Tecnologie più innovative, quindi, ma anche un modo diverso di pensare il vino.
Le idee sono cambiate anche grazie alle riviste specializzate, alle guide, agli stessi giornalisti e critici che hanno creato cultura attorno al vino, un interesse, quello che porta il consumatore che beve vino di qualità a informarsi, a chiedere notizie ulteriori su ciò che assaggia. Oggi, penso, convergiamo tutti sul fatto che i vini debbano essere riconoscibili, di territorio, debbano avere un’identità e soprattutto una certa bevibilità. Rispetto al passato ora nel vino si toglie piuttosto che aggiungere, non si cerca più l’esasperazione, per fortuna c’è un ritorno all’eleganza, eleganza che include il dosare i legni piccoli o grandi.
Anche i sistemi di tappatura hanno fatto la loro parte nel promuovere la qualità…
Io lavoro tanto in Piemonte e qui il sughero non si tocca, per tradizione. C’è conservatorismo. Ma in altre regioni nelle quali lavoro, il tappo sintetico è cresciuto molto negli ultimi anni. Questi tappi prodotti da aziende che hanno investito parecchio, permettono di quantificare quanto ossigeno entra nel tappo e passa alla bottiglia; quindi un controllo puntuale della permeabilità, cosa che un tappo in sughero non consente di fare a causa della variabilità del tappo stesso. Sta all’enologo scegliere il tappo più idoneo in relazione al vino: un bianco fresco? Uno che rimarrà qualche anno in bottiglia? Un rosso che tende all’invecchiamento? Pochi giorni fa assaggio insieme a un giornalista. Ci capita un vino tannico, un po’ asciutto… Il giornalista dice: colpa del legno! Io dico: colpa del tappo… Stappo una seconda bottiglia e il problema scompare. La colpa è del tappo…! A volte il sughero è subdolo e oltre al sentore di tappo può dare origine ad altri problemi. È pur vero, spezzando una lancia a favore di questa chiusura naturale, che negli ultimi anni sono stati compiuti progressi importantissimi in termini qualitativi: la concorrenza…! Le nuove tappature hanno generato una salutare revisione dei protocolli produttivi.
E il tappo a vite?
Poco accettato da noi, di successo e richiesto sempre più dalla GDO all’estero, con esso possiamo fare qualcosa che ci mette tutti d’accordo: ridurre l’apporto di solforosa, anche del 30-35%!
Per la sua cantina quali tecnologie ha scelto?
Partendo dalla vinificazione abbiamo due vinificatori. Quello meno sofisticato, che fa un lavoro più intenso, lo utilizziamo con annate povere, quando dobbiamo spingere di più l’estrazione dei componenti nobili. In annate come le ultime, calde e ricche, ci avvaliamo di un vinificatore più moderno e idoneo per la sua capacità di estrarre dolcemente. Vasche tutte in acciaio con capacità diverse e, per imbottigliare, una monoblocco da 1300 bottiglie/ora; abbiamo scelto una macchina di ultima generazione che lavora in protezione usando gas inerti per un’ottimale gestione del prodotto anche in questa importante fase produttiva. Chiude una piccola etichettatrice che vorremmo presto sostituire.
Per quanto riguarda la barricaia?
Abbiamo botti per la Barbera base e il Langhe Nebbiolo. Legno grande anche sulla Barbera superiore. Quindi botti da 30, 15 hL, barrique, 25% delle quali è a legno nuovo, pochi tonneau per il Nebbiolo, e alcuni legni più piccoli. Stiamo riducendo il legno piccolo a favore del grande e questo perché il consumatore sempre meno gradisce i sentori vanigliati tipici della barrique, a favore del floreale e del bouquet tipico del vitigno.
In cantina
Vinificazione
• Vasche di diversa capacità 75, 50, 25 hL,
sempre pieni di diversa capacità 50-15-10-5 hl
• 2 vinificatori
Affinamento
• Botti di diversa capacità 30-15 hl
• Barrique
• Tonneau per il Nebbiolo
Imbottigliamento
• Monoblocco da 1300 bottiglie/ora
Roberto Tognella