La sicurezza alimentare (66,5%) e gli aspetti direttamente legati alla salute (59,1%) sono in cima alle preoccupazioni dei consumatori del Bel Paese quando si tratta di fare scelte d’acquisto alimentari. A seguire le questioni ambientali (42,3%) e gli aspetti sociali legati alla produzione (36,1%). È quanto emerge da una ricerca condotta dall’ente di certificazione internazionale DNV GL sulle abitudini di acquisto di 4.500 consumatori in 15 Paesi, tra cui l’Italia.
L’origine conta
Ciò che ha un impatto sulla propria salute e sul proprio benessere personale è una discriminante importante all’acquisto per i consumatori italiani. Le informazioni sull’origine degli ingredienti e dei prodotti sono prioritarie (31,5%; +7,1% rispetto alla media internazionale). Altresì fondamentale sapere esattamente quali ingredienti sono presenti nel prodotto (23,6%) e quali pratiche igieniche sono state adottate per prevenire contaminazioni (24,3%).
Tra gli aspetti su cui i consumatori vorrebbero maggior trasparenza, anche se non direttamente correlato con il benessere personale, si posiziona in cima alla lista anche la sostenibilità del packaging (24,9%), con punteggi ben più alti del benessere animale (17,1%) o dei diritti umani (15,9%).
Il prodotto “deve parlare”
Il passaggio da scaffale a carrello non è per niente automatico. Più di 1 italiano su 2 (56,8%) si aspetta di trovare le specifiche che cerca direttamente sul prodotto. Meglio se verificate. L’83%, infatti, si dice disposto a pagare di più per un prodotto alimentare se le informazioni relative agli aspetti qualitativi sono certificate da una terza parte.
Un atteggiamento diffuso anche a livello internazionale (69%) e particolarmente marcato per il target dei millenials (79,3%).
Ricorso alla tecnologia
La sicurezza alimentare degli alimenti che troviamo a scaffale non è dunque data per scontata da parte degli italiani. I consumatori tendono a farlo (in larga o in qualche misura) se il prodotto è di marca e confezionato (92,4%), ma la fiducia è minore quando si tratta di acquistare cibo sciolto (81,7%) e – soprattutto – cibo confezionato non di marca (60,8%).
Per poter verificare e avere accesso alle informazioni sul prodotto che si sta per acquistare, il 52,5% dichiara di aver scannerizzato i QR code presenti sulle confezioni. Il 18% lo fa spesso o regolarmente e più del 60% sarebbe disposto a farlo se ciò consentisse di avere accesso ai dati ricercati.
Francesco Di Sarno, Direttore vendite Digital Assurance & Supply Chain di DNV GL – Business Assurance Italia, ha commentato: «Dalla nostra ricerca emerge chiaramente come i consumatori oggi vogliano poter verificare in prima persona cosa stanno acquistando. Per andare incontro alle legittime richieste dei consumatori, da un lato, e per consentire alle aziende di valorizzare il percorso che porta al prodotto finito, dall’altro, abbiamo introdotto “My Story”. Una soluzione di digital assurance, abilitata dalla blockchain, che va ben oltre il monitoraggio di un prodotto dal produttore al consumatore e che contribuisce al miglioramento delle performance, dell’efficienza e della trasparenza dei processi delle aziende. Processi e informazioni che il consumatore può verificare direttamente mediante un QR code posizionato direttamente in etichetta. Sono diverse le aziende del made in Italy alimentare che nell’ultimo anno hanno deciso di farvi ricorso e che han già completato il percorso di tracciamento digitale, sia nell’ambito delle filiere del vino e dell’olio, sia delle conserve».
L’indagine è stata condotta a marzo 2020 utilizzando la metodologia CAWI (Computer Assisted Web Interviewing) e ha coinvolto 4.500 consumatori di 15 Paesi in Europa, Nord America, Sud America e Asia.