La Vecchia Orsa, una “birra sociale artigianale”

La produttività (o redditività che dir si voglia) del Birrificio Vecchia Orsa di San Giovanni in Persiceto, a pochi chilometri da Bologna, non va misurata solamente nei suoi 820 ettolitri all’anno di birra, nelle sue 55.000 bottiglie o nella sua dozzina di stili. Perché il suo è un progetto di ben più ampio respiro. Come ci racconta Martino Piccoli, responsabile commerciale del birrificio: «Il Birrificio Vecchia Orsa nasce nel 2007 dall’idea di Enrico, l’attuale mastro birraio, che insieme a due soci decise di creare un’impresa sociale per l’impiego di ragazzi con disabilità. Inizialmente nacque come progetto di pet therapy, fino ad evolversi in birrificio solamente pochi mesi dopo. Oggi il Birrificio Vecchia Orsa è un progetto di Arca di Noè Cooperativa Sociale, in cui lavorano una decina di persone. Insieme promuoviamo un’idea di società inclusiva, dove il lavoro rappresenta un’opportunità di realizzazione e partecipazione alla vita sociale. L’inserimento lavorativo ha l’obiettivo di favorire l’accesso al mercato del lavoro e garantire un’occupazione dignitosa alle persone a rischio di esclusione, con disabilità o fragilità, con la possibilità di autodeterminazione per le persone e di sviluppo per la società. Da questo concept nasce il nostro payoff: “Birra Sociale Artigianale”».

La produzione

«Il Birrificio Vecchia Orsa produce annualmente attorno agli 820 ettolitri di birra. Parliamo di circa 55.000 bottiglie nel formato da 33 centilitri e per il resto di sfuso che vendiamo in fusti del formato da 24 litri. Produciamo 12 stili di birra artigianale: Aurora, Biolca, Incipit, Ideale Sour, Utopia, Sbarbina, Rajah, Fabula, Spacca, Orsa d’Aria, Rye Charles, Tenebra. Sono tutte birre ad alta fermentazione, che variano tra stili belga, tedeschi, inglesi e strizzano l’occhio anche agli Usa. Quanto alle vendite, non facciamo export e circa l’8% della nostra produzione è effettuata conto terzi. Principalmente abbiamo tre canali di vendita: il primo è quello dell’Ho.Re.Ca. Qui lavoriamo in tutta Italia, il marchio è cresciuto molto negli ultimi anni e siamo arrivati ad avere collaboratori che somministrano la nostra birra in ogni regione d’Italia. Il secondo canale è quello della vendita al dettaglio: abbiamo un brewpub direttamente con vista sull’impianto di produzione a San Giovanni in Persiceto, in provincia di Bologna, dove somministriamo tutte le nostre birre e dove è possibile anche mangiare. E poi gestiamo anche due locali nella Città metropolitana di Bologna: uno stagionale estivo che si chiama Fuori Orsa DLF e, da gennaio di quest’anno, ne abbiamo aperto un altro, il Fuori Orsa Moline, in pieno centro storico, che rimane aperto tutto l’anno. Il terzo canale è quello dell’e-commerce».

Martino Piccoli

«Attualmente siamo in uno stabilimento a San Giovanni in Persiceto – prosegue Martino –. Si tratta di una superficie di circa 400 metri quadrati, in cui lavoriamo le nostre birre per mezzo di cinque serbatoi da 20 ettolitri ciascuno e un serbatoio da 30 ettolitri. In questa stessa sede è presente il brewpub “a metri zero” dove facciamo mescita di tutte le nostre birre accompagnate da qualche piatto del territorio. Abbiamo due celle frigorifere dove effettuiamo lo stoccaggio dei fusti e delle bottiglie e una cella calda dove mettiamo a fermentare le birre. L’impianto di produzione del mosto è della Eurogroup di Feltre. Il nostro impianto è un prototipo pilota per l’industria da 10 ettolitri a cotta, molta manualità e tanta versatilità. La cantina è composta da sei tank: tre tank da 20 ettolitri di L.A. Inox, un tank da 30 ettolitri della Soci’s e due tank da 20 ettolitri isobarici della Enobeer. A questi si aggiunge un tino miscelatore da 37 ettolitri. Con l’arrivo di un nuovo luppolatore, dallo scorso anno abbiamo iniziato a produrre anche qualche birra one-shot, creando delle varianti di alcune birre e andando a realizzare un prodotto nuovo e speciale, disponibile in edizione limitata. Il successo è stato inaspettato, tanto che quest’anno certamente ci divertiremo a crearne altre. Abbiamo anche acquistato due nuovi fermentatori isobarici, che ci permetteranno, magari già a partire da quest’anno, di realizzare anche qualche birra a bassa fermentazione. Sarebbe un bel risultato per il Birrificio Vecchia Orsa!».

L’imbottigliamento

«Dopo diversi anni e a seguito dell’aumento dei volumi di confezionamento abbiamo compreso che dovevamo pensare a un nuovo impianto di imbottigliamento, che era venuto il tempo di ripensare a una manualità diversa da come l’avevamo sempre considerata, una manualità non più quantitativa – dove a più bottiglie sarebbero corrisposte più persone impiegate – ma in un’ottica qualitativa maggiormente sostenibile per lavoro e prodotto, e quindi basata su tecnologie affidabili e sicure che permettessero alle nostre squadre di gestire in maniera autonoma la fase del confezionamento. Per questo motivo passeremo a un monoblocco riempi-tappa, possibilmente isobarico con cui contiamo di poter imbottigliare circa 1200 bottiglie da 33 centilitri all’ora. Al momento ancora non produciamo lattine e queste non rientrano nei progetti futuri per due motivi principali: il primo è che abbiamo scelto di non automatizzare completamente alcuni passaggi della filiera produttiva proprio per dare la possibilità ai nostri ragazzi con disabilità di prender parte al processo, essendo il progetto sociale l’obiettivo della nostra impresa. Il secondo motivo è che i nostri rivenditori Ho.Re.Ca si posizionano in un target medio alto come ristoranti e osterie stellate, e quindi preferiscono la somministrazione in bottiglia, che risulta più elegante in quei contesti. Sarebbe quindi controproducente per noi variare la nostra offerta in tal senso».

Grafica e packaging

«Sulle etichette abbiamo fatto un grande lavoro di restyling due anni fa – conclude Martino -. Avevamo sin dall’inizio delle belle etichette, colorate e con disegni di vari autori e autrici, coordinati dall’ideatore di tutto il visual del birrificio, lo Studio Grafico Andrea Niccolai Illustrator. Avevamo però bisogno di uniformarle ulteriormente per rafforzarne l’identità e l’appartenenza, come a dire a prima vista “siamo questi”. Così abbiamo puntato, nel fronte etichetta, sulla circolarità del logo: il nome della birra e il suo stile sono posizionati come perimetro del logo centrale, per dare continuità di forma. Rimaneva la parte illustrata, che non volevamo eliminare, ma che anzi andava risaltata. Quei disegni erano, sono e saranno i tratti distintivi delle nostre etichette. Così li abbiamo modernizzati e adattati, uno ad uno, per ciascuna etichetta. Sull’altra ala dell’etichetta invece, viene riportata la descrizione del nostro birrificio e per ogni birra, ci tengo davvero a sottolinearlo, c’è una piccola storiella che fa riferimento o al nome della birra oppure a un qualche aneddoto legato ad essa. Sul nostro sito stiamo anche pubblicando i racconti del birraio, per raccontare a tutti come nasce ognuna delle nostre birre».