Birra e allergeni: fonti, contaminazioni, normativa e incertezze

L’elenco più completo degli allergeni alimentari, con diretta ricaduta sull’etichettatura degli alimenti e delle bevande, è quello applicato dall’Unione Europea secondo quanto sancito dal Regolamento UE 1169/2011 e integrato dal Reg. UE 382/2021. Gli allergeni individuati sono complessivamente 14: cereali contenenti glutine, crostacei e derivati, uova e derivati, pesce e derivati, arachidi e derivati, soia e derivati, latte e derivati, frutta a guscio, sedano e derivati, senape e derivati, sesamo e derivati, anidride solforosa e solfiti in concentrazione superiore a 10 mg kg-1 o mg L-1, lupini e derivati, molluschi e derivati. Tuttavia, non tutte le categorie di alimenti o gli ingredienti elencati, come il solfito e il lattoso, sono considerati allergeni in senso stretto, ma comunque causano intolleranza o reazioni irritative, che causano disagio nei soggetti sensibili.

si richiede un’attenzione e un aggiornamento costante di tutti gli operatori della filiera brassicola

Ogni operatore del settore alimentare ha l’obbligo di fornire in modo chiaro e sicuro tutte le indicazioni necessarie sui potenziali ingredienti dannosi per i soggetti affetti da allergie, indipendentemente dalle quantità. Queste prescrizioni sono valide anche per i produttori di birra: il glutine è l’allergene evidentemente più comunemente associato alla bevanda. È necessario però considerare che sia nella produzione di birre di tipo industriale, sia artigianale il rischio di presenza di allergeni legati all’impiego di ingredienti consapevolmente utilizzati in ricetta, oppure come sub-ingredienti di semilavorati, ma anche in funzione del ricorso ad additivi di processo o contaminazioni crociate è un’eventualità da prendere in seria considerazione.

Glutine

L’allergene più comune e più difficile da evitare associato alla birra è il glutine, in quanto è contenuto in tutti i più comuni cereali vernini impiegati in brassatura, tra cui l’orzo. Il termine glutine è correttamente associato alle specifiche proteine del frumento, mentre le proteine degli altri cereali, seppur con reattività allergenica simile, hanno nomenclature e strutture diverse. Il glutine di frumento è una miscela di molte proteine differenti, che possono essere classificate come glutenine e gliadine. Le gliadine sono prevalentemente prolamine e costituiscono circa il 70% del glutine. Frazioni di prolamina simili si trovano anche nell’orzo (ordeina) e segale (secalina). Le gliadine da frumento, orzo e segale non sono identiche, ma condividono tutte una sequenza amminoacidica simile responsabile della celiachia. L’avena non contiene glutine; tuttavia, poiché la coltivazione e la commercializzazione della granella di avena è certamente inserita in un contesto di colture cerealicole miste, è quasi impossibile escludere il rischio di contaminazione crociata.

In linea di massima ci sono due approcci alternativi per produrre la birra senza glutine. Il metodo più consolidato storicamente è la brassatura di bevande surrogate della birra, impiegando esclusivamente cereali e pseudocereali che non contengono glutine. Va notato, comunque, che grano saraceno, sorgo e miglio sono in grado di provocare anafilassi in soggetti sensibili, il che implica che una birra con assenza di glutine non risulta priva di rischi allergenici. Altre soluzioni più tecnologiche consentono di produrre birre senza livelli rilevabili di glutine o con tenori al di sotto della soglia di etichettatura di 20 ppm, anche partendo da malto e cereali vernini. Il metodo più semplice consiste nell’utilizzare un metodo di diluizione, in cui la presenza di malto di orzo è ridotta al minimo attraverso l’inclusione di cereali aggiuntivi privi di glutine in mash, come il mais o riso, o mediante l’aggiunta di derivati raffinati di cereali glutinici (saccarosio, sciroppi di glucosio e maltodestrine) per i quali è stato riconosciuto che nei processi di produzione gli epitopi vengono distrutti o rimossi.

Un’altra tecnica consiste nell’estensione delle varie fasi di brassatura, secondo protocolli specificatamente finalizzati a deglutinare il mosto originale.  Dalla bibliografia si rileva, infatti, che l’ammostamento con soste ottimizzate e la combinazione con appositi sistemi di filtrazione è un approccio sufficiente a determinare una riduzione del 50% del glutine rilevabile; inoltre l’idonea gestione della fermentazione e della successiva maturazione possono consentire un ulteriore abbattimento dei tenori a concentrazioni inferiori a 20 ppm.

l’attenzione agli allergeni deve comprendere anche tutti gli step che a monte si occupano della trasformazione e della logistica degli ingredienti

Altra opzione consiste nell’impiegare una fase di deglutinizzazione utilizzando una propilendopeptidasi esogena altamente attiva nei confronti del glutine. Il preparato enzimatico è commercializzato in forma pura o di miscele enzimatiche miste, appositamente studiate per aumentare l’efficace di trattamento nel processo di produzione della birra.

Pesce e derivati

La presenza di allergeni assimilabili a derivati ittici è correlato nell’industria della birra all’utilizzo di additivi e coadiuvanti. Tra questi, il più diffuso è la colla di pesce, ovvero una forma purificata di collagene derivata dalle vesciche natatorie dei pesci. L’aggiunta di tali preparati tecnologici può avvenire nella birra appena fermentata verso la fine della fermentazione primaria per favorire la rimozione dei lieviti, oppure, previamente alla rifermentazione nel contenitore di condizionamento per facilitare l’illimpidimento. Con la Direttiva della Commissione 2007/68/CE, il legislatore comunitario ha stabilito un’eccezione permanente in merito all’obbligatorietà di indicazione in etichettatura della gelatina di pesce e della colla di pesce se utilizzate limitatamente come agente chiarificante in birra e vino. Tuttavia, a livello produttivo si continua a perseguire la sostituzione della colla di pesce nella produzione delle bevande alcoliche con prodotti equivalenti derivati da collagene aviario e bovino o da matrici vegetali e minerali.

Molluschi, crostacei e derivati

La risposta allergica correlata ai molluschi è prevalentemente dovuta alla tropomiosina. Sono disponibili ampie informazioni storiche e tecniche che descrivono l’impiego di ostriche nelle oyster stout, seppur con importanti variabili di utilizzo in brassatura. L’aggiunta può avvenire in forma di gusci di ostriche al mash, come uso di polpa o estratto di ostrica al mosto, in fermentazione o nella birra finita. Oltre alle tradizionali oyster stout, si è rilevato a livello commerciale l’utilizzo nella produzione di birre speciali di ingredienti afferenti ai molluschi quali abalone, telline, cozze e nero di seppia. Ovviamente tutte queste materie prime e derivati sono da considerarsi allergeni afferenti alla categoria analizzata.

Similmente ai molluschi, il principale allergene correlato ai crostacei è la tropomiosina. L’impiego di crostacei nella produzione della birra è rara: a livello commerciale si annoverano solo alcune referenze aggiunte di aragoste intere o dei soli gusci.

Latte e derivati

Le allergie al latte sono talvolta confuse con l’intolleranza al latte, quest’ultima più comune, seppur più blanda. Contrariamente all’allergia, l’intolleranza al latte è infatti una risposta non immunologica, che causa disturbi della digestione, dell’assorbimento o del metabolismo. Un comune esempio è il malassorbimento del lattosio, che è classificato come una malattia metabolica. Gli allergeni del latte sono rappresentati da un gran numero di proteine differenti: tra queste, cinque sono importanti complessi della caseina e quattro afferiscono alle componenti del siero. Per quanto riguarda l’uso del latte in brassatura, fu concesso un primo brevetto per la produzione di una bevanda contenente malto, siero di latte e luppolo, ma non si hanno informazioni dirette in merito all’applicazione di latte tal quale nella produzione di birra.

Alcuni coadiuvanti alimentari derivati dal latte, in particolare costituiti da caseine, possono essere impiegati come mezzo tecnologico per favorire la filtrazione e l’illimpidimento: anche in questo caso è necessario tenere conto dei potenziali residui, anche in tracce, a seguito delle operazioni di lavorazione.

Esistono, invece, numerose referenze commerciali realizzate con siero di latte o lattoso, tra cui le milk stout, dove la tipica astringenza è mascherata dalla dolcezza del lattoso non fermentabile contenuto nel siero o addizionato tal quale.

Ad oggi, non sono stati segnalati casi di reazioni allergiche legate al latte e derivati a seguito del consumo di birra.

Uova e derivati

La risposta allergica all’uovo è dovuta alle proteine presenti nell’albume e nel tuorlo. Nelle bevande fermentate l’impiego di albumina d’uovo è un metodo di chiarifica tradizionale per abbattere, in particolare, le componenti polifenoliche e tanniche. L’ albume d’uovo idrolizzato è addizionabile per aumentare la componente polipeptidica nelle birre con insufficienti dotazioni di proteine della schiuma, tuttavia l’impiego in brassatura risulta una pratica estremamente poco diffusa.

Frutta a guscio

Svariati semi di alberi e arbusti contengono proteine allergeniche che, in funzione della loro similarità, hanno un elevato grado di cross-reattività, indipendentemente dalla specie vegetale considerata. L’impiego di questi ingredienti è tipico di alcune birre, soprattutto scure, quali stout e porter, nelle quali possono essere impiegate, seppur in dosi molto limitate con funzione aromatizzante. Afferiscono a questa categoria di allergeni molti prodotti, come semi di arachide, sesamo, mandorle, nocciole, noci, noci pecan, noci di macadamia, anacardi, pinoli.

Sedano, legumi e derivati

Sia il sedano che il sedano rapa possono causare reazioni allergiche in individui sensibili. Tradizionalmente, il sedano non è stato utilizzato come ingrediente nella produzione della birra; tuttavia, il rapido sviluppo di nuove ricette nel contesto della birra artigianale ha visto numerose referenze con il sedano impiegato come aromatizzante, soprattutto nella brassatura di stili sour e gose.

Alla senape appartengono Brassica juncea e Sinapis alba, i cui principali allergeni sono contenuti nei semi. L’uso della senape nella produzione della birra è raro, anche se sono conosciute almeno due referenze commerciali di birra artigianale, realizzate da altrettanti birrifici, che usano i semi di tale essenza come ingrediente.

Ai legumi afferiscono diverse specie allergeniche. Le arachidi sono molto simili sotto questo profilo alla frutta a guscio e contribuiscono a una reattività crociata molto ampia per quanto riguarda le risposte allergizzanti. Le arachidi sono state incluse in ricette per la produzione di birre scure, come brown ale, stout e porter, sia nell’ambito di produzioni artigianali, sia industriali. L’uso del lupino come ingrediente nella produzione della birra è estremamente raro, tuttavia, risulta impiegato nella brassatura di almeno una referenza commerciale.  Anche la birra prodotta con la soia è poco diffusa: si è riscontrato che ingredienti derivati da questo legume sono presenti sul mercato giapponese, sia come referenze proposte dall’artigianato, sia dall’industria.

Diossido di zolfo

Il diossido di zolfo è specificamente elencato nella direttiva 2003/89/CE e deve essere identificato quando viene utilizzato come ingrediente a concentrazioni superiori a 10 mg L-1. Nella birra tale additivo viene occasionalmente aggiunto per agire come antiossidante per eliminare i composti ossidativi, che potrebbero potenzialmente portare alla formazione di off-flavour. Da prendere in considerazione anche il rischio di neoformazione di diossido di zolfo a seguito dell’attività fermentativa, seppur in tenori estremamente limitati.

Sostanze allergeniche non normate

Altri allergeni potenziali, seppur non considerati specificatamente dall’attuale normativa comunitaria, sono le spezie come il coriandolo (semi o radici), i grani di pepe, il cumino, l’anice, il finocchio e il fieno greco. Tutte queste essenze hanno dimostrato di causare reazioni allergiche in soggetti sensibili. Inoltre, è stato dimostrato che un’ampia gamma di frutti e ortaggi, quali mele, prugne, ciliegie, mango, banane, ananas e pomodori, talvolta impiegati in brassatura, possono provocare reazioni allergiche.

Contaminazione crociata

Come evidenziato, sebbene la bibliografia evidenzi una serie di allergeni intrinsecamente associati alla birra o a particolari stili, come il glutine o la frutta a guscio, sono presenti anche numerosi altri composti allergenici che non fanno parte degli ingredienti ordinari impiegati in brassatura, ma che possono entrare in contatto con la bevanda. Per questo, durante tutte le fasi della filiera della produzione, è imperativo che tutti gli operatori coinvolti prendano precauzioni efficaci per evitare possibili contaminazioni crociate. Senza un approccio rigoroso alla segregazione delle materie prime, dei semilavorati e alla pulizia orientata agli allergeni, il rischio di contaminazione crociata o inconsapevolmente avvenuta può portare a rischi per la salute del consumatore. L’attenzione al tema degli allergeni deve, quindi, comprendere non solo la mera fase di lavorazione in birrificio, ma anche tutti gli step che a monte si occupano della trasformazione e della logistica degli ingredienti, con particolare riferimento alle commodities cerealicole, per le quali il rischio di commistione con altre specie vegetali è maggiore.

La stragrande maggioranza degli allergeni è di natura proteica, il che significa che un lavaggio standard di natura alcalina e acida con CIP molto probabilmente è sufficiente a distruggere e rimuovere la maggior parte degli allergeni residuati negli impianti. Alcuni allergeni, però, sono associati a ingredienti ad alto contenuto lipidico, come nel caso di frutta a guscio, arachidi e sesamo. Una pulizia standard potrebbe non essere sufficiente per rimuovere tutte le tracce di allergeni associati a questi ingredienti. Anche il processo di fermentazione può depositare una vasta gamma di substrati ricchi di proteine, zuccheri e residui cerosi di luppolo, costituendo biofilm difficilmente rimuovibile con i sistemi CIP standard. Per il lavaggio degli impianti dedicati a queste lavorazioni è utile ricorre all’impiego di enzimi proteolitici ad ampio spettro, che contribuiscono a rimuovere le incrostazioni nelle porzioni degli impianti più difficilmente sanificabili. Risulta, comunque, necessario procedere alla verifica dei protocolli di pulizia con un adeguato approccio analitico, tenendo conto delle specifiche peculiarità del prodotto birra, degli impianti utilizzati e delle ricette brassate.

Un approccio sensato e pratico per applicare efficientemente ed efficacemente le fasi di pulizia appropriate in uno specifico impianto dedicato a più lotti di birra, consiste nel lavorare la birra con l’allergene atipico verso la fine del ciclo di lavoro, quando tutte le altre birre prive di quell’allergene sono già state lavorate. In questo modo si riducono drasticamente i rischi di contaminazione crociata. Questa considerazione vale in modo specifico per il settore in forte espansione delle birre senza glutine che, in genere, vengono prodotte con i medesimi impianti produttivi delle analoghe non deglutinate.

Sebbene l’UE abbia definito l’elenco più ampio di allergeni per quanto riguarda l’obbligo di etichettatura, altri paesi hanno predisposto elenchi altrettanto dettagliati e occasionalmente con allergeni alternativi per i quali è richiesta l’inclusione obbligatoria in etichetta. Pertanto, particolare attenzione va posta dai produttori di birra anche in funzione della commercializzazione del prodotto in paesi terzi, in modo da assolvere in modo adeguato agli obblighi cogenti di presentazione del prodotto ai consumatori.

Da non sottovalutare, inoltre, come gli stessi allergeni possano rappresentare anche un rischio per gli operatori del settore brassicolo, che sopportano un’esposizione persistente a tali composti senza necessariamente consumare la bevanda.

Il benessere dei consumatori in relazione al contenuto di allergeni resta argomento di studio e dibattito scientifico e politico e, stante la periodica evoluzione delle conoscenze e della normativa, si richiede un’attenzione e un aggiornamento costanti di tutti gli operatori della filiera brassicola, soprattutto in un contesto innovativo, dinamico e globalizzato come risulta oggi essere quello delle birre craft e industriali. Tali considerazioni sono fondamentali al fine di tutelare la salute dei consumatori e degli operatori del settore, ma anche per salvaguardare le imprese dall’errata gestione degli allergeni, che può determinare costi potenziali sia in termini di ritiro dal mercato del prodotto, sia a livello pecuniario e di immagine del brand.