
Del profondo vincolo che unisce la birra Forst ai luoghi dove ha cominciato a essere prodotta nel 1857 e nei quali viene tuttora realizzata danno piena testimonianza i numeri. Basti pensare che il paese di Algund – Lagundo conta poco più di 5.000 abitanti e la sua frazione di Foresta (Forst, appunto) che ospita da sempre gli impianti del brand ne calcola 350 circa.
Sono invece 330 gli addetti complessivi dello stabilimento e non tutti sono impegnati nella lavorazione o nelle attività gestionali, amministrative e commerciali che inevitabilmente vi ruotano attorno. All’ombra del castello di proprietà della famiglia fondatrice – i Fuchs, a tutt’oggi al timone dell’azienda – è infatti folta la presenza di artigiani che a vario titolo e a seconda delle loro specialità contribuiscono quotidianamente al benessere delle strutture. È anche in virtù dell’impegno che destinano alle necessarie opere di conservazione e manutenzione delle storiche parti lignee e alla supervisione di quelle elettriche e idrauliche che in questo “villaggio-nel-villaggio” tutto può procedere senza intoppi. E soprattutto mantenendo un perfetto equilibrio fra l’innovazione tecnologica e la tradizione locale.
Un po’ glocal, molto local
Tornando alle cifre, e precisamente a quelli riguardanti le dimensioni e i volumi del marchio, è degno di nota che la sua fabbrica si estenda su una superficie pari a ben dieci ettari di terreno e vanti una capacità produttiva massima a regime di 1 milione di ettolitri. Approssimativamente novanta – tre mesi – sono i giorni dell’anno durante i quali la zona non riceve la luce del sole e il dato è tutt’altro che trascurabile: nei tempi andati era un fatto decisivo per la conservazione dei prodotti. Per quel che ha a che fare con le vendite, sono le province e territori dell’Alto Adige o Südtirol (la località di Tirolo che gli dà il nome è ben visibile da qui col suo gruppo montano della Tessa) a incidere per il 30% sui consumi, che si esauriscono per quasi la metà nel volgere di quattro mesi. Questo non significa che l’etichetta di Forst non goda di una visibilità ampia e di una presenza ben più estesa. È naturalmente diffusa e apprezzata in tutta la Penisola e 7.000 sono i sistemi di spillatura che ha installato nelle sole regioni Nord-Orientali d’Italia; quaranta gli esperti dell’assistenza tecnica che se ne prendono cura. Modeste ma significative quantità di export sono segnalate persino in Irlanda, Bulgaria, Svizzera, Germania, USA e Giappone; e senza spingersi tanto in là le ricette sviluppate a Foresta sono autentici bestseller in Molise, oltre che in Sicilia dove – a Palermo – vengono anche imbottigliate. Il vetro vale il 45% del venduto totale e per più del 10% ritorna alla base dopo l’utilizzo; modesto è il peso delle lattine (5% circa), la parte del leone la fanno invece i fusti in acciaio con il loro 50%.

Dalla cottura alla degustazione
Dopo 41 anni di onorato servizio la vecchia sala cottura di Forst è stata sottoposta nel 2011 a un completo restyling. Centrale per l’opera di rinnovamento nel segno della sostenibilità e del risparmio di energia è stata la decisione di alimentarla con scambiatori di calore di moderna generazione anziché con gas, usato adesso solo per la creazione del vapore e non per il riscaldamento dell’acqua. A tenere traccia dei diversi passaggi e operazioni – dalla fermentazione alla cottura sino alla messa in bottiglia – è il gestionale Proleit Brewmaxx, interamente orientato ai principi di Industria 4.0. Sebbene la percentuale di hi-tech, fra soluzioni applicative e automazione, sia presso Forst in aumento, si tiene a precisare che le tecnologie sono garanti della qualità e non già sostitutive del personale. Men che meno dei sette addetti alle analisi microbiologiche di laboratorio e dei 12 degustatori che ottengono la prestigiosa qualifica in capo a un percorso mirato di formazione specialistica interna. D’altra parte è anche dal loro palato che dipende il successo delle 11 famiglie brassicole made in Algund da diverse miscele di malto pils, caramellato e tostato, alla quali si devono in larga misura colore e sapore della bevanda e “la sua fedeltà alle attese dei consumatori”.
Qualità no-stop
Per assicurare un livello qualitativo sempre costante e conforme ai canoni secolari di Forst, tutti i materiali in ingresso son oggetto di rigorosi test i cui esiti sono disponibili nel giro di mezz’ora e i fornitori – cinque quelli più assidui – sono tutti selezionati e fidelizzati. Mentre il mais viene in prevalenza dal confinante Veneto, il malto porta targa tedesca e dalla Germania e dalla Repubblica Ceca arriva il luppolo. I carichi sono prevedibilmente ingenti visto che il mulino Millstar attualmente in funzione macina 40 tonnellate di materia prima l’ora e ogni cotta ne sfrutta 10-11 tonnellate per dare vita a 630 ettolitri di birra. I serbatoi di immagazzinaggio del malto d’orzo e del mais sono nel complesso 12 e la loro capacità è compresa fra le 80 tonnellate dei più piccoli e le 175 dei più capienti. Il percorso che va dalla macinatura sino alla cottura a 100 gradi e quindi al raffreddamento e alla fermentazione dura otto ore e precede le sei settimane di maturazione al termine delle quali le bionde sono pronte per la filtrazione e l’imbottigliamento. Si lavora su tre turni, a Lagundo, dalla domenica sera al venerdì, e sono frenetici i ritmi dell’infustamento curato da un impianto KHS Innokeg che per dimensioni è fra gli assoluti primattori su scala europea. Avviato all’inizio di questo secolo è in grado di gestire ogni ora sino a 1.000 fusti di differente capacità: dai 15 ai 30 ai 50 litri. La particolarità dell’installazione risiede nel fatto che ogni fusto è dotato di un transponder integrato che rileva e registra tutti i cicli di manutenzione cui è andato incontro nel corso del suo ciclo di vita, efficientando un lavoro altrimenti molto oneroso per i dipendenti. Agevola i controlli periodici e in special modo quelli condotti sulle parti interne e sulle guarnizioni.