Sono quelle prodotte da Ca’ del Brado, Cantina brassicola di affinamento che da subito inizia a presentare birre dalla genesi e dal gusto decisamente inusuale.
Che Bologna fosse davvero una fucina di idee (e di tendenze) forse ce l’eravamo un po’ scordati. Eppure, dal punto di vista birrario, questa città del nord Italia è stata tra le prime a poter vantare un vero movimento: pub e publican edotti, associazioni birrarie, festival, concorsi, brewpub in centro città e consumatori consapevoli con qualche anno di esplorazioni birrarie già alle spalle.
Il contesto bolognese
A partire da questo sottobosco bolognese, che negli anni è cresciuto, ha cambiato forma, ed è stato infine replicato in molte altre città italiane, si formano Mario Di Bacco, Matteo D’Ulisse, Andrea Marzocchi e Luca Sartorelli. Sono appassionati di birra, homebrewer, e sviluppano un approccio ludico anche verso la vigna, dalla quale sono geograficamente circondati. Sul finire del 2016 quello che era solo un sogno, grazie a molti sforzi, riesce a concretizzarsi e nasce Ca’ del Brado. «Prima di Ca’ del Brado eravamo homebrewer già impegnati da qualche tempo nella divulgazione della cultura birraria, nelle sue diverse forme. Eravamo parte di BrewLab, associazione bolognese che organizzava festival, corsi e degustazioni. Il team del Brado si delineò per un progetto che non andò in porto: l’acquisto di un impianto di cotta che ci capitò quasi fortuitamente tra le mani. Non portammo a casa nulla, tranne l’esperienza del viaggio insieme e un incontro con un italo-americano che starebbe benissimo in un film dei fratelli Coen. L’idea della cantina brassicola è poi venuta dalla nostra passione verso le “birre di lievito” e la scuola belga, verso gli ambienti fermentativi variegati (compreso l’approccio dei vignaioli naturali), per la nostra inclinazione verso la ricerca: pescare dalla tradizione con slancio innovativo. Questa era la teoria, a cui ovviamente è seguita la pratica, che è stata più una lunga fase di sperimentazione: litri buttati nel lavandino, altri bevuti con soddisfazione, poi tante persone nuove, viaggi, lunghi confronti, la guerra con l’Agenzia delle dogane, l’aceto di birra, la ricerca di finanziamenti, i libri sempre aperti e le tante giornate di lavoro passate ad attrezzare la miglior casa possibile per le nostre future birre. Ora, quasi quattro anni dopo, siamo qui. La nostra cantina oggi è composta da un fermentatore inox da 30 hl (che a volte utilizziamo come maturatore) e da diverse decine di botti di diversa dimensione. Controlliamo sia la temperatura sia l’umidità. Una parte fondamentale della nostra attrezzatura è il propagatore del lievito, che è progettato e realizzato da noi. Nella cantina utilizziamo alcune attrezzature per i travasi e i filtraggi grossolani molti simili a quelle usate nel mondo del vino, altre le abbiamo fatte costruire su nostra idea da artigiani di fiducia. Abbiamo un monoblocco automatico di imbottigliamento, composto da riempitrice a 9 becchi e tappatore invertibile sia per corona che per tappo raso, marca Fimer, ricondizionata da Covolan. E abbiamo la possibilità di imbottigliare i formati 75 cl e 37,5 cl.»
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