Consorzio Vini di Romagna: in prima linea per crescere

“Uomini e donne tenaci, a prima vista focosi o addirittura irruenti, ma estremamente buoni e cortesi, con un innato culto dell’ospitalità”: è un ritratto sincero e autentico, quello che Roberto Monti, Presidente del Consorzio Vini di Romagna, fa della sua gente. Il valore più importante del territorio – sostiene – sono proprio le persone, alle quali si affiancano un paesaggio incantevole, con rocche e borghi che vanno dal mare fino all’alta collina, e luoghi ricchi di tradizioni e di specialità gastronomiche indimenticabili. È questo il contesto in cui nascono i vini romagnoli, che ben riflettono il carattere di chi li produce e l’areale da cui hanno origine.

Roberto Monti, Presidente Consorzio Vini di Romagna

Nato nel 1962 da un gruppo di aziende vitivinicole, cantine cooperative e imbottigliatori per tutelare le produzioni di vini a Denominazione d’origine protetta e a Indicazione geografica protetta della Romagna, il Consorzio Vini di Romagna è una realtà associativa che oggi riunisce 120 aziende, di cui 8 cantine cooperative, 5 imbottigliatori e 107 aziende vitivinicole di varie dimensioni. Nel 2022 i soci – selezionati sulla base dei requisiti di onorabilità dei richiedenti e dell’adeguatezza delle produzioni – hanno prodotto quasi 11,5 milioni di bottiglie designate con la DOP Romagna, a cui si aggiungono gli imbottigliamenti delle altre DOP – Rimini, Colli Faenza, Colli Imola e Colli Romagna Centrale – per un totale di 14 milioni di bottiglie di DOP tra soci e non soci; a queste si affiancano gli imbottigliamenti delle denominazioni a IGP, che nel 2022, fra soci e non soci del Consorzio, hanno totalizzato 89 milioni di bottiglie. Circa il 30% dell’imbottigliato è destinato, attualmente, ai mercati esteri.

Ricercare sempre la massima condivisione

«Da sempre il Consorzio opera per sostenere e promuovere la qualità dei vini, l’equilibrio dei prezzi e la valorizzazione dei prodotti e del territorio romagnolo – racconta Monti –. La sua attività si è molto ampliata nel corso del tempo e il numero delle cantine associate è cresciuto sensibilmente. Oggi il nostro Ente è protagonista della crescita enologica della Romagna, la quale, soprattutto negli ultimi anni, ha raggiunto livelli di eccellenza qualitativa importanti, con riconoscimenti suffragati da menzioni e premi in selezioni nazionali e internazionali. La DOP è un prerequisito per lo sviluppo di produzioni e territori, ma è errato considerarla come un trampolino per le vendite: seppur inizialmente le DOP assicurassero un vantaggio competitivo, infatti, oggi esse rappresentano solo un presupposto, il punto da cui partire per lavorare fortemente sulla valorizzazione. Sono le imprese, affiancate e coadiuvate dal Consorzio, a doversi impegnare nella comunicazione dei vini, del territorio, dei loro valori fondanti».

Nominato Presidente il 29 marzo 2023, in occasione del rinnovo delle cariche sociali, Monti finora si è dedicato a portare avanti con puntualità le attività già definite e programmate; bisognerà attendere per valutarne i risultati e per stabilire nuove azioni e progetti, come afferma lui stesso. «Questo ruolo è per me è un’esperienza del tutto nuova. Nella mia vita professionale ho svolto mansioni di Responsabile tecnico e di Direttore generale per un’importante Cantina cooperativa della Romagna e sono sempre stato abituato ad avere molta autonomia decisionale. All’interno di una realtà consortile, invece, bisogna ricercare sempre la massima condivisione, dal momento che la base sociale è molto eterogenea e può manifestare interessi diversi. Mi auguro che ciò che ho vissuto precedentemente nel settore vitivinicolo possa essermi di aiuto in questo nuovo incarico, nonostante la diversità del ruolo che oggi mi ritrovo a ricoprire».

Albana DOCG e Romagna DOP Sangiovese

Tutelando il Consorzio tutte le DOP e IGP romagnole, esso abbraccia produzioni quali il Romagna Albana DOCG, il Romagna DOP in tutte le sue declinazioni – con i diversi vitigni e più specificazioni, comprese le sottozone –, il Rimini DOP, le varie DOP dei Colli, Faenza, Imola e Romagna Centrale e le varie IGP, Rubicone, Forlì, Ravenna e Sillaro.

«Senza nulla togliere a tutte le altre tipologie e categorie – specifica il Presidente –, i prodotti più significativi sono senza dubbio il Romagna Albana DOCG nelle sue varianti – fra le quali il secco, che in questi ultimi anni sta registrando ottime performance – e il Romagna DOP Sangiovese nelle molteplici classificazioni contemplate dal disciplinare».

Romagna Sangiovese e Romagna Sangiovese Superiore rappresentano la quota preponderante delle bottiglie, mentre il Romagna Sangiovese Sottozona è l’evoluzione della Denominazione verso un rafforzamento del legame vitigno-territorio-vino, con l’intento di dare risalto alle specificità che caratterizzano la collina romagnola, molto variegata e differenziata negli aspetti pedologici, ambientali e climatici.

Ci sono, poi, anche un paio di prodotti emergenti: il Romagna Sangiovese Appassimento – inserito nel disciplinare nel 2016 DOPo alcune vendemmie di sperimentazione in cantina per coprire le aree di mercato interessate a questo tipo di prodotti –, che sta registrando riscontri molto positivi e ha già raggiunto la quota di circa 700mila bottiglie/anno; il Romagna Spumante bianco e rosato Novebolle, inserito nel disciplinare nel 2018. Quest’ultimo, derivante dalla vinificazione di uve Trebbiano e Sangiovese, riprende una tradizione spumantistica romagnola di inizio ‘900, quando diverse aziende del territorio producevano importanti quantitativi di spumante che venivano distribuiti in Italia e all’estero.

Obiettivo: valorizzazione delle sottozone

Tra i progetti recenti più significativi messi in atto dal Consorzio c’è quello dedicato alla valorizzazione specifica delle sottozone, che è stato chiamato “Rocche di Romagna”, divenuto marchio collettivo a partire dallo scorso anno. La decisione è scaturita dalla volontà di dare una più chiara identità alle 16 sottozone vocate alla produzione della DOP Romagna Sangiovese – spiega Monti –: di queste, 12 sono nate nel 2011 e le altre 4 si sono aggiunte nel 2022. Si è fatto ricorso al termine “rocche” perché nel territorio romagnolo questo tipo di costruzioni fortificate, dense di valori storici e iconici, sono molto diffuse e in ogni sottozona ne troviamo almeno una; nella sottozona Predappio ne troviamo addirittura tre». La rocca è divenuta così il segno distintivo delle sottozone nella loro differenza e interezza, simbolo della ricchezza, della cultura e delle incredibili sfumature di ogni terroir. Per la realizzazione del logo ci si è ispirati a un mosaico: un fregio con cuspidi in oro, frammento di una decorazione del Mausoleo di Galla Placidia a Ravenna.

«Si è voluta rimarcare l’importanza dell’arte musiva regionale ed evidenziare che le aree di produzione delle 16 sottozone tappezzano la fascia collinare della Romagna a sud della via Emilia, da Rimini fino a Castel San Pietro, proprio come le tessere di un mosaico. Il marchio è stato lanciato a settembre 2022 e, nonostante in questo stadio iniziale i riscontri commerciali non siano ancora significativi, siamo davvero orgogliosi del progetto. Tra le mie soddisfazioni più grandi c’è quella di osservare oggi una Romagna che è cresciuta nella qualità dei vini. Ho ben presente com’era la Romagna vitivinicola quando ho iniziato la mia attività, oltre 40 anni fa: sono stati fatti importanti passi avanti da parte di tutti i produttori, grandi e piccoli».

Affermare gli emergenti in quantità e valore

È la Commissione Valorizzazione in seno al Consorzio, composta da soci e consiglieri, a elaborare e pianificare le attività e i progetti di comunicazione e marketing dell’Ente. Al momento si sta valutando una rivisitazione delle attività svolte nel 2022 e nel 2023, poi, compatibilmente con le disponibilità finanziarie, verranno valutate nuove iniziative.

«Ritengo che il Consorzio, in questi ultimi 20 anni, abbia fatto un buon lavoro di comunicazione e promozione, organizzando, nei limiti consentiti dalle proprie disponibilità finanziarie, eventi interessanti sia sul territorio nazionale che all’estero – chiosa Monti –. Di pari passo, è sempre stata portata avanti l’evoluzione dei disciplinari di produzione e delle tipologie prodotto, al fine di orientare al meglio la produzione verso le esigenze del mercato italiano ed estero. Per il futuro ritengo opportuno portare avanti le iniziative già intraprese nei mandati precedenti con l’obiettivo di concretizzare i risultati attesi, ma bisognerà anche porsi delle domande e stimolare momenti di confronto fra i produttori sulla qualità dei vini, perché i mercati cambiano e i gusti dei consumatori si evolvono. Oggi di vini buoni ce ne sono tanti, ma non basta: per avere successo, le nostre referenze devono in qualche modo intrigare il consumatore grazie a specifiche caratteristiche organolettiche, alla piacevolezza, allo storytelling. È quindi necessario continuare a lavorare per migliorare e allineare le caratteristiche dei vini ai gusti dei fruitori, soprattutto di quelli nuovi e potenziali: è indispensabile catturare la loro attenzione. Nel breve e medio periodo, quindi nel corso del mio mandato di Presidente , concretizzeremo l’affermazione dei vini romagnoli emergenti, come i Sangiovesi Sottozona, il Sangiovese Appassimento, gli Spumanti Novebolle, l’Albana secco e i vari bianchi locali, come il Famoso e la Rebola. Constatare non solo un consolidamento, ma anche un incremento del numero di bottiglie e del valore delle suddette tipologie, sarebbe poi una bellissima soddisfazione…».