Così Chiarli personalizza il Lambrusco

Da più di un secolo e mezzo l’azienda modenese Chiarli rinnova i suoi processi produttivi per garantire vini tipici di grande qualità. L’ultimo recente intervento avvenuto sulle linee di produzione risale a qualche mese fa e ha previsto, tra le altre acquisizioni, due nuove etichettatrici modulari, per le quali l’azienda ha continuato ad affidarsi all’esperienza di P.E. Labellers.

La Modular Top 1120 di P.E. Labellers presso Chiarli
La Modular Top 1120 di P.E. Labellers presso Chiarli

Si respira un po’ di storia nel momento in cui si varca l’ingresso della Chiarli 1860, tra le più antiche aziende vinicole dell’Emilia-Romagna e oggi marchio protagonista, in Italia così come in numerosi mercati esteri, per la produzione di Lambrusco e vini regionali. Una storia che, in quattro generazioni, non ha mai visto cambiare l’obiettivo dei titolari che si sono succeduti al fondatore: valorizzare al massimo la produzione vinicola del territorio emiliano. Costituita a Modena oltre 150 anni fa da Cleto Chiarli, questa realtà oggi vede impegnati i fratelli Anselmo e Mauro Chiarli alla direzione e al controllo della gestione di filiera di un articolato polo produttivo composto da due aziende: la Chiarli 1860, situata in prossimità del centro cittadino e autrice dei vini di qualità di più ampia distribuzione, e la Cleto Chiarli Tenute Agricole di Castelvetro (Mo), dedicata alla produzione di vini di alta gamma e nata nel 2001 per gestire le sette tenute di proprietà per un totale complessivo di più di 350 ettari, di cui 100 coltivati a vite. La produzione è quella dei classici vini delle Doc e Igt regionali, realizzate – anche grazie ai conferimenti delle più importanti Cantine Sociali di Modena – in oltre 20 milioni di bottiglie l’anno, di cui oltre il 50% è venduto all’estero.

Moderni impianti di produzione

Anselmo Chiarli
Anselmo Chiarli

Già nel 1860 Chiarli capì l’importanza di produrre Lambrusco in bottiglia e mise a punto le basilari tecniche di vinificazione tradizionale di questo vino fresco, giovane e ricco di bollicine profumate che, proprio in bottiglia, diventa frizzante per rifermentazione naturale. Abbiamo seguito il percorso che i contenitori fanno all’interno degli edifici della cantina di Modena, dove i vini, dal 1959, sono preparati e fatti fermentare in recipienti chiusi tramite il metodo Charmat e imbottigliati e confezionati con moderni impianti di produzione attraverso due linee dedicate, una da 18.000 e l’altra da 10-12.000 bottiglie l’ora. Le bottiglie utilizzate da Chiarli – dall’emiliana, alla renana, alla mirage – vengono accolte nel parco vetri esterno agli stabilimenti produttivi, dove i contenitori in vetro sono stoccati per un breve periodo di tempo prima di iniziare il loro viaggio all’interno del cuore della fabbrica modenese. Tutto comincia nel momento in cui le bottiglie vengono raccolte da un carrellista, ancora compattate in pallet, e trasportate sul depallettizzatore interno allo stabilimento; la macchina scompone il bancale e avvia i contenitori sul nastro trasportatore. I successivi passaggi sono gestiti da una serie di macchinari specifici che provvedono, in ordine, a: sciacquare e lavare i vetri con acqua sterilizzata, filtrare il vino pronto per l’imbottigliamento tramite un processo di microfiltrazione, riempire le bottiglie, tapparle e attuare, su di esse, il processo della pastorizzazione, un ciclo che dura un’ora e un quarto. Con la pastorizzazione circa 10.000 contenitori entrano nell’apposita macchina a una temperatura di 2-3°C, vengono portati, gradualmente e in più passaggi, a una temperatura di 54°C per circa 25 minuti e raffreddati fino a 28-30°C, momento nel quale escono dal pastorizzatore. Passano quindi nell’asciugatrice – un macchinario provvisto di molteplici ventole che soffiano aria calda per rimuovere le eventuali gocce d’acqua residue rimaste sui vetri a seguito della pastorizzazione -, poi nella capsulatrice, che ha il compito di apporre la capsula termoretraibile o pneumatica sulla bottiglia, e, infine, nell’etichettatrice, un passaggio fondamentale, questo, per ‘vestire’ e caratterizzare al meglio, secondo i canoni dell’azienda e le esigenze dei clienti, ogni prodotto imbottigliato.

Investimenti mirati

Una volta etichettate, le bottiglie vengono marcate, gli viene cioè apposto il lotto di produzione attraverso un marcatore, e, tramite un divider, vengono distribuite in più file prima dell’inscatolamento. Accanto al divider, sulla linea, è posta l’incassettatrice, che ha il compito di posizionare i contenitori ultimati e pronti per il consumo in appositi cartoni precedentemente formati, etichettati e marcati. Gli stessi cartoni, riempiti con i tipici vini emiliani, vengono poi pesati su un macchina che controlla che il contenuto di ognuno sia conforme, poi chiusi, tramite incollaggio automatico, e trasportati al pallettizzatore, il macchinario preposto alla creazione di pallet; infine, prima di essere spostati nel magazzino, in attesa della spedizione, i cartoni vengono messi in sicurezza con film estensibile, applicato grazie all’impiego di un robot avvolgipallet. In questo, che è l’impianto principale dello stabilimento modenese, attraverso il quale vengono prodotte 18.000 b/h da 1,5 l e 0,75 l, negli ultimi mesi sono stati realizzati numerosi investimenti, che hanno riguardato, tra le altre cose, l’asciugatrice, la capsulatrice, il divider, una parte di nastri trasportatori e, soprattutto, l’etichettatrice. Anche per l’impianto da 10-12.000 b/h, che lavora diversi formati da 0,75 l e contenitori da 0,375 l, si è pensato a un rinnovo importante, dell’etichettatrice così come di tutte le macchine che portano avanti il processo di imbottigliamento a partire dall’uscita del pastorizzatore fino al confezionamento.

L'etichettatura
L’etichettatura

Etichettatrici flessibili e solide

«Tutti gli investimenti che abbiamo compiuto negli ultimi tempi sono stati attuati nell’ottica di valorizzare e riqualificare il nostro vino e riposizionarne l’immagine, riportando le produzioni su standard qualitativi e caratteristiche organolettiche rispecchianti la vera natura del Lambrusco», specifica Anselmo Chiarli, Amministratore Delegato e Direttore Generale dell’azienda. «Puntiamo a far sì che si modifichi la percezione del Lambrusco sui mercati e, soprattutto, tra i consumatori. Per questo, oltre ad ampliare la nostra capacità produttiva, per aumentare di qualche giorno la fermentazione e, di conseguenza, accrescere la finezza e l’eleganza dei vini, abbiamo deciso di investire per migliorare le linee di imbottigliamento e confezionamento. Due macchinari fondamentali in questo senso sono stati, senza ombra di dubbio, le capsulatrici e le etichettatrici. Queste ultime, in particolare, sono risultate estremamente flessibili, modulari e solide, un mix ideale che ci ha dato la possibilità di fare ciò a cui aspiravamo: personalizzare al meglio gli ordini di ogni cliente».

Modular Top 1120

(da sinistra) Emanuele Rubbiani e Franco De Biasio
(da sinistra) Emanuele Rubbiani e Franco De Biasio

Etichettatrici per le quali Chiarli si è affidata nuovamente all’esperienza di P.E. Labellers, sua azienda fornitrice da diversi anni. Entrambe modello Modular Top 1120, le due macchine sono dotate di sistema di rotazione piattelli con camma elettronica e moduli di etichettaggio amovibili su carrello, per quattro postazioni su ciascuna etichettatrice, in grado di soddisfare le più svariate esigenze di abbigliamento a colla e autoadesivo in configurazione non stop. Entrambe, inoltre, sono equipaggiate di stazione per applicazione di sigillo a L e a U, per un totale di 10 diversi formati bottiglia con 25 differenti tipi di etichette. «Questi modelli danno la possibilità di applicare, anche sulla stessa bottiglia, collarino, etichetta, bollino, due etichette autoadesive e retroetichetta a colla – precisa Emanuele Rubbiani, Responsabile dei processi di imbottigliamento in Chiarli –. Il gruppo autoadesivo, inoltre, può essere applicato anche al posto di un gruppo a colla, ad esempio, poiché i gruppi sono interscambiabili, un fattore di estrema versatilità. La scelta di P.E. Labellers è stata sofferta, perché prima di decidere abbiamo valutato diverse proposte, caratterizzate anche da prezzi inferiori; alla fine, tuttavia, abbiamo scelto di affidarci nuovamente alla competenza di quest’azienda mantovana, che è nostra fornitrice da anni. La politica di Chiarli, infatti, non è quella di ‘usare’ i fornitori, ma di camminare insieme a loro, e dal momento che ci siamo sempre trovati bene e abbiamo instaurato un’ottima collaborazione con P.E. Labellers, gli abbiamo rinnovato la nostra fiducia».

Comprendere i clienti e migliorare i prodotti
Oltre 40 anni di attività, 8 stabilimenti produttivi localizzati nella provincia di Mantova e 7 filiali commerciali sparse per il mondo, 36.000 mq di superficie globale occupata dalle fabbriche e più di 400 etichettatrici prodotte all’anno: sono i numeri di P.E. Labellers, azienda di Porto Mantovano divenuta leader nella produzione di macchine etichettatrici automatiche. Dal 2000 a oggi la strategia del gruppo è stata caratterizzata dalla volontà di essere presenti direttamente con il nome P.E. Labellers nei mercati strategici globali: Cina, Africa, Brasile e, con il 2015, anche Sud-Est asiatico.

Luca Carollo, sales director & key account P.E. Labellers
Luca Carollo, sales director & key account P.E. Labellers

Abbiamo interpellato Luca Carollo, Sales Director & Key Account Sales di P.E. Labellers, in merito ai valori alla base dell’attività del gruppo. «Il mercato delle macchine industriali ad alto valore aggiunto si è evoluto moltissimo negli ultimi 10-15 anni: i clienti non richiedono più solamente una macchina ben performante, ma vogliono poter usufruire di sicurezza in termini di servizi e di assistenza in loco. Noi, con la nostra presenza, riusciamo a rispondere a questo tipo di esigenza, perché crediamo che il valore più importante sia comprendere il cliente, offrirgli quanto richiede e migliorare il prodotto a seconda delle dinamiche dei differenti mercati. La media di 10 brevetti mondiali ogni 3 anni e la creazione di un agenzia P.E. Labellers all’anno, come in Algeria nel 2014 o in Malesia nel 2015, sono la prova effettiva delle nostre intenzioni. Per quanto riguarda la recente acquisizione di Chiarli, il cliente aveva bisogno di una soluzione che potesse rispondere alla domanda di crescita di produzione combinata alla richiesta di applicazione di etichette autoadesive. Le nostre macchine sono state la soluzione ideale, poiché in grado di offrire potenzialità enormi: nascono, infatti, per l’applicazione di etichette autoadesive, ma, grazie alla struttura modulare P.E. Labellers standard nelle nostre etichettatrici, dalla più piccola alla più grande, possono essere modificate per l’applicazione di etichette colla a freddo, così come integrate con eventuali orientamenti ottici gestiti dai servomotori ad azionamento integrato. La conferma della fedeltà di Chiarli verso la nostra azienda e la fornitura di queste due importanti macchine credo siano solo il primo step del percorso di fiducia e soddisfazione che ci impegneremo a ripagare al cliente nei prossimi anni di partnership».

Un amore viscerale per il Lambrusco

«Oltre alla qualità, al giorno d’oggi è essenziale anche il packaging – aggiunge Anselmo Chiarli –. Per quello che ci riguarda, siamo diffusi in una sessantina di Paesi esteri e, per ognuno, dobbiamo valutare, di volta in volta, confezioni ed etichette adeguate. Tutti i rinnovi compiuti sulle linee sono stati effettuati con un criterio preciso, mirato a soddisfare non solo il palato dei consumatori, ma anche le esigenze del nostro reparto marketing. Siamo certi che, anche grazie a queste macchine, continueremo in modo efficace la strada intrapresa anni fa verso il miglioramento e l’eccellenza delle produzioni. La nostra seconda cantina, che ha sede a Castelvetro, nelle campagne modenesi, è nata proprio con questo fine, e la distinzione che abbiamo attuato grazie ad essa è stata molto premiante. È stato significativo, inoltre, osservare come anche altri produttori abbiano intrapreso lo stesso percorso, avviando produzioni di alta qualità. È stato un percorso virtuoso da parte di tutti, che ha portato a far sì che oggi si parli del Lambrusco in modo diverso, anche e soprattutto tra i consumatori. In questi quarant’anni di attività – conclude Chiarli – le soddisfazioni, così come i problemi, sono stati tanti, ma l’orgoglio più grande è stato riuscire a dare vita al progetto di Castelvetro, che ha dato lustro alla nostra azienda e ci ha fatto ottenere quello che, qualche anno fa, non avremmo mai creduto possibile: l’attribuzione dei Tre Bicchieri a un vino Lambrusco, riconoscimento della guida Gambero Rosso che, nello specifico, è andato al nostro Sorbara Premium, il quale, nella gamma Cleto Chiarli, è il vino che va per la maggiore anche all’estero. Questo, per noi, ha voluto e vuole dire tanto, e il perché è semplice: se c’è qualcuno che ama il Lambrusco, quella è proprio la nostra azienda, la cui storia è iniziata intrecciandosi in modo viscerale e indissolubile a questo vino che ogni anno si rinnova dimostrando il suo carattere, proprio come noi»”.12 bicchiere