Birre con lamponi e lime, con il mango, la vaniglia, pepe nero e pompelmo rosa, o frutti esotici. Con le radici di liquirizia del Sud Italia oppure aromatizzate con il rooibos, le foglie rosse dell’arbusto sudafricano, o addirittura grazie a un carciofo che è presidio italiano Slow Food, quello violetto dell’isola della laguna veneta di Sant’Erasmo. Oppure birre, realizzate conto terzi per dei locali della zona, che hanno il sentore dei limoni amalfitani, o dei fiori di sambuco. Oltre a liquori, costruiti miscelandoli insieme alla loro birra, con erbe botaniche oppure al pino mugo, in modo “uncommon”, non comune, com’è adesso anche un loro vermouth. Ingredienti poi raccontati in etichetta, da belle illustrazioni che si rifanno a storie inventate ad hoc su quelle ricette.
A ispirare i due soci titolari del birrificio Arcadia di Padova è un sogno utopico, che qui sembra proprio esser diventato realtà, ripescando i sapori più genuini della natura. Paolo Pugin e Gabriele Zanella – entrambi padovani, rispettivamente classe 1990 e 1988, commerciale il primo e mastrobirraio il secondo – hanno chiamato Birra Arcadia la propria attività, rifacendosi alla storica regione della penisola greca del Peloponneso, che grazie a Virgilio è diventato topos letterario, sinonimo di un mondo idilliaco, in cui la natura dona all’uomo tutto il necessario per sostentarsi. Come fa la natura con queste birre.
Così Paolo ha curato la grafica e una loro collaboratrice, Giulia Sette, illustratrice classe 1996 diplomata all’Accademia di Belle Arti di Venezia, ha elaborato le etichette che, in modo immaginifico, con i loro disegni ogni volta richiamano il mondo fantastico di riferimento cui si rifanno le diverse ricette. Dal rimando alla colonizzazione inglese per le Indian Pale Ale con tanto di tigre, soldato inglese e indiano, per finire alla regina che esce dai fiori di vaniglia, nella Tripel in stile belga aromatizzata con i baccelli di questa profumata spezia.
«Tutti i nomi delle nostre birre rendono omaggio a dei rugbisti famosi – spiega quindi Paolo Pugin, che con il suo socio e amico Gabriele si è conosciuto proprio grazie alla palla ovale, riferendosi alle birre in linea (ossia collaborazioni e occasionali escluse) – Ma è una cosa solo interna, che facciamo per piacere nostro, di nessun rilievo», ci tiene a precisare.
Di rilievo diverso invece i loro progetti, tra cui, a breve, la chiusura del beershop padovano e il suo trasferimento all’interno di un nuovo e più ampio spazio che, nel lungo periodo, potrebbe forse anche ospitare degli impianti produttivi, chissà. Perché, al momento, Birra Arcadia è un Beer Firm, che fa produrre le proprie ricette a una manciata di fidati birrifici sul territorio nazionale. Ma ad Arcadia tutto può succedere, e come funziona, qui ce lo spiega Paolo Pugin.
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