È quella luce lì. Quella luce particolare negli occhi di chi ti racconta di sé e di quel che fa: la vedi subito, anche nel primo minuto di conversazione. E durante l’incontro con Marco Capitoni è avvenuto proprio questo: la sua energia, la voglia di condividere il suo capolavoro, i suoi vini e il suo territorio, sono state talmente coinvolgenti da far passare in secondo piano l’urgenza e la frenesia che ci accomunavano quel giorno. Perché la fretta, quando si tratta di un progetto di vita, necessariamente si fa da parte, per lasciare il posto a ciò che rimane: l’essenza di un luogo, il desiderio di tramandarlo, la realtà delle cose guadagnate a suon di sogni realizzati con lentezza, cura, attenzione, con una sorta – quasi – di riguardo reverenziale. Tutto questo, Capitoni è riuscito a imbottigliarlo in vetro, ma non solo: l’ha tradotto anche in immagine, sul vestito di quelle bottiglie per cui tanto fatica durante l’anno, nel packaging che diviene biglietto da visita e, mai come in questo caso, racconta e riflette una storia, un punto di partenza, e poi un’evoluzione.

«La mia famiglia ed io siamo agricoltori, vignaioli e contadini da sempre – racconta – e, da sempre, abbiamo vissuto e lavorato in Val d’Orcia, a Pienza, a Sud della provincia di Siena. Nel nostro podere, chiamato Sedime, dal latino “luogo dove tutto si ferma, tace e riposa”, in realtà di tempo per riposare a noi ne rimane davvero poco!».
Il legame con il territorio nel logo
Oggi l’azienda ha 50 ettari di proprietà – 7,5 a vigneto, 1 a uliveto, 15 a bosco e i restanti coltivati a foraggere –, e Capitoni spiega come, per arrivare a questo punto, negli anni passati abbia dovuto puntare su una ristrutturazione aziendale importante, concentrandosi, in particolar modo, sull’impianto di nuovi vigneti e sulla realizzazione di una cantina all’interno della quale poter imbottigliare, finalmente, in modo autonomo i propri i vini.
«Sono stati anni complessi, con carichi di lavoro veramente pesanti, ma vissuti con tanto entusiasmo e soddisfazione, perché il risultato dell’impegno mio e della mia famiglia, man mano che ci siamo proposti con il marchio Capitoni, è divenuto sempre più riconoscibile. Per arrivare a ciò, tuttavia, alla pari di consulenze agronomiche, enologiche e commerciali, abbiamo ricercato anche professionisti che ci aiutassero a comunicare la nostra realtà e le nostre peculiarità. Oltre al nome di famiglia, ritenevo infatti opportuno adottare un’immagine che riuscisse a sintetizzare i nostri sentimenti e il nostro operato, il nostro trascorso e le nostre aspirazioni. Volevo esprimere questo forte legame con il territorio, intriso di ruralità, di un presente laborioso e desideroso di miglioramento, per sottolineare come noi, insieme ad altri contadini del luogo, abbiamo rappresentato la Val d’Orcia più autentica. Dopo un’attenta ricerca e qualche mia notte insonne, si è scelta la Pieve di Corsignano a Pienza (SI) e, in particolare, la figura femminile che costituisce la colonna della bifora posta sopra il portale centrale». Quest’antica chiesa plebana affiora dalla campagna carica di simbologie ancora pagane e suggerisce sensazioni tra il magico e il sacro; è un luogo in cui la devozione popolare ha fissato il centro della vita rurale antica, civile e religiosa. Simbolo di austerità e di fertilità, “la donnina” scelta per il logo aziendale di Capitoni è un’immagine che ricorda la figura della massaia: mani ai fianchi, volto scolpito dalla fatica e uno sguardo carico della consapevolezza di aver vissuto, e di dover vivere, una vita dura.