Giovanna Merloni, titolare del birrificio IBeer, è l’esempio di come, in una fase storica come quella che stiamo vivendo, è necessario mantenere alto il livello qualitativo dei propri prodotti e comunicare direttamente con il consumatore… anche attraverso il sorriso!
Ci racconti le origini del vostro progetto
«Sono arrivata alla birra per caso. La mia formazione e i miei obiettivi erano totalmente estranei a questo mondo: lavoravo nel marketing, ricerca e sviluppo di un’azienda metalmeccanica. Da sempre mi piace mangiare e bere bene, ma la mia cultura di enogastronomia era limitata al mondo dei buoni vini. Un mio ex collega, oggi anche lui birraio, ci fece assaggiare per caso delle birre artigianali fatte da lui in casa, e in quel momento mi resi conto di quanto erano diverse dalle bottiglie che tenevo io (raramente peraltro) in frigo. Fu amore immediato! Poco tempo dopo iniziai a fare anche io birra in casa e poi, grazie a un fortunato incontro con la Coldiretti, trovai a breve il modo di installare un impianto da 5hl in un vecchio fienile ristrutturato sotto casa mia. All’inizio volevo semplicemente rendere profittevole un mio hobby, ma nel medio periodo, le richieste erano cresciute talmente tanto da iniziare a dedicarmi esclusivamente al birrificio. Attualmente IBeer ha ancora sede in quel fienile ristrutturato, dal quale si possono osservare i campi di orzo con cui ricavo circa il 70% del malto di cui ho bisogno. Nel birrificio, con una sala cottura da 5hl e 11 serbatoi isobarici, produciamo annualmente circa 600 hl di birra suddivisa in varie tipologie: pils, helles bock, weiss, blanche e pale Ales sono solo alcuni degli stili con cui ci cimentiamo io e il birraio Tommaso, che nel corso degli anni ho selezionato come validissimo supporto».
Quali sono le caratteristiche delle IBeer e del loro processo produttivo?
«Le Ibeer sono birre artigianali e agricole, non pastorizzate e non filtrate. Gli ingredienti principali provengono, quando possibile, dal territorio locale: l’orzo distico di varietà steffi è coltivato direttamente nei campi dell’impresa agricola e con il raccolto annuale riusciamo a soddisfare circa il 70-75% del nostro fabbisogno, mentre per il luppolo abbiamo dei contratti con produttori di zona per la fornitura di coni freschi o essiccati. Ricorriamo all’acquisto di pellet dai grandi fornitori mondiali solo per quelle tipologie tanto caratterizzate dal territorio originario come i luppoli neozelandesi e australiani e qualche specie statunitense. I lieviti purtroppo invece sono tutti acquistati. La nostra attuale dimensione non ci consente di recuperarli o di selezionare ceppi “della casa”. Le birre sono sia a bassa che alta fermentazione, ho studiato in Germania per formarmi e sono molto influenzata dagli stili tedeschi, pertanto alla base della produzione abbiamo Pils e Helles, ma mi cimento volentieri anche in stili più modaioli (come le Pale Ale) o di nicchia (come le barrel aged beers o le imperial stout). Lavoriamo esclusivamente in isobarico e in nessun caso rifermentiamo in bottiglia, fatta eccezione per la nostra Weiss, prodotta come vuole la tradizione, con la classica aggiunta di mosto fresco poche ore prima di imbottigliare».
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