Nel mondo della craft beer italiana, certamente molto più che in altre filiere produttive, si incontrano tante storie fatte di viaggi, incontri, coincidenze, aspirazioni, passioni e punti di svolta. Il birrificio artigianale vicentino Ofelia, fondato e gestito da Andrea Signorini e Lisa Freschi, ne è un esempio. Per Andrea e Lisa, che sono anche compagni nella vita, la birra è stata la passione condivisa che li ha portati a passare dall’home brewing a un’attività commerciale. Ma dentro questo “contenitore” essi hanno riversato almeno altre tre passioni: quella per il marketing, quella per la cucina e infine quella per i viaggi.
Dal Belgio in poi
Fu proprio durante un viaggio in Belgio nel 2008, tra birrifici, pub e abbazie, che scattò la voglia di produrre birra. Lisa ai tempi – laurea in Ca’ Foscari – gestiva un ristorante, dopo anni trascorsi a dedicarsi alla promozione dell’enogastronomia vicentina. Andrea, con in tasca una laurea in economia, aveva un suo studio da commercialista e aveva appena terminato un corso di formazione per sommelier, coltivando la sua passione originaria: il vino.
Al rientro in Italia, in perfetto stile garagista, Andrea e Lisa occupano una rimessa della famiglia di Lisa con un piccolo impianto semiprofessionale affittato, e cominciano a produrre birra su scala un po’ più che “home”. «Ci siamo misurati fin da subito con problematiche molto vicine a quelle dei microbirrifici», spiega Andrea.
Tre anni dopo, i due non accettano l’offerta di acquisto dell’impianto avanzata dal proprietario e l’avventura sembra aver fine… Ma la passione vince sulle titubanze e quello che fino ad allora era sembrato solo un hobby comincia ad assumere i tratti di un’attività vera e propria.
Andrea e Lisa decidono di fare il salto. Acquistano un impianto più performante, trovano una sede produttiva. Il birrificio nasce nel 2012 e l’attività decolla subito, anche grazie agli ottimi rapporti con la ristorazione vicentina. «La birra non bastava mai – racconta Andrea – il che dal punto di vista commerciale era perfetto, ma da quello birrario era un po’ frustrante, perché continuavo a produrre le birre che i clienti volevano e non c’era tempo per “pensare” birre nuove, per la creatività. Inoltre, lo spazio in cui lavoravamo era veramente piccolo e a un certo punto ero arrivato a fare per tre – quattro giorni a settimana quadruple cotte, iniziando alle 4 del mattino per terminare alle 22. Non era possibile andare avanti in quel modo a lungo, se non sapendo che c’erano altre prospettive nel futuro».
2016: nuovo impianto e tap room
Nel 2016 la svolta, col trasferimento in un nuovo locale, dove trova spazio anche una tap room, e l’acquisto di un nuovo impianto. «Durante i primi anni di produzione, oltre a non avere la possibilità di fare somministrazione, usavamo veramente poca tecnologia, moltissime operazioni erano manuali e la possibilità di commettere errori era elevata. Per questo acquistammo dal birrificio Birrone, che all’epoca era in fase di espansione, l’impianto che tutt’ora utilizziamo in produzione».
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