Novità in tema di fermentazione e maturazione dei mosti senza dimenticare il confezionamento in lattina e in bottiglia e il gushing
Soprattutto perché stiamo vivendo momenti difficili sul piano sociopolitico fa piacere poter riferire che alla quadriennale fiera Drinktec, l’Italia ha conquistato ben due primati. In primo luogo, a dimostrazione della vitalità dei nostri imprenditori (nonostante tutti i bastoni fra le ruote che metton loro la nostra burocrazia e l’arrugginito “sistema Paese”) su un totale di 1445 espositori, fra gli 886 stranieri i 168 (!) produttori italiani hanno costituito il gruppo più numeroso, davanti a quelli di Cina e Gran Bretagna (70), degli Stati Uniti (51). La Cina si è peraltro distinta anche per il sorprendente aumento del numero di ditte espositrici: +40% a confronto con l’edizione 2009.
E infine: con ben 4.418 presenze anche i visitatori italiani hanno battuto tutti gli altri stranieri. Contemporaneamente a drinktec, e con una forte eco anche sui mezzi d’informazione non specializzati, si è svolto il concorso European Beer Star, sponsorizzato fra gli altri dall’Istituto Professionale Doemens e dall’Association of Small and Indipendent Breweries in Europe. Il concorso, sulla base dei risultati degli assaggi eseguiti da una giuria di 102 esperti altamente qualificati (mastri birrai diplomati e sommelier della birra), conferisce medaglie di oro, di argento e di bronzo alle birre migliori in numerose categorie. Fra le 1512 birre (+11% rispetto alla precedente edizione) presentate da birrerie di 40 Paesi, l’Italia, piazzandosi al terzo posto dopo la Germania (56 medaglie) e gli Stati Uniti (37), ha guadagnato ben 13 menzioni a riprova dello sviluppo fenomenale del settore microbirrifici e di una produzione di alto livello qualitativo.
L’evento
Sulla base di risultati del 2009 (poco più di 58.000 visitatori) la direzione di drinktec aveva preventivato circa 60.000 visitatori e invece il loro numero ha raggiunto la cifra record di 68.886. La superficie espositiva ha superato i 13 ettari e comprendeva anche una zona (Brewers’ Meeting Point nel padiglione B1) creata appositamente per dar modo a espositori e visitatori di incontrarsi e scambiarsi idee ed impressioni (e combinare affari) in un ambiente confortevole e relativamente tranquillo. E infatti i risultati di un’indagine di opinione svolta da drinktec fra i visitatori ha confermato che tutti erano rimasti soddisfatti o molto soddisfatti dell’organizzazione.
Ciò che ha permesso a Reinhard Pfeiffer, amministratore delegato dell’Ente Fiera di Monaco, di dichiarare: «Il fatto che tutti coloro che abbiamo intervistato si siano dichiarati entusiasti e che un buon terzo dei visitatori provenga da Paesi extra-europei dimostra che drinktec ha consolidato e rafforzato il suo ruolo di fiera leader mondiale del settore bevande». Altri esponenti dell’organizzazione hanno inoltre espresso la loro soddisfazione di poter constatare che le incertezze della congiuntura economica sembra non tocchino il settore delle bevande.
Novità in tema di fermentazione e maturazione
Passando ora alle impressioni più strettamente tecniche, mi sia consentito di ricordare che il visitatore che alla drinktec intendesse dedicare d ogni singolo espositore anche solo cinque minuti avrebbe bisogno di stare in una fiera oltre sette giorni. Così quanto segue sono solo alcune impressioni focalizzate in parte sugl’interessi contingenti di chi scrive e sono basate non solo sulle visite alle ditte espositrici e alle informazioni ricevute, ma anche su colloqui con amici ed esperti. Fra questi posso innanzi tutto citare Martin Krottenthaler della Facoltà di tecnologia birraria di Weihenstephan, con il quale mi sono soffermato in particolare sull’utilizzo delle materie prime.
Accanto all’esigenza di ottimizzare le rese, i birrai si trovano di fronte al problema della crescente incostanza qualitativa dei cereali. Inoltre la ricerca di fonti di amido alternative, meno costose e più ecosostenibili interessa oggi fortemente anche Weihenstephan, non tanto – secondo il mio interlocutore – perché i birrai tedeschi abbiano deciso di rinunciare alla “Legge di Purezza”, ma la crescente notorietà di Weihenstephan nel mondo e le sempre più numerose richieste di pareri e consulti provenienti dall’estero, spingono allo studio di problemi finora trascurati. La lavorazione di materie prime diverse dal tradizionale orzo distico primaverile porterà sicuramente, inoltre, a delle innovazioni nel campo degli impianti di produzione mosto, un campo nel quale, come ben noto, i costruttori tedeschi sono ormai i dominatori assoluti o quasi.
Per fortuna posso scrivere “quasi” perché quanto meno in Belgio c’è ancora qualche concorrente valido e sufficientemente orientato ad adottare soluzioni non convenzionali e, per i birrifici più piccoli, alternative valide sono offerte anche da produttori italiani. Importante è disporre di un buon mulino, come quello a due rulli della Künzel (figura 1).Essenziale, sempre secondo Krottenthaler, è la meticolosa fissazione preliminare delle prestazioni che un impianto produzione mosto deve dare, prestazioni che devono corrispondere a quelle fissate dalla norma DIN 8777 (in corso di revisione). Secondo Krottenthaler, «se il tino filtro non funziona a dovere e il birraio vende agli allevatori le “trebbie” residue dalla lavorazione dei cereali con un elevato contenuto di estratto ancora estraibile, come foraggio, il conto economico della birreria soffre, senza che siano più contente le vacche perché comunque ai ruminanti interessa soprattutto la cellulosa delle scorze».
Nei reparti di fermentazione e maturazione mi hanno colpito il sistema Haffmans per pulire in automatico (CIP) i serbatoi con soluzioni caustiche senza dover prima liberarli dall’anidride carbonica e senza pericolo d’implosione, ed i due diversi sistemi per evitare i colpi di ariete nelle condutture, presentati l’uno da Schubert-Salzer e l’altro da Resom. Molto interessante mi è sembrato pure il sistema Thonhauser per il controllo dell’efficacia delle sanificazioni di serbatoi e condutture (anche quelle Imbottigliamento dicembre 2013 39 degli impianti a spina birra in fusto): si tratta di indicatori che vengono aggiunti alle soluzioni sanificanti, le quali assumono colorazioni diverse in funzione del grado di pulizia raggiunto durante i lavaggi degli impianti.
Per la gestione del lievito
Vasta l’offerta di apparecchiature per la gestione del lievito, in modo da poter avviare la fermentazione del mosto (ben aerato!) dosandolo con la massima precisione, ossia evitando sotto- o sovradosaggi che influiscono negativamente sulla regolarità della durata delle fermentazioni e di riflesso sulla qualità e costanza qualitativa della birra finita. Interessanti soluzioni sono state presentate in questo campo per esempio da Alfa Laval, Beca, Braukon, Esau Hueber e GEA, tutte aziende che sono in grado di presentare numerose referenze di impianti funzionanti con soddisfazione delle birrerie dove sono installati.
Come si evince dal libro “The Yeasts in the Brewery” di Annemüller e Manger (Edizioni VLB, Berlino, 2011), non è però soltanto il numero di cellule di lievito immesse nel mosto a determinare l’andamento della fermentazione: è pure di fondamentale importanza che lo stato fisiologico del lievito sia ottimale. Le determinazioni per accertarlo, alquanto sofisticate, ed alcune eseguibili in automatico, sono il campo in cui si distinguono soprattutto Aber Instruments e Cell Facts Instruments. Mentre per il controllo della purezza microbiologica sta diffondendosi il kit PCR della Pall, pur restando ancora più che validi i terreni culturali NBB della Doehler.