Il progetto Rete di Imprese di Luppolo Made in Italy

Il movimento artigianale ha aperto una stagione straordinaria di creatività, utile a tutto il settore brassicolo, anche alle produzioni tradizionali e alle grandi aziende, perché sta ampliando i confini del mercato, arricchendo il valore e l’immagine del prodotto e costruendo una nuova dimensione di rapporto con i consumatori.

Così da molti anni la ricerca di nuovi ingredienti, la libertà creativa dei mastri birrai e l’eccellenza dei prodotti italiani, uniti alla crescita del fenomeno dei birrifici agricoli ha determinato lo spazio di mercato per un nuovo prodotto: il luppolo italiano.

Il luppolo è una commodity agroindustriale a elevato valore aggiunto, una coltura labor intensive, con un ciclo agro industriale di produzione, trasformazione e commercializzazione, anche se si tratta pur sempre di una coltura di nicchia, sviluppata su 60.000 ha circa a livello globale, con una produzione lorda vendibile che si aggira dai 9000 ai 18000 euro ad ettaro per la produzione tradizionale. Il mercato globale del luppolo produce un valore che complessivamente si aggira sui 3 miliardi di dollari.

L’evoluzione della produzione

La rivoluzione della birra artigianale, nata con il movimento Craft, si capisce bene guardando l’evoluzione della produzione agricola del luppolo in termini di gamma di prodotto, superfici, valore delle produzioni, capacità e propensione all’investimento in ricerca e sviluppo.

Il nuovo paese leader mondiale nella produzione di luppolo sono gli Stati Uniti d’America, non solo per le superfici coltivate, che hanno raggiunto e superato seppure di poco quelle della Germania nel breve volgere di 10 anni, ma soprattutto per la qualità e la coerenza dei nuovi prodotti coltivati in America con l’evoluzione del mercato brassicolo. Infatti, oltre alla produzione di alpha acidi, la componente aromatica è sempre più rilevante nella catena del valore del prodotto a livello globale, premiando ovunque le nuove varietà iperaromatiche, negli Stati Uniti, così come in Germania, in Slovenia e nelle produzioni australiane e della Nuova Zelanda. In ogni paese si affermano nuove varietà di aroma, portando talvolta una tale spinta nelle quotazioni di mercato da determinare l’espianto dei luppoleti con varietà meno competitive ben prima dei canonici 15 o vent’anni di produzione.

In questi anni si è registrata la crescita delle superfici dedicate, che, nei dati dell’Organizzazione Mondiale dei Produttori IHGC, aumenta a livello globale dal 2,5% al 3%, con una crescita relativa degli aromatici sulle superfici complessive di ben oltre il 35%.

La Germania mantiene invece saldamente la leadership agricolo-industriale, commerciale e soprattutto quella della ricerca e dell’innovazione. Anche se per quanto riguarda gli investimenti in ricerca e sviluppo, i produttori americani stanno consolidando un vantaggio in termini di competenze strategiche sul breeding e la registrazione di nuove varietà, mettendo in tensione i paesi tradizionali e portando a un’irreversibile diversificazione degli areali di produzione, non solo in termini di mappa delle regioni vocate a livello globale, ma anche di collocazione geografica di presenza della coltura nella fascia pedoclimatica di riferimento.

La filiera del luppolo italiano: punti di forza…

 

Vuoi continuare a leggere?

Se sei GIA’ abbonato accedi all’area riservata 

Se NON sei abbonato vai alla pagina degli abbonamenti