La crescita tumultuosa del Birrificio Rurale

Nato come impegno del week end per un gruppo di amici homebrewer, in pochi anni ha visto la domanda espandersi grazie anche ai riconoscimenti ottenuti nei concorsi ai quali ha partecipato e che ne hanno accresciuto la notorietà. Inevitabile il passaggio a una nuova e più potente linea di produzione e confezionamento.

Un sogno giovanile trasformato in realtà grazie all’impegno convinto e alla coesione di un gruppo di appassionati homebrewer i quali, agli albori del nuovo Millennio, stabiliscono che la birra di qualità è altra cosa rispetto alle tante etichette industriali che affollano gli scaffali dei supermercati. Venuti a conoscenza, seguendo i corsi e gli incontri organizzati da esperti, che una birra ricca sotto il profilo organolettico, cioè con un colore che la distingua, un aroma penetrante e un gusto intenso, può essere prodotta artigianalmente, i cinque amici si dedicano alla fabbricazione in casa con risultati apprezzabili. In seguito, scambiandosi opinioni e assaggiando reciprocamente le birre prodotte, il confronto li porta a un miglioramento continuo e tale da far prendere in esame l’ipotesi di fondare un proprio birrificio. Non troppo grande, però. Insomma, che non li distolga completamente dalle attività che già svolgono.

I soci del Birrificio Rurale: da sinistra Luca Franceschi, Beppe Serafini, Lorenzo Guarino, Silvio Coppelli. Stefano Carnelli, Marco Caccia
I soci del Birrificio Rurale: da sinistra Luca Franceschi, Beppe Serafini, Lorenzo Guarino, Silvio Coppelli. Stefano Carnelli, Marco Caccia

Con la forza di gravità

Sono queste le premesse che hanno portato il gruppo a concretizzare l’impresa nel 2007 caratterizzandola subito con una matrice agricola a rimarcare il legame tra una birra di qualità con gli ingredienti che la costituiscono e l’ambiente in cui è prodotta. Incredibile ma vero il primo impianto del Birrificio Rurale (un nome un programma) viene installato in un silos in disuso di un’azienda agricola di Certosa di Pavia, la località a sud di Milano che ospita uno degli edifici religiosi più belli del mondo, in cui arte e ricerca spirituale si fondono in un insieme di rara efficacia.

Ristrutturato con cura il silos affinché possa contenere su tre livelli i macchinari necessari alla produzione della birra, i soci sfruttano gli schemi classici dei birrifici storici per i quali, non disponendo ancora della moderna meccanizzazione, ci si basava sulla forza di gravità.

In un silos ristrutturato

La struttura produttiva all’interno del silos viene di conseguenza suddivisa come segue. Al terzo livello si dispone l’immagazzinamento dei cereali e la macinatura, al secondo si colloca la sala cottura e al primo la cantina con l’attrezzatura per il confezionamento. Ma se l’idea originale era quella di costruire un birrificio con un modello di business che potesse essere portato avanti impegnando il gruppo solo nei weekend, le prime due birre prodotte, entrambe ad alta fermentazione, non pastorizzate né filtrate (una di queste, “Seta”, è tutt’ora in produzione), fanno presto intravedere un mutamento di prospettiva, ben più professionale e meritevole di ben altra dedizione. Conferma la prospettiva, dopo tre mesi dall’avvio della produzione, nel settembre 2009, la nascita e il successo pure di “3° Miglio” (chiamata così perché il birrificio era posizionato all’incirca al 3° miglio del parco Visconteo) che continua ad essere la best seller del Birrificio rurale.

rur_3794Un successo clamoroso

Presentata al concorso organizzato da Unionbirrai, “3° Miglio” è proclamata Birra dell’Anno 2010. A testimoniare il successo inatteso ma certo meritato dagli amici che hanno saputo interpellare correttamente la domanda proveniente dal mercato è il confronto tra il volume di birra prodotto nel primo anno, all’incirca 100 ettolitri, con quello del 2015 quando ne sono usciti dal birrificio ben 3.000, per il 75% in fusti e per il 25% in bottiglie.

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