Indicazione del nome geografico più ampio per i vini italiani

Con una circolare del 31 dicembre 2014, il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali ha fornito chiarimenti, con riferimento ai vini DOP e IGP italiani, in merito all’indicazione del nome geografico più ampio (Regione o Provincia) in cui ricade la zona di produzione di un determinato vino DOP o IGP.

L’ultimo giorno dello scorso anno, il MIPAAF ha diramato una circolare che precisa come applicare in Italia le disposizioni contenute nel Regolamento (EU) N. 1308/2013. A detta del Ministero il documento contiene i necessari “chiarimenti per assicurare i corretti usi commerciali, etichettatura e presentazione” dell’indicazione del nome geografico più ampio (Regione o Provincia) in cui ricade la zona di produzione di un determinato vino DOP o IGP. D’ora in poi sarà possibile, in etichetta, come in tutte le altre forme di comunicazione aziendale, dare un’indicazione della provincia o della Regione, anche quando il nome del capoluogo o della Regione siano stati registrati come DOCG, DOC o IGT diverso da quella del vino prodotto.

La portata del documento

Per comprendere la portata di questo documento è necessario prendere le mosse dal Regolamento (UE) N. 1308/2013 del Parlamento europeo e del Consiglio, del 17 dicembre 2013, che intende pervenire a un’organizzazione comune dei mercati per i prodotti agricoli.

A tal fine ha disposto l’abrogazione di un certo numero di precedenti atti normativi e ha dettato nuove norme tendenti a pervenire a un’organizzazione comune dei mercati di tutti i prodotti agricoli elencati nell’Allegato I del trattato sull’Unione europea e del trattato sul funzionamento dell’Unione europea.

Tra questi prodotti figura anche il vino.

Il suo commercio era ovviamente già regolamentato: in particolare, non mancavano le varie denominazioni di origine, normate da ultimo dal Decreto Legislativo 8 aprile 2010, n. 61, il quale statuiva che “per denominazione di origine protetta (DOP) dei vini si intende il nome geografico di una zona viticola particolarmente vocata utilizzato per designare un prodotto di qualità e rinomato, le cui caratteristiche sono connesse essenzialmente o esclusivamente all’ambiente naturale ed ai fattori umani. Costituiscono altresì una denominazione di origine taluni termini usati tradizionalmente, alle condizioni previste dall’articolo 118-ter, paragrafo 2, del Regolamento (CE) N. 1234/2007[1]. Per indicazione geografica protetta (IGP) dei vini si intende il nome geografico di una zona utilizzato per designare il prodotto che ne deriva e che possieda qualità, notorietà e caratteristiche specifiche attribuibili a tale zona.”

Il nuovo Regolamento dedica la sottosezione 2 (articoli da n. 93 al n. 111) alla trattazione delle denominazioni di origine e indicazioni geografiche.

Da un lato, il Regolamento stabilisce che le denominazioni di vini di cui agli articoli 51 e 54 del Regolamento (CE) N.1493/1999 del Consiglio e all’articolo 28 del Regolamento (CE) N. 753/2002 della Commissione sono automaticamente protette e le iscrive nel registro di cui all’articolo 104 del nuovo Regolamento; dall’altro, si preoccupa di proteggere le “menzioni tradizionali”, vale a dire quelle usate tradizionalmente negli Stati membri per indicare:

  • che il prodotto reca una denominazione di origine protetta o un’indicazione geografica protetta dal diritto unionale o nazionale, o
  • il metodo di produzione o di invecchiamento oppure la qualità, il colore, il tipo di luogo o ancora un evento particolare legato alla storia del prodotto a denominazione di origine protetta o a indicazione geografica protetta.

Le menzioni tradizionali sono protette esclusivamente nella lingua e per le categorie di prodotti vitivinicoli figuranti nella relativa domanda contro:

  • qualsiasi usurpazione, anche quando la menzione protetta è accompagnata da espressioni quali “genere”, “tipo”, “metodo”, “alla maniera”, “imitazione”, “gusto”, “come” o simili;
  • qualsiasi altra indicazione falsa o ingannevole relativa alla natura, alle caratteristiche o alle qualità essenziali del prodotto usata sulla confezione o sull’imballaggio, nella pubblicità o sui documenti relativi;
  • qualsiasi altra pratica che possa indurre in errore il consumatore e, in particolare, che lasci supporre che il vino fruisca della menzione tradizionale protetta.

È tutto chiaro?

Non è così.

Già l’art. 230 del Regolamento (UE) N° 1308/2013 detta le norme di abrogazione delle precedenti disposizioni comunitarie e l’art. 131 detta le norme transitorie; ma altrettanto deve essere fatto a livello delle varie disposizioni nazionali che richiedono adeguamenti. In Italia si poneva il problema dell’adeguamento del Piano nazionale di sostegno al settore vitivinicolo, che si estrinseca a livello delle Regioni ed è stato prontamente normato dalle Regioni stesse ad esempio per quanto riguarda la promozione dei vini sui mercati dei Paesi terzi. Dall’altro andava risolto il problema della corretta applicazione delle norme riguardanti etichettatura e presentazione dell’indicazione del nome geografico più ampio, quindi Regione o provincia, in cui ricade la zona di produzione di un determinato vino DOP o IGP. Difatti le norme di tutela dettate dal Regolamento, sopra riportate per esteso, in linea generale, sembrano impedire l’uso del nome di una denominazione o indicazione geografica protetta per altri prodotti, che la circolare ministeriale[2] definisce “comparabili”, che non abbiano diritto ad utilizzare la medesima denominazione o indicazione geografica. Precisa il Ministero che vi sono situazioni in cui i disciplinari consentono l’uso di un nome geografico più ampio, anche se protetto. È il caso, per esempio, della Regione Sardegna, nella quale, pur in presenza di DOP portanti il nome Sardegna, i disciplinari consentono che altri vini DOP ricadenti nel territorio (per esempio Alghero, Cagliari, ecc.) possano usare in etichettatura il nome più ampio della Regione.

Altro caso che necessita di un chiarimento è quello in cui i disciplinari non hanno normato l’uso di un nome geografico più ampio. La circolare ministeriale precisa che l’uso del nome geografico più ampio può essere ammesso al solo fine di chiarire al consumatore la collocazione geografica in cui ricade la zona di produzione delle DOP o IGP di ambito territoriale/amministrativo inferiore. E’ però richiesto, per non uscire dal vincolo del Regolamento comunitario, che il nome geografico più ampio sia, per collocazione e dimensioni, riportato in modo tale da evitare il rischio che il consumatore venga ingannato in merito all’identità del prodotto. Con le dovute modifiche queste indicazioni valgono anche per tutte le modalità di fornitura di informazioni ai consumatori sugli alimenti in relazione alla protezione dovuta alle DOP e IGP. Per esemplificare, il produttore di un vino a denominazione d’origine siciliana potrà indicare sul suo sito internet il nome protetto “Sicilia” ma senza enfatizzarlo in termini grafici o comunque di evocazione. È esclusa la possibilità di utilizzare nomi geografici regionali o provinciali, nonché i nomi geografici/amministrativi di livello inferiore, per l’etichettatura e la presentazione dei vini senza DOP e IGP, fatta salva la possibilità di indicare il nome del Comune al solo fine di far conoscere l’indirizzo dell’imbottigliatore, produttore, venditore (e anche, se del caso, importatore), con minimizzazione dei caratteri o uso di un codice nel caso in cui l’indirizzo o il nome dei predetti soggetti contenga un nome riservato a una DOP o IGP.

La circolare è stata favorevolmente accolta dagli organismi interessati: la Federazione Italiana Vignaioli Indipendenti si rallegra del fatto che, con questi chiarimenti, i produttori potranno comunicare dove si trovano le loro cantine, senza incorrere in sanzioni.

[1] Regolamento che il nuovo regolamento 1308/2013 ha abrogato, statuendo nel contempo che, per garantire un passaggio ordinato dai regimi previsti dal Regolamento (CE) N. 1234/2007 a quelli previsti dal nuovo regolamento, è opportuno delegare alla Commissione il potere di adottare determinati atti per quanto riguarda l’adozione delle misure necessarie, in particolare quelle necessarie per proteggere i diritti acquisiti e le aspettative legittime delle imprese.

 [2] Diramata il 31 dicembre 2014, firma del Direttore Generale del Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.