Tappi e chiusure sono strumenti in grado di pilotare l’evoluzione del vino. Iproduttori contrappongono le diverse soluzioni cercando aogni costo un vincitore, ma non esiste iltappo valido per tutte leoccasioni. Ilprincipale criterio discelta è il profilo sensoriale daconferire alprodotto finito.
Il mercato delle chiusure per vino evolve rapidamente. Le proposte sono tante e differiscono per materiali, immagine conferita al prodotto, funzionalità, costi e tipo di applicatori. Nonostante alcune timide aperture al nuovo, il consumatore italiano è tradizionalista e quando pensa al vino di qualità si aspetta un tappo in sughero naturale o almeno un tappo birondellato o agglomerato. L’impiego di chiusure alternative (tappo a vite e tappo polimerico espanso) cresce ma non è ancora la regola, come invece accade in altri mercati. I molti studi sull’argomento (siano essi commissionati da aziende o condotti da ricercatori indipendenti) concordano su due aspetti: l’ottimo lavoro fatto in cantina rischia di essere vanificato da una chiusura non adatta; a oggi gli effetti del tappo sono prevedibili solo in parte e non ancora completamente gestibili. In sintesi, la chiusura non è mai totalmente neutra rispetto al contenuto della bottiglia e chiudendo con tappi diversi contenitori del medesimo lotto di vino si ottengono profili sensoriali diversi. Come ci sono vini che acquistano le loro caratteristiche tipiche solo se sono affinati in serbatoi di acciaio e vini che per dare il meglio devono essere affinati in legno, così ci sono vini che “vogliono” il tappo in sughero e altri che migliorano utilizzando un tappo sintetico o una chiusura a vite. L’evoluzione del vino fa parte della filosofi a di un territorio o di una cantina: in alcuni casi l’evoluzione deve essere sensibile – è importante percepire l’invecchiamento del prodotto – in altri è invece preferibile conservare le caratteristiche iniziali il più a lungo possibile. La chiusura deve quindi essere intesa come uno dei tanti strumenti utili a pilotare l’evoluzione del vino e a valorizzarlo.
Il tappo di sughero
La più classica delle chiusure è il tappo cilindrico monopezzo di sughero naturale, ottenuto direttamente per fustellatura dalla corteccia della Quercus suber. La sempre minor disponibilità di materia prima portò allo sviluppo di tappi tecnici birondellati (corpo ottenuto da trucioli di sughero e coperto a ciascuno degli estremi da due dischetti di sughero naturale) e tappi agglomerati (ottenuti per estrusione o per stampaggio a partire da sughero granulato). Due soluzioni che permisero di utilizzare parti di corteccia di spessore inferiore a quello richiesto e gli sfridi di lavorazione dei tappi monopezzo. Il sughero è la soluzione ottimale per i vini da affinare in bottiglia: favorisce, infatti, una rapida evoluzione iniziale del prodotto. Il processo rallenta poi nel tempo in funzione della concentrazione di ossigeno residuo. Per i vini con breve shelf life le valutazioni devono essere fatte caso per caso. I principali problemi correlabili all’utilizzo di tappi in sughero si devono allo sviluppo di organismi (prevalentemente muffe) capaci di produrre metaboliti che conferiscono al vino il temutissimo “sentore di tappo”. La contaminazione microbica è correlabile a una cattiva gestione igienica del sughero durante la produzione del tappo fino allo stoccaggio in cantina. Le sostanze rilevate con maggior frequenza nei vini che presentano il vero sentore di tappo sono il TCA (2,4,6-tricloroanisolo) e il TBA (2,4,6-tribromoanisolo) anche se diversi altri composti chimici presenti nel vino (pirazine, composti solforati, fenoli volatili) possono dare sensazioni olfattive simili al tappo. Lo sviluppo del TCA e le conseguenze della sua presenza nel vino sono stati ampiamente studiati con l’obiettivo di trovare il modo per “sanificare” i tappi. Oggi le tecniche più usate per proteggere i tappi dalle conseguenze della proliferazione microbica sono: trattamenti al calore, microonde, perossidi, SO2. Vi sono inoltre operazioni intese a rimuovere TCA e TBA dal sughero, tra queste per esempio dei trattamenti con anidride carbonica in stato supercritico (processo Diamante) o distillazione a vapore controllata (processo Rosa).
Oltre il sughero
Il rischio di sentore di tappo e l’impossibilità di standardizzare il sughero, in quanto prodotto naturale, hanno favorito la ricerca di alternative, fra queste le più utilizzate sono i tappi polimerici espansi e le chiusure a vite. I principali componenti di un tappo sintetico espanso sono: uno o più polimeri; uno o più espandenti di tipo fisico (gas compressi, idrocarburi alifatici) o di tipo chimico (carbonato e bicarbonato di sodio); additivi (enucleanti, plastificanti, antiossidanti, pigmenti e altro), sostanze per i trattamenti superficiali (agenti antistatici e lubrificanti); inchiostri per riportare eventuali loghi e diciture. Ciascuno di questi componenti deve essere scelto tra quelli che la normativa indica come idoneo al contatto con gli alimenti, le sostanze non devono migrare o la loro migrazione deve comunque rispettare i limiti di legge; il tappo non deve modificare le caratteristiche organolettiche del vino. La produzione della chiusura può avvenire per stampaggio a iniezione o per estrusione. La capsula metallica a vite è ottenuta per imbutitura a freddo di una lamina di alluminio. La composizione della guarnizione (liner) di cui è corredata determina le caratteristiche di barriera all’ossigeno. La compressione della guarnizione sulla bocca della bottiglia durante l’applicazione garantisce la tenuta riducendo lo scambio gassoso con l’ambiente. Un altro importante vantaggio è la possibilità di richiudere la bottiglia e conservare per qualche giorno il prodotto. Per questi e altri motivi la chiusura a vite è molto considerata dagli imbottigliatori del Nuovo Mondo, tanto è vero che nel 2011 i consumi hanno superato i 4 miliardi di pezzi.