Al momento si tratta di una sorprendente novità in contrasto con la tendenza apparentemente inarrestabile che vede nascere in Italia birrifici artigianali a ripetizione sull’onda di un successo di pubblico crescente. La novità riguarda la fusione tra il birrificio Opera e il birrificio Pavese che hanno unito le proprie forze e i propri marchi. Artefice dell’operazione è stato Luca Boselli, imprenditore di Pavia, che dopo aver portato al successo il marchio Opera ha rilevato il Pavese il cui fondatore, Claudio Caffi, gestisce ora tutta la parte produttiva del polo artigianale con l’aiuto dei birrai Stefano Zandalini e Stefano Menegale.
Un’insolita operazione
Al di là dell’insolita iniziativa che già desta interesse, a incuriosire ulteriormente è il pensiero del protagonista secondo il quale il prodotto artigianale difficilmente sarà in grado di incrementare i consumi pro-capite di birra nonostante il favore che continua a raccogliere: «Dubito che nel nostro Paese si possano superare di molto i 30-32 litri pro-capite – afferma Boselli – dobbiamo invece puntare a erodere, diffondendo la cultura della qualità, la quota di consumi controllata dall’industria della birra che, consapevole della nostra crescita, tenta di difendersi proponendo prodotti più particolari rispetto alle etichette standard che è stata solita offrire per anni o addirittura acquistando birrifici che le consentono di mantenere lo spazio a scaffale nei punti vendita della GDO». Molte insegne del largo consumo hanno infatti ampliato l’assortimento dando maggior risalto alle etichette artigianali e ciò ha messo in allarme l’industria che da una parte ha rinnovato la sua gamma con etichette meno banali e dall’altra ha iniziato a comprare birrifici artigianali per mantenere le posizioni sugli scaffali dei supermercati.
La strategia commerciale
Una strategia commerciale, questa, che ha seguito l’acquisizione di molti grossisti che riforniscono il canale dei consumi fuori casa, consegnando la merce a domicilio con una rete di vendita di cui i birrifici artigianali non dispongono. «Possiamo però vendere all’Horeca le nostre etichette attraverso i cash & carry che sono poi i supermercati all’ingrosso dove chi gestisce un bar o un ristorante spesso si reca direttamente. Ed è quello che abbiamo fatto con il marchio Opera», spiega ancora Boselli.
L’imprenditore insiste sul conflitto d’interessi che oppone artigiani e industriali della birra e che può volgere a vantaggio dei primi insistendo sulla qualità: «I consumi di birra si riducono nei paesi tradizionalmente consumatori, figurarsi se possiamo immaginare uno sviluppo consistente in Italia, patria del vino».
Vuoi continuare a leggere?
Se sei GIA’ abbonato accedi all’area riservata
Se NON sei abbonato vai alla pagina degli abbonamenti