Birra artigianale? Migliorare e consolidare

Tutto ciò per rispondere a una crescente richiesta da parte del consumatore che chiede questo prodotto avendolo assaggiato in sempre più occasioni: fiere, sagre, eventi diversi, corsi di degustazione o di assaggio. C’è quindi parecchio fermento, tutto si muove, a volte in maniera tumultuosa, continua a crescere la domanda in città come Roma, dove la birra artigianale italiana è conosciuta da anni, è letteralmente esplosa in altre dove meno la si conosceva: Milano, Parma, Bologna… Negli ambienti birrari sono oggi presenti a listino parecchie bottiglie di birra artigianale italiana, un’importante inversione di tendenza se solo 2-3 anni fa questo prodotto era vissuto in maniera problematica e scettica dagli esercenti.  Ma la birra artigianale sta comparendo anche sugli scaffali della GDO, un mercato sicuramente di nicchia, destinato a rimanere tale; alcuni produttori puntano su questo canale distributivo proponendo un prodotto rivisitando ricette già collaudate, una birra più semplice, magari non estrema, adatta a un consumo più allargato. La stessa GDO chiede di produrre birre artigianali a proprio marchio».

Il risvolto occupazionale

Crescono i consumi e le occasioni di business.  Aumentano anche le nuove imprese dedite alla produzione di birra artigianale. «Il motore che muove la nascita di sempre più microbirrifici», spiega Monetti, «è la forte situazione di precarietà occupazionale che colpisce il nostro Paese. I lunghi momenti di stasi dell’offerta del lavoro, spingono allo sviluppo di un’attività imprenditoriale propria, le allettanti possibilità offerte dal mondo della birra artigianale, il grande fascino che circonda questo prodotto, catalizzano l’attenzione verso il settore. Per molti l’idea rimane  quella di avviare un’attività di nicchia, assistiamo sempre più al fenomeno dei Tap Room, ovvero di quegli spazi all’interno dello stabilimento produttivo, quei mini pub dove si mesce o vende birra di propria produzione se non durante la settimana, nel week-end: quindi, una birra a km zero, venduta sul posto, per contenere i costi e limitare le “pastoie” burocratiche. Altre imprese stanno, invece, investendo in maniera importante per espandere, invece, il proprio mercato sia in Italia sia all’estero».

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Qualità sempre più importante

Il controllo di qualità sta diventando sempre più importante nel settore della birra artigianale, come sottolinea, ancora, Monetti: «Se fino a qualche anno fa era normale, giustificato, un approccio “naif” nel produrre birra, oggi non è più consentito. Chi lo fa non è più considerato come l’artista del caso… Serve dare solidità e certezza alle proprie produzioni, perché il consumatore lo richiede. Il consumatore è più consapevole e questo anche grazie al lavoro che è stato fatto da associazioni come la nostra, da molti microbirrifici. Questa consapevolezza si misura nella crescita del consumatore nella sua capacità di capire se ha di fronte un prodotto di qualità oppure no. Chi produce deve andare, quindi, di pari passo a queste esigenze. Ecco che il controllo di qualità dei microbirrifici diventa un elemento cardine per consolidare la qualità del prodotto e avere un giusto riconoscimento da parte di chi consuma e del mercato. Riconoscimento qualitativo che non deve passare obbligatoriamente attraverso un marchio che oggi potrebbe rappresentare, piuttosto, un appesantimento abbastanza inutile. Diversi sono oggi i microbirrifici che hanno al loro interno un piccolo laboratorio utilizzato per alcune fasi della produzione, gli stessi si affidano poi anche a laboratori esterni per avere un quadro sempre controllato delle proprie produzioni, spesso richiesto quando parliamo di esportazione».