzione per la vendita, commercializzazione o comunque utilizzazione per uso alimentare diretto o indiretto di alcol etilico sintetico, nonché di prodotti contenenti acido acetico non derivante da fermentazione acetica.
Dal canto nostro, dobbiamo ricordare, in chiusura, che siamo di fronte a una proposta di legge il cui iter parlamentare non è ancora temporalmente definito e il cui testo potrà subire integrazioni e cambiamenti. Anche se i proponenti si sono appoggiati alle associazioni di categoria che fanno capo ad Agrinsieme.
Per inciso, ricordiamo che anche in Francia è in gestazione una nuova normativa sul vino, a carattere restrittivo sulla base di considerazioni salutistiche (comprende, tra l’altro, l’interdizione all’uso di internet per la comunicazione aziendale, identificata come un mezzo che in definitiva accresce il rischio di abusi alcolici), alla quale si contrappone altra proposta di legge per “affermare chiaramente che il vino è parte integrante del patrimonio culturale e gastronomico” della Francia.