Ibrida, molto più di una semplice birra

Si chiamano Elisa Pirola, Akanksha Gupta, Francesca De Berardinis e Simone Piuri e sono i quattro neolaureati del Politecnico di Milano Bovisa, Facoltà del Design, che hanno fondato la start up “Ibrida” in seguito a un progetto iniziato durante un corso magistrale. Ibrida come il nome della birra prodotta, la vera protagonista del progetto, pensata per incentivare e connettere le imprese locali, promuovere comportamenti virtuosi e offrire una nuova prospettiva sul riuso.

Un aggregatore sociale

In Italia il 19% dello spreco di cibo è attribuibile al pane. Ibrida, con lo scopo di rispondere all’Obiettivo di Sviluppo Sostenibile 12 – Consumo e Produzione responsabili – ha voluto dare una seconda vita a questo prodotto, trasformandolo in una birra locale, sociale, inclusiva e circolare. Una birra creata per e con le aree in crescita della città, in linea con la volontà di incoraggiare forme di innovazione economica e sociale sul territorio. «Io e i miei tre colleghi – spiega Elisa Pirola – ci siamo conosciuti il secondo anno della laurea magistrale al corso di Product Service System Design, in cui ci era stato chiesto di pensare a un’ipotetica start up che un domani sarebbe stata pronta per essere lanciata sul mercato, e di farlo guardando alla sostenibilità a 360°; noi l’abbiamo interpretata come sostenibilità alimentare, cioè come eliminazione degli sprechi e riutilizzo di prodotti che altrimenti andrebbero persi, ma anche sostenibilità sociale, perché si parla di birra di quartiere con cui vogliamo integrare diverse realtà, da quella di un birrificio a quella di panettieri già esistenti nella zona, di piccole realtà, e andare ad aggregarle sul territorio. Il corso è durato sei mesi, quindi abbiamo avuto modo di elaborare l’idea, testarla e fare prototipi; ma anche di sperimentarla ‘dal vivo’, perché al momento il progetto era limitato all’ambito accademico, quindi abbiamo contattato un homebrewer e la nostra prima piccola edizione limitata è stata realizzata con il suo aiuto».

Dall’ambito accademico a quello aziendale

Finito il corso, tutti e quattro i ragazzi durante il secondo semestre si sono spostati per il progetto Erasmus in paesi diversi. «Durante quei 6 mesi – spiega ancora Elisa -, abbiamo deciso di partecipare con Ibrida a una call di Cariplo Factory e il nostro progetto è stato selezionato fra i primi 10: questa classificazione ha fatto sì che noi potessimo accedere a 6 mesi di affiancamento da parte di partner messi a disposizione da Cariplo Factory stessa, 3 di incubazione e 3 di mentorship. Durante il periodo di incubazione siamo stati affiancati da “Make a cube”, un incubatore di Milano specializzato in innovazione sociale, alimentare, ecc. che ci ha aiutato a definire un po’ il nostro modello di business; nei 3 mesi successivi invece siamo stati affiancati da un mentor più specializzato in business, che a sua volta ha avuto modo di fornirci importanti consigli».

Un supporto concreto da rilevanti portavoce del mondo del lavoro dunque, che hanno mano a mano aumentato le competenze “imprenditoriali” dei ragazzi e hanno alimentato in loro la voglia di trasformare Ibrida in una azienda vera e propria. «In quei 6 mesi – spiega ancora Elisa – anche se a distanza, abbiamo iniziato a ragionare in termini un po’ più grandi e ci siamo affiancati al Birrificio La Ribalta, che con la sua esperienza e professionalità ha saputo completare al meglio il nostro team.

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