La birra contadina dell’Agribirrificio Vallescura

Da non confondere col birrificio artigianale, il cui inquadramento legislativo risale al 2016, il birrificio agricolo nasce in Italia nel 2010 col DM 212 del 5 agosto, dove si stabilisce che la produzione di malto e birra possano essere considerati attività connesse a quella agricola principale e che la birra possa essere definita un prodotto agricolo quando ottenuta con almeno il 51% di cereali prodotti in azienda. Una piccola grande rivoluzione, il cui merito va in gran parte all’azione svolta dal Cobi, il Consorzio Produttori del’Orzo e della Birra, con sede nelle Marche. Quello stesso Cobi che mette a disposizione degli associati gli impianti di trasformazione, cui i consorziati consegnano il proprio orzo, ricevendo in cambio quantitativi di malto proporzionali all’orzo conferito. Un modo per evitare che lo sforzo fatto per valorizzare l’origine geografica della materia prima venga vanificato da una maltazione di tipo industriale, magari realizzata all’estero, che non può in alcun modo garantire una tracciabilità, una linea diretta cereale-malto-birra.

Mantenere il legame col territorio

Ma c’è chi, in questa tensione alla salvaguardia del legame col territorio, è andato oltre. Mauro Lafranconi è contitolare, insieme ai figli Daniele e Giacomo, dell’agribirrificio Vallescura (Piozzano, PC), dove una malteria di proprietà lavora non soltanto l’orzo biologico prodotto in azienda e destinato a dare la birra agricola a marchio Vallescura, ma anche – e questa è l’attività che genera il maggior fatturato aziendale – orzi e altri cereali per birrifici che desiderano la completa tracciabilità dei propri malti. Tra questi anche nomi illustri, come il marchio Senatore Cappelli. «La birra – afferma Lafranconi, che prima di approdare al birrificio ha lavorato nel settore elettrotecnico, per poi gestire un allevamento ovino con caseificio – può essere realmente un prodotto agricolo solo se viene potenziato il legame con la terra che ha prodotto il cereale di partenza». Da questa convinzione – ma anche da quella, forse ancor più forte, secondo cui “a volte i sogni possono diventare opportunità”, parole che Lafranconi ama ripetere – nasce il progetto Vallescura: «Quando nel 2007 decidemmo di produrre la nostra birra ci rivolgemmo a un’azienda tedesca specializzata nella maltazione, scontrandoci con la dura realtà. Il malto che ci veniva restituito, prodotto su scala industriale, con elevata probabilità non proveniva dal nostro orzo». Mauro e i suoi figli decidono allora di cambiare registro. In Germania si imbattono in un piccolo impianto di maltazione che veniva utilizzato per fare prove su nuove varietà di cereali. Si recano in Svizzera, a Sangallo, presso l’azienda costruttrice, per chiedere di averne uno simile, ma riescono a ottenere solo qualche dritta per farsi realizzare in Italia un primo impianto pilota, con cui avviano la produzione e che verrà dopo qualche anno sostituito con quello attualmente in funzione in azienda, prodotto dalla ditta Zanin.

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