La sostenibilità di 32 Via dei Birrai

È il 2006 e i tre amici Loreno Michielin, Fabiano Toffoli e Alessandro Zilli discutono dei punti di forza e delle criticità del settore brassicolo italiano, accomunati e mossi dallo stesso desiderio: dare uno scossone al comparto, che amano profondamente, ma che non li convince. È il momento in cui la loro storia prende una piega diversa, inaspettata: tutti e tre insoddisfatti dei rispettivi impieghi professionali, decidono che è giunto il momento di fondare il loro birrificio, con la speranza di costruire una realtà di successo nel segno della determinazione e della testardaggine che contraddistingue la gente del Veneto.

Oggi 32 Via dei Birrai è una delle realtà brassicole più dinamiche e innovative d’Italia. «Sembrava un’impresa disperata, all’epoca, se non impossibile – raccontano –. La produzione della birra era ancora tutta un’improvvisazione: sorsi a caso! La birra, però, non perdona, soprattutto quella ad alta fermentazione, come la nostra: non si può incorrere in errori o scostamenti e un buon birrificio deve essere in grado di fornire uno standard, una costanza di qualità, poiché il sapore e la persistenza è bene si dimostrino gli stessi nel tempo, per non deludere il consumatore».

Approccio industriale, attenzione artigianale

Fondato il 26 giugno 2006 a Pederobba, in provincia di Treviso, il birrificio oggi conta uno stabilimento e – oltre ai soci fondatori – 7 dipendenti che realizzano una produzione annua di 350.000 bottiglie, suddivise in 8 referenze ed esportate per il 20% all’estero.

Il numero 32, racchiuso nella forma perfetta di un cerchio, è stato scelto dai titolari perché corrispondente alla classe di appartenenza della birra secondo la classificazione internazionale di Nizza, che indica e categorizza prodotti e servizi: in questo modo il brand è stato reso identificabile ovunque, riconoscibile in tutto il mondo.

Per catturare l’attenzione dei consumatori e distinguersi all’interno di un’offerta sterminata, inoltre, è stato necessario caratterizzarsi con un’identità forte: si è pensato, per questo, a contrassegnare ogni birra con una tinta diversa, un colore vivace e incisivo. «Un marketing geniale – conferma il mastro birraio, Fabiano Toffoli –. Tantissime aziende ci hanno emulato, in seguito, ma noi siamo stati i primi». Il packaging innovativo è scaturito quasi naturalmente, sull’onda del divertimento: «Proponiamo innumerevoli e coloratissime confezioni regalo, tutte da scoprire». Alla base del progetto, oltre al mantenimento di una costanza qualitativa nel tempo, l’approccio industriale nei confronti dei criteri di produzione e un’attenzione e una cura dei prodotti di stampo artigianale.

In produzione flessibilità, igiene, energia verde

La consuetudine, in azienda, è quella di realizzare tanti lotti da poche bottiglie ciascuno, in modo da essere flessibili e disporre sempre di prodotti freschi; generalmente si imbottiglia due giorni alla settimana.

La linea, da 1.200 bottiglie l’ora, progettata e installata dalla Covolan srl di Valdobbiadene (TV), si compone di una riempitrice Cimec 12 rubinetti a leggera depressione, tappatore raso e tappatore corona Arol, orientatore tappi di plastica Neri, lavasciuga Stentz, capsulatore Robino&Galandrino, etichettatrice Kosme, cartonatrice Mondo&Scaglione, generatore di vapore B.R.A. e nastri Tuper.

32 Via dei Birrai produce 350.000 bottiglie l’anno

«Relativamente alle scelte tecnologiche compiute, per noi era importante che l’impianto fosse facilmente igienizzabile – spiega Alessandro Zilli, Responsabile ricerca e sviluppo –, in particolar modo la riempitrice, ovvero la macchina più critica sia per la sua sanitizzazione che per l’ossidazione della birra. In secondo luogo, i macchinari dovevano essere sovradimensionati, per due motivi: per avere un margine di crescita in termini di numero di bottiglie realizzate e per far sì che i vari dispositivi non funzionassero sempre al massimo regime, evitando usure, rotture e consumi eccessivi».

Fin dall’inizio, infatti, il birrificio ha adottato un approccio sostenibile, a seconda delle sue possibilità economiche e delle proposte di mercato. «Siamo fortemente convinti che sia necessario operare secondo logiche ecocompatibili e per fare ciò interveniamo a vari livelli, per ridurre gli sprechi e ottimizzare i processi. Alla base c’è soprattutto una fortissima propensione alla ricerca, per migliorare costantemente, da una parte, la qualità delle birre e, dall’altra, per innovare il processo produttivo in ottica green. Dal 2015 utilizziamo solo energia certificata proveniente da fonti rinnovabili e, nel corso degli anni, nonostante il cambio dei fornitori, abbiamo sempre continuato a scegliere energia verde».

Risparmio idrico e riutilizzo del calore

Dal momento che per la produzione di birra è richiesta una grande quantità di acqua, la sala cottura è stata progettata per ridurne al minimo il consumo.

«Effettuiamo più cotte al giorno, in modo da recuperare l’acqua di raffreddamento del mosto e utilizzarla nella cotta successiva» chiarisce Zilli. La disinfezione dei fermentatori è eseguita con acqua ozonizzata, un metodo che presenta diversi vantaggi ed evita l’impiego di prodotti chimici, pericolosi da gestire per gli operatori, impattanti sull’ambiente durante la produzione e difficili da smaltire a fine utilizzo.

«L’acqua ozonizzata la produciamo internamente con uno speciale macchinario, senza rischi e senza nessun additivo chimico: a fine utilizzo non richiede lo smaltimento – è semplicemente acqua, si può bere – e il fermentatore non necessita di risciacquo, per ulteriore risparmio idrico. Per fornire un paio di dati oggettivi, per ogni litro di mosto prodotto consumiamo meno di 5 litri di acqua e negli ultimi anni le migliorie che abbiamo adottato hanno portato a una riduzione del 40% del consumo idrico. Fin dall’inizio, poi – prosegue Zilli –, le trebbie vengono conferite ad allevatori locali selezionati in qualità di alimento, mentre il lievito esausto, a fine fermentazione, è utilizzato da un salumificio della zona per gestire al meglio il depuratore interno». Com’è noto, la fermentazione alcolica sviluppa calore, il che richiede, per riuscire a mantenere la temperatura dei fermentatori costante, l’utilizzo di acqua glicolata raffreddata tramite un gruppo frigo. «Normalmente i frigoriferi rilasciano il calore accumulato dal glicole nell’aria, attraverso grandi ventilatori. Nel nostro caso, anni fa abbiamo acquistato un gruppo frigo che accumula il calore dell’acqua all’interno di un serbatoio e, grazie ad esso, abbiamo sempre a disposizione 3.600 litri di acqua calda a circa 45 °C, che usiamo abitualmente nella prima fase dell’ammostamento. Tutto questo calore è gratuito e ci viene gentilmente regalato dai nostri amati lieviti».

Questione di coscienza nel rispetto del pianeta

Nel 2014 il birrificio ha calcolato i propri Carbon e Water footprint, il che gli ha permesso di ragionare sull’attuazione di diverse migliorie arrivando al cambio del fornitore di bottiglie da 0,75 litri, che riesce a utilizzare una quantità più elevata di vetro riciclato e ha, a disposizione, propri centri di raccolta. Il fornitore in questione è Verallia, da sempre impegnata a soddisfare le istanze più attuali in termini di sostenibilità (recentemente una classifica dell’Istituto Tedesco Qualità e Finanza sulle aziende green l’ha collocata al terzo posto assoluto nel segmento “specialisti del packaging”). La bottiglia è divenuta così un oggetto comunicante, non solo per i valori del brand, ma anche per l’impegno ambientale dello stesso: sulla sua spalla è impresso il segno distintivo “glass hallmark”, che racchiude tutte le qualità del vetro, e a promuoverlo è stata nel 2020 la Feve, Federazione europea dei produttori di imballaggi in vetro. Uno sforzo collaborativo durato un anno tra industria, designer e consumatori ha portato a creare un simbolo riconoscibile “a colpo d’occhio”, rappresentativo delle qualità di un contenitore in vetro: sicurezza alimentare, sterilizzabilità, perfetta conservazione di liquidi e alimenti e possibilità di riciclo totale e infinito, senza alcuna perdita di qualità e senza rischi per la salute.

«Le emissioni di CO2 per la produzione del vetro sono state abbattute del 25% con questa bottiglia. Le persone sono sempre più sensibili all’ecosostenibilità dei prodotti che acquistano e crediamo che i nostri consumatori ci abbiano scelto anche per questa nostra attenzione all’ambiente. Pensiamo, tuttavia, che ci sia ancora molta strada da fare in termini di sensibilizzazione e, in ogni caso, per noi è principalmente una questione di coscienza nel rispetto del pianeta, che ci dona le materie prime per la produzione di questa antica bevanda».

Una politica completamente no waste

In quest’ottica, gli imballaggi e le confezioni standard sono stati resi completamente riciclabili e possono anche essere direttamente riutilizzati in qualità di oggetti d’arredo o per creare composizioni decorative. Dalle diverse scatole, infatti, si possono recuperare dischi in cartone reimpiegabili come sottobottiglie e sottobicchieri o, ispirandosi al “cartomeccano”, si può dar vita a forme fantasiose di decoro; le confezioni regalo in cartone riciclato – con maniglie in tessuto – sono invece immediatamente riusabili dal consumatore, perché veri e propri oggetti da collezione o da utilizzo quotidiano.

«C’è la confezione Animalaus che diventa una cuccia per animali di piccola taglia, e la Fustino 32, una pratica e coloratissima shopping bag, ma anche la Tappaglia Navale, che si trasforma nell’intramontabile gioco di divertimento da tavolo, la Loca, che diventa il campo per il gioco con i dadi, Trio, per il tris, e così via».

Persino i singoli tappi hanno un ruolo in questa politica totalmente no waste: innovativi, sono costruiti assemblando tre strutture di consistenza diversa e possono assolvere a diversi ruoli. Si possono riutilizzare, capovolgendoli, per ritappare la bottiglia, così che la birra rimanga gasata e mantenga inalterate le sue caratteristiche organolettiche e, sempre nell’ottica del riuso, sono tutti caratterizzati da una lettera stampata con inchiostro alimentare, il che li eleva a oggetti “must have” da collezione; a breve, il birrificio promette anche una nuova idea per farne portachiavi variopinti. Su tutte le bottiglie confezionate nel cartone riciclabile, infine, è presente un’etichetta, anch’essa riciclabile, che spiega passo passo dove smaltire le varie componenti della scatola.

Certificazioni: marchio di qualità costante

«Essere identificati dal nostro consumatore come un’azienda ecosostenibile è per noi, da sempre, il migliore riconoscimento possibile. Molte, in ogni caso, sono anche le attestazioni conquistate, come il bollino ISO 9001 di DNV, che assicura l’elevata qualità dell’iter aziendale in ogni divisione. E, ancora, la certificazione NO OGM, attestante la totale assenza di contaminazione da organismi genericamente modificati nelle materie prime, a partire dal luppolo di qualità altissima, grazie al quale, nel 2013, il nostro è stato il primo birrificio non belga a potersi fregiare del prestigioso riconoscimento Houblon Belge».

Dolomiti Energia garantisce poi, con un proprio specifico riconoscimento, che l’azienda sia 100% a energia pulita, proveniente da fonti rinnovabili, e che tutta questa filiera produttiva si basi su logiche ecocompatibili. A Pederobba sono pragmatici e preferiscono fornire una cifra: «Ci arriva un report annuale riportante quanta CO2 abbiamo evitato di emettere in atmosfera attraverso l’utilizzo di sola energia verde: ad oggi siamo sulle 27-28 tonnellate all’anno». Il bollino Itpi (Istituto tutela produttori italiani) acclara, inoltre, che la produzione sia completamente realizzata in Italia, per una qualità superiore e controllata, e ulteriore motivo di orgoglio è la certificazione Slow Brewing, ente certificatore tedesco che seleziona in maniera indipendente birrifici accomunati dalla passione per l’alta qualità: «Siamo stati i primi in Italia ad averla ottenuta: ci hanno scelti perché offriamo una garanzia qualitativa costante, oltre che per l’utilizzo di pregiate materie prime e per il rispetto di parametri microbiologici molto rigidi».

Trasmettere al consumatore il valore aggiunto

Per i prossimi anni i tre amici e titolari hanno diverse idee in serbo, anche in ottica sostenibile: dalla realizzazione di impianti a pannelli solari termici e fotovoltaici, per un ulteriore approvvigionamento energetico, all’installazione di un generatore ad hoc per la detersione dell’impianto di produzione a partire da sale da cucina, oltre che di un bioreattore per la produzione di gas metano impiegante le trebbie; si prevede, poi, di ridurre ancora la plastica, tramite impiego di tappi specifici in bioplastica, e di conseguire la certificazione biologica di altre birre della linea convenzionale oltre ad Audace, l’unica, finora, ad aver ottenuto il bollino bio. «Da anni il nostro birrificio porta avanti politiche di risparmio energetico, riciclo, riutilizzo e attenzione all’ambiente – concludono in 32 Via dei Birrai –: uno sforzo costante e convinto che, rispetto ai concorrenti, ci risulta senza precedenti. Il nostro compito, per competere con successo e al meglio in questo settore, è quello di mantenere la costanza qualitativa che ci contraddistingue facendo percepire al consumatore finale il reale valore aggiunto delle nostre birre. Punteremo sempre, inoltre, sulla formazione dei collaboratori e sull’incremento dell’export e tenteremo di accrescere il progetto di “birraturismo” e il numero di visite presso il nostro stabilimento, per confrontarci direttamente con il consumatore finale».