Altro viaggio nel mondo delle birre artigianali italiane, altra tappa in un’interessante realtà del nostro territorio. Questa volta siamo in Sardegna, e precisamente alle porte di Cagliari, nella zona artigianale all’ingresso della città, davanti al colle e al castello di S. Michele, storica fortezza a guardia del Campidano. Ed è proprio sull’antico fortilizio medievale che si affaccia il birrificio Birra Scialandrone. «Dopo un primo approccio da consumatore di birre “speciali” – spiega Graziano Melis, fondatore del birrificio – già dalla fine degli anni Ottanta e la scoperta delle artigianali negli anni Novanta, nel 2007 ho iniziato a produrre come homebrewer. L’esperienza hobbistica mi ha portato a muovere i primi passi nel mondo associazionistico birrario isolano, con gli HBS, Homebrewers Sardi, prima, e come cofondatore, segretario e vicepresidente di Fermento Sardo poi. Nel 2014 ho aperto la beerfirm Birra Scialandrone, ospitato, negli anni, in varie sedi: Birrificio Horo di Sedilo, Hibu di Burago di Molgora, Birrificio Mediterraneo di Carbonia e birrificio Zemyna di Nuoro. Durante tale esperienza ho avuto modo anche di lavorare direttamente alla produzione delle mie birre, svolgendo l’intero processo, dalla macinatura all’imbottigliamento e distribuzione. Forte di questa esperienza, finalmente nel 2019 ho acquistato il mio primo impianto di produzione ma, complice il cambio delle normative fiscali e, soprattutto, l’emergenza sanitaria da Covid 19, sono riuscito ad avviare la produzione nel maggio 2020, passando così da beerfirm a birrificio indipendente».
La qualità alla base delle scelte
Attualmente in Birra Scialandrone si producono sei tipologie di birra: Barrosa, una pils dal carattere prepotente e grintoso, con luppoli americani che le conferiscono un amaro spiccato e peculiare (4,9%); Brentemmongia, blanche resa fresca e accattivante dal pepe di Sichuan, dal coriandolo e dall’uso di scorza di arancia dolce e amara (5,1 %); Bagonki, una saison che sottrae alla ricetta classica il cardamomo ma la vivacizza con pepe e coriandolo (5,7%); Conchebbagna, una vivace bitter inglese dalla luppolatura sostenuta e dall’accattivante rosso intenso (4,8%); la heller bock Sa Morti Pillosa, una corsa nelle montagne russe tra la dolcezza dei malti e l’amaricante del suo mix di luppoli americani, che le conferiscono ben 80 IBU (7.1%); la 12.4.70, recentissima APA con sentori tropicali, accattivanti ma non invadenti (4.8%).
«I nomi delle nostre birre fanno riferimento a parole ed espressioni del dialetto cagliaritano – spiega Graziano Melis -. Unica eccezione la 12.4.70 che si riferisce alla data della conquista matematica dello scudetto del Cagliari, di cui quest’anno ricorre il cinquantesimo anniversario. Ho in progetto due nuove birre da mettere in produzione entro l’anno, ma le ricette al momento sono top secret. Per quanto riguarda la struttura aziendale, è la stessa dal 2014, in sostanza una ‘one man band’: io titolare, io birraio, io commerciale».
Una struttura a immagine e somiglianza del suo fondatore dunque, ma che proprio per questo ne rispecchia i valori e la grande attenzione alla qualità in ogni minima fase del processo, a partire dalla scelta delle materie prime. «Per quanto riguarda i malti – spiega ancora Graki – utilizziamo in prevalenza pilsner, pale ale e maris otter e, a seconda della tipologia di birra in produzione, fiocchi d’avena e di frumento. I luppoli sono prevalentemente i classici americani e inglesi, anche se ultimamente mi sono avvicinato a una luppolatura con fragranze più tropicali. Non sono un birraio che cerca di stupire a ogni nuova uscita: prediligo gli stili classici, rivisitandoli e personalizzandoli con luppolature decise o l’utilizzo di spezie. Per quanto riguarda l’acqua, utilizziamo quella della rete idrica cagliaritana che, col suo bassissimo livello di durezza e residui fissi, non necessita di particolari trattamenti correttivi».
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