In un mercato altamente competitivo come quello del vino e degli spirit, nel quale gli standard qualitativi elevati del “contenuto” sono ormai un requisito di base, distinguersi grazie al contenitore è fondamentale. Un packaging d’impatto, inoltre, favorisce la riconoscibilità. Ricordate quella pubblicità di un noto prodotto enologico che recitava “Te lo do io il pro memoria?”. Quando la customizzazione della bottiglia va oltre l’abbigliaggio comune – fatto di etichetta e capsula – per sfruttare la serigrafia e la colorazione del vetro, non occorre il pro memoria. Su questo P&P Promotion, azienda con sede a Costigliole d’Asti, ha molto da raccontare.
Una passione per la stampa, la meccanica e… gli acronimi
P&P Promotion nasce dalle intuizioni e dall’intraprendenza di Paolo Lorusso che, dopo alcune esperienze professionali maturate nel settore della litografia e come rappresentante di aziende di articoli promozionali, decide di proseguire su questa strada. Fonda così nel 1990 un’azienda propria, dedita alla personalizzazione di articoli promozionali, nella quale metterà a frutto tutte le sue passioni.
La prima, quella per gli acronimi: P&P sono le iniziali del suo nome di battesimo e di quello della moglie Paola, in azienda con lui sin dalla prima ora e oggi Responsabile Amministrativa.
La seconda, quella per la stampa. Paolo Lorusso vive e opera in una provincia e in una regione dove la produzione di vino rappresenta un’asse portante dell’economia. I suoi stessi amici sono in gran parte produttori vitivinicoli, coi quali ha modo di confrontarsi frequentemente. Convinto dell’importanza di personalizzare in modo distintivo il packaging, nel 1997 Lorusso inizia a serigrafare a caldo le bottiglie. Sarà solo in un secondo momento che arricchirà la sua offerta con un’altra invenzione geniale: la colorazione del vetro delle bottiglie con un metodo innovativo e brevettato, alternativo alla verniciatura.
La terza, quella per la meccanica. Gran parte delle macchine oggi impiegate in azienda sono state progettate da Paolo Lorusso e sono pertanto pezzi unici.
Stampare su vetro? Una follia!
Francesca Lorusso, figlia di Paolo e attualmente Responsabile Marketing di P&P Promotion, racconta con passione e ammirazione le avventure del padre che hanno condotto l’azienda a essere la realtà affermata e di successo che è oggi.
«Quando Paolo iniziò a proporre al mercato la stampa di decorazioni sulle bottiglie di vino, ricevette nella maggior parte dei casi manifestazioni di disinteresse e scetticismo. In un ambiente chiuso e tradizionalista come quello piemontese, stampare su vetro pareva una follia. Ma Paolo non si diede per vinto. E poiché la fortuna aiuta gli audaci, un giorno incontrò sul suo cammino un ingegnere a capo di una delle più note aziende produttrici di macchine per la serigrafia, che gli fece notare come, per stampare in serigrafia su vetro, fosse necessario avere non solo una macchina ma anche un forno. Detto fatto: l’ingegnere fornì a Paolo la macchina per serigrafare, Paolo acquistò un forno usato e avviò la produzione».
Alla prima cantina “cliente”, la produzione di bottiglie serigrafate fu proposta a titolo gratuito. Fu un successo quasi insperato: il produttore, abituato completare la vendita del vino dell’annata entro il dicembre dell’anno successivo, grazie al packaging innovativo svuotò la cantina già ad aprile.
La storia del brevetto CMCV
Ma il cammino di Paolo Lorusso sulla strada delle intuizioni sarebbe stato ancora lungo.
Agli inizi degli anni Duemila, un’azienda vitivinicola di Canelli commissionò alla P&P Promotion la serigrafia di una partita di bottiglie che erano state preventivamente satinate con un normale processo di verniciatura. Racconta ancora Francesca: «Paolo, convinto che le bottiglie fossero state sottoposte ad acidatura, dopo la stampa le trattò in forno ad alta temperatura. Ma con sua grande sorpresa, all’uscita le ritrovò completamente trasparenti, in quanto erano state verniciate».
Se la prima reazione fu di panico, immediatamente dopo Paolo cominciò la sua ricerca della soluzione. Mise le polveri risultanti dalla serigrafia in un mortaio e le ridusse a una granulometria sufficientemente fine da poterle spruzzare sulle bottiglie, passandole nuovamente in forno. «L’esperimento ovviamente non diede bottiglie identiche a quelle fornite dal cliente, ma certamente ottenute con una nuova e particolare tecnologia».
Lorusso, infatti, aveva messo a punto un metodo rivoluzionario per colorare le bottiglie in vetro, senza rendersene conto. Fu un amico che lavorava in vetreria a fargli notare che valeva la pena di brevettarlo.
Nacque così il brevetto CMCV, Cambio Molecolare del Colore del Vetro, che si basa sull’eliminazione di vernici, acidi e inchiostri dal processo di colorazione delle bottiglie, sostituiti da polvere di vetro colorata con l’aggiunta di sali minerali e addizionata di oli e resine che ne favoriscono la fusione. All’interno di appositi forni, la miscela viene spruzzata sulle bottiglie, il cui vetro, ad alte temperature, subisce una modifica a livello molecolare che gli consente di inglobare il colore. Una volta raffreddata la bottiglia, vetro e colorazione sono un tutt’uno, con risultati ineguagliabili in termini di resistenza a graffi e urti: una colorazione sostanzialmente indelebile.
«Siamo gli unici in Italia e in Europa in grado di eseguire questo tipo di lavorazione – spiega Francesca – applicabile a colorazioni opache coprenti, metallizzate, perlescenti e satinate ma non trasparenti extralucide, perché in questi casi bisognerebbe portare il forno a una temperatura tale da provocare la fusione della bottiglia».
Il processo CMCV prevede l’applicazione di temperature che vanno da 580 a 630 °C, raggiunte in maniera graduale, così come graduale è il raffreddamento, per evitare rotture delle bottiglie. Per far questo, vengono utilizzati tre forni della lunghezza di ben 50 metri, con bocche larghe 3 metri.