Luppolo: come variano i suoi composti aromatici in differenti condizioni di stoccaggio?

Il luppolo ha regalato e continua a regalare notevoli soddisfazioni ai birrai e ai consumatori. Da quando l’editto di purezza nel 1516 lo ha decretato ingrediente essenziale, nessuno ha mai avuto il minimo dubbio di eliminarlo dalla produzione della birra. Tale aspetto è rafforzato dal fatto che molte leggi sulla produzione, compresa quella italiana, obbligano i produttori a utilizzarlo (Art. 1 – Legge 16 agosto 1962, n. 1354). Il legame tra birra e luppolo si capisce ancora di più analizzando i numeri. Circa il 97% del luppolo prodotto a livello mondiale viene usato nella produzione di birra. Magicamente le microscopiche ghiandole di luppolina ricche di componenti aromatiche riescono a conferire amaro e aroma al prodotto finito anche se aggiunto in minime quantità. Il luppolo, infatti, viene aggiunto nell’ordine di grandezza di g/l. Le prime frazioni di olio vennero separate per distillazione nel 1819. Poi nel XIX secolo Chapman identificò sei composti tra cui mircene e umulene. Nel 2006 Kishimoto e collaboratori individuarono il 4-mercapto-4-methylpentan-2-one (4MMP), tiolo aromatico in grado di rendere uniche alcune varietà di luppoli americani, australiani e neozelandesi.

L’industria del luppolo

L’importanza del luppolo è ben comprensibile anche dal costo. In birre dove i quantitativi raggiungono i 10-15 g/l il luppolo diventa un costo in grado di variare il prezzo finale al consumatore. Nel 2007, ad esempio, a seguito di una drammatica riduzione del raccolto di luppolo nel mondo (a causa di incendi, siccità, tempeste e inondazioni), ci fu un aumento di costo di quasi il 100% per alcune varietà. L’esplosivo aumento di aperture di birrifici coincise con la più grande crisi produttiva di luppolo della storia recente, causando un aumento di prezzo che per i craft negli Stati Uniti significò un aumento da 4 dollari/kg a 25-30 dollari/kg in un anno. Molti craft americani per ridurre il dosaggio abbandonarono l’uso massiccio di luppolo in late hopping passando sempre più spesso al dry-hopping. Quella crisi ha portato alla coltivazione di migliaia di ettari di luppolo soprattutto negli Stati Uniti dando un’accelerazione alla rivoluzione delle nuove varietà entrate sul mercato negli ultimi 15 anni. I numeri parlano chiaro: da 218 ettari di Citra® coltivato nel 2018 si è passati a 2723 ettari nel 2018. Mosaic® è passato da 89 ettari nel 2012 a 1124 ettari nel 2018. Due varietà di aroma che ben spiegano la nascita di una nuova industria del luppolo. Negli Stati Uniti su 22000 ettari coltivati, l’80% è destinato a varietà da aroma (Brewers Association, 2020). Il luppolo come ben sappiamo è estremamente delicato. Una raccolta, una trasformazione e uno stoccaggio errati portano a una riduzione degli alfa-acidi e ancor di più ad un impoverimento della complessità e intensità aromatica.

Diverse modalità di conservazione

Recentemente è stato pubblicato un lavoro dove sono stati monitorati i composti volatili delle varietà Galaxy, Cascade e Vic Secret. I campioni sono stati lasciati all’aria e alle temperature ambientali ma coperti con un foglio di alluminio per proteggerli dalla luce. Il piano di campionamento si è svolto nell’arco di 30 giorni con temperature tra 8 e 11 °C.

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