Cantina Tonino Marchisio: quando il vino è un affare di famiglia

Dei tanti conflitti che vedevano coinvolti i popoli piemontesi di confine prima e dopo l’Unità d’Italia hanno splendidamente cantato in occitano i Lou Dalfin nella loro Plorets, filhetes. Vi si narra di come, a seconda delle alleanze, questi si trovassero a combattere contro o a favore del tricolore del Regno. Comun denominatore: il fatto che delle guerre si trovassero immancabilmente a patire.

Da sinistra, in piedi, Silvia e Tonino Marchisio. Davanti i figli Mattia, Martina e Marco

Non si sa bene per conto di chi e dove fosse stato spedito a incrociar le armi nell’Ottocento Antonio Marchisio da Castellinaldo d’Alba in provincia di Cuneo. Fatto sta che, dopo averlo dato per disperso e magari morto, compaesani e familiari se lo videro dinanzi a distanza di anni vestito di un paltò che tanto somigliava a quello dei brjndor. Sono costoro, nella tradizione locale, i portatori della brjnda, la brenta a spalla colma di vino per proteggersi dai cui schizzi era necessario indossare un’apposita mantella. Divenne per tutti noto col soprannome di Brjnda e a tutt’oggi questo è non solo il nomignolo con cui sono conosciuti in paese i suoi discendenti, ma anche uno dei marchi con il quale commercializzano ancora vino di loro esclusiva produzione.

La Cantina Tonino Marchisio è quindi attiva sin dalla metà del XIX secolo e resta orgogliosamente un family business, sebbene nel corso dei secoli abbia mutato pelle e vocazione ed esteso il raggio d’azione.

Il lavoro fatto da noi

Non è un caso che a ripercorrerne la storia siano stati i tre giovani figli del titolare – Tonino, appunto – e cioè Martina, Marco e Mattia, sottolineando sin da subito che insieme a mamma Silvia «qui tutti fanno un po’ di tutto».

Sotto la direzione del capofamiglia ognuno ha certo prerogative specifiche. Mattia si occupa di vinificazione, della cantina, della gestione degli ordini; Marco dei terreni e dell’amministrazione; a Martina sono state assegnate mansioni di Pr: accoglienza di clienti e visitatori in occasione delle degustazioni. La campagna è invece trasversale: non risparmia nessuno. «Ci troviamo in uno dei centri del Roero caratterizzati dalla più elevata densità di vitigni e inizialmente la produzione era destinata unicamente ai privati della provincia e dei territori limitrofi. Pochissime, in acciaio, legno o cemento, erano le botti. La svolta è arrivata nel 2006 quando papà ha preso definitivamente le redini dell’attività dal nonno Luigi Elio. Da allora lo sviluppo è stato importante e rapidissimo e ci ha portati a calcolare un totale di 80.000 bottiglie l’anno che, fra bianchi e rossi, vendiamo a enoteche e vinerie o al canale horeca per lo più in Piemonte, in Lombardia e Liguria; e in più piccola parte alla grande distribuzione organizzata».

La filosofia di casa Tonino Marchisio prevede un minimo indispensabile ricorso a collaboratori esterni, benché sia prezioso il supporto di un esperto consulente albese in enologia, poiché l’idea è quella di privilegiare «il lavoro fatto da noi», secondo l’espressione usata dai tre fratelli. «Non acquistiamo da altri uve né tantomeno vini. Questo approccio ci ha spinti a investire significativamente in terreni. Oggi disponiamo di una superficie da 15 ettari e un altro ettaro e mezzo circa sarà piantato in primavera, così da poter soddisfare una domanda in aumento».

La giusta dimensione

Posizionati in un’area ove la concorrenza è folta e agguerrita, hanno poi messo gli occhi e le mani su un terreno limitrofo da 60.000 m2 precedentemente coltivati a noccioleto e seminativo, pronti a essere trattati secondo tradizione con concimi pellettati naturali o letame. L’obiettivo è nutrire la terra in maniera equilibrata, affinché possa dare i frutti sperati. «L’impianto definitivo del nuovo appezzamento – hanno detto i Marchisio – è in programma per il prossimo autunno. A oggi è stato effettuato lo scasso cui farà seguito il dissodamento propriamente detto. Non ci interessa crescere oltre le effettive necessità nostre e delle rispettive famiglie e solo se dovesse presentarsi una qualche occasione attraente acquisiremo spazi ulteriori. Il primo traguardo era quello di accrescere i volumi produttivi; adesso puntiamo alla qualità e a un più duraturo invecchiamento». Nel volgere di soli 15 anni Tonino Marchisio è passata dalle 1.000-2.000 bottiglie distribuite in maggioranza ai ristoratori delle città vicine alle già menzionate 80.000 bottiglie attuali, con la concreta opportunità di arrivare a breve a 150.000 litri di prodotto complessivi. Né peraltro è stata abbandonata la vendita di vino sfuso in damigiana, nonostante tenda ad assottigliarsi il novero di quanti si appassionino al confezionamento casalingo, che chiede pazienza. Per quel che riguarda le varietà, i bianchi e rossi si equivalgono dal punto di vista quantitativo e ad ambedue si può attribuire un 50% del venduto.

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