Baladin POP: il perchè della lattina spiegato da Teo Musso

 

La grafica accattivante utilizza colori e contorni che si rifanno allo stile musicale degli anni ’70 e ’80. Non pastorizzata, è prodotta e distribuita in piccoli lotti affinché il consumo avvenga in tempi ragionevolmente brevi.

40d435a4-b4f4-4367-9de2-15749328bc7f (1)Colori vivaci con tratti decisi nel definire i contorni delle sagome per quella grafica inconfondibile che ha accompagnato la musica Pop negli anni ’70 e ’80 e che Teo Musso, fondatore e artefice del successo del birrificio Baladin, ha scelto proprio per POP, la prima birra artigianale italiana in lattina.

Grande appassionato di musica, per Teo gustare POP equivale, chiudendo gli occhi per qualche istante, a riascoltare i Beatles di Yellow Submarine, il cui 33 giri è diventato un’icona del Millennio trascorso grazie ai colori sgargianti della copertina dell’album, ma anche a risentire la voce di David Bowie in Ziggy Stardust. Insomma, un nome e un programma, POP, per una birra in stile Baladin reinterpretata con l’intento di offrire un prodotto di grande qualità, da sorseggiare tuttavia senza un impegno eccessivo.

Prodotta a piccoli lotti

TEO MUSSO
Teo Musso

A distinguere il contenuto delle sei lattine accomunate dalla grafica distintiva che spingerà senz’altro i collezionisti a non farsele scappare, è la schiuma bianca e compatta che sovrasta nel bicchiere una birra dal bel colore dorato brillante, con un fascino sottolineato dal penetrante aroma erbaceo. «Una caratteristica dovuta tra l’altro alla luppolatura a freddo , nota anche come dry hopping  – spiega Teo – che utilizza  luppolo in fiore delle qualità Mosaic e Cascade prodotto in Italia». Una scelta indovinata che pone le delicate note erbacee (per i fanatici della precisione l’indice di amaro si ferma a IBU 35) in perfetto equilibrio gustativo con la parte maltata.

Fresca al naso e in bocca, POP (sempre la stessa nelle sei diverse lattine d’alluminio da 33 cl) si completa con un finale secco e gradevole grazie anche alla scelta di non procedere alla pastorizzazione. Ciò la mantiene viva come una vera birra artigianale dev’essere:«“Per questo abbiamo deciso di produrre e distribuire POP a piccoli lotti. Una cura in più per una birra da consumare entro un periodo non lungo in maniera tale da assaporarne in pieno le caratteristiche organolettiche», insiste Teo.

La resa cromatica

«La lattina è un sassolino che volevo togliermi da tempo per sdoganare il concetto di birra di qualità a prescindere dal recipiente», osserva l’imprenditore protagonista del successo della birra artigianale italiana e oggi soddisfatto dalla resa cromatica del packaging valorizzato dal metallo lucente.

POP conferma la strategia seguita dal birrificio Baladin nato nel 1996 a Piozzo, in provincia di Cuneo. Le sue etichette si sono presentate fin dall’inizio come prodotti particolari, spesso in controtendenza con il mercato classico del segmento birra. Teo ha focalizzato il suo impegno nella creazione di birre da proporre in abbinamento al cibo. Da qui la ricerca attenta e quasi maniacale dell’equilibrio dei sapori e dei profumi, utilizzando ingredienti di prima qualità per non porre limiti alle possibilità di esplorazione di nuovi aromi e gusti. Una ricerca di equilibrio con la chiara volontà di offrire birre ben riconoscibili ma che, a dispetto della ricchezza di personalità, non coprissero i sapori del cibo con cui vengono abbinate. «Anzi, proprio attraverso l’abbinamento se ne possono esaltare le caratteristiche», aggiunge Teo che consiglia POP accanto ad hamburger o fish and chips.

Pratiche e leggere

L’ampliamento della gamma Baladin alla lattina ci dà l’occasione di ricordare chi per primo ha dato al consumatore la possibilità di scolarsi una birra bella fresca aprendo un contenitore di metallo. Fu un birrificio di Newark, nel New Jersey, nel gennaio 1935, poco più di 80 anni fa a optare per quella che allora fu considerata una scelta rivoluzionaria e azzardata in quanto si trattava di spedire Krueger Finest Beer e Krueger Cream Ale a Richmond, Virginia.

Inizialmente la birra non si adattava bene al nuovo involucro perché il contenuto eccessivo in anidride carbonica faceva esplodere la lattina di banda stagnata saldata lateralmente. Una volta individuato il processo di rivestimento per rinforzare l’interno della confezione, il successo della lattina partì però inarrestabile. “Non riusciranno mai a rimpiazzare le bottiglie di vetro”, si diceva all’epoca. E invece, giorno dopo giorno, le lattine si sono rivelate più pratiche, leggere e facili da trasportare, soprattutto quando si passò dalla banda stagnata all’alluminio. E se in origine c’era bisogno di un punteruolo per bucarla, in seguito la lattina si è evoluta passando alla linguetta di apertura da gettare e poi a quella da ripiegare all’interno.