Birra artigianale, agricoltura e famiglia: il modello Lara in Ogliastra

Il Birrificio Lara si trova nel paese di Tertenia, in Ogliastra: regione della Sardegna centro-orientale che corrisponde anche all’omonima provincia. Ricca di spiagge con mare incontaminato e una natura aspra, rappresenta una delle 5 zone blu del mondo: termine usato per identificare un’area demografica in cui la speranza di vita è notevolmente più alta della media. In questo contesto i coniugi Francesca Lara (da cui nasce il nome del birrificio) e Gianni Piroddi nel 1999, a partire dall’idea che si potesse produrre “birra in casa”, hanno dato vita alla propria attività che col tempo ha visto il coinvolgimento anche dei figli. La prima a sperimentare è stata proprio Francesca che, col tempo ha lasciato che fosse Gianni ad occuparsi del processo produttivo, ma sempre partecipe delle strategie produttive e della traiettoria che l’azienda segue. In un’epoca nella quale le attività produttive in Sardegna si potevano contare sul palmo di una mano, si sarebbe dovuto però aspettare il 2009 perché il birrificio si aprisse al mercato.

Gianni Piroddi e Francesca Lara

Come è nato il Birrificio Lara?

«Abbiamo iniziato come homebrewers, comprando le materie prime, dando vita alle prime sperimentazioni, quando la possibilità di partecipare a un bando di finanziamento per l’avviamento di nuove attività ci ha consentito di dedicarci in maniera più decisa fin da subito. Un’azione che, pur non andata a buon fine, ci ha consentito di realizzare una struttura per il birrificio, di acquistare alcuni strumenti e di realizzarne altri in proprio. È sempre di quel periodo la possibilità di seguire i pochi e mal gestiti corsi di formazione disponibili all’epoca. Da quelle prime prove all’inaugurazione dell’attività sono stati necessari 12 anni. L’impianto autocostruito con il quale abbiamo iniziato a farci conoscere con 3 birre V16, Ruggia e ZAR aveva una capacità di… 80 litri. La nostra idea è sempre stata quella di utilizzare materie prime locali ma la possibilità di definirci birrificio agricolo è arrivata solo nel il 2010: anno nel quale per la legge italiana la birra è diventata per l’appunto “prodotto agricolo”. Quell’intenzione è certificata da una delle prime produzioni: “la birra del Senatore” che prende il nome dal grano Cappelli, coltivato nella nostra azienda, utilizzato non maltato in ricetta e che identifica ancora oggi la nostra cifra produttiva. Siamo stati coinvolti anche in alcuni progetti di ricerca tra cui il progetto cluster di Porto Conte Ricerche nel 2009 (Innovazione di processo e prodotto delle birre artigianali della Sardegna); in seguito sempre con Porto Conte Ricerche su orzi prodotti in Sardegna e malti da essi ottenuti e poi con l’Università di Sassari per la ricerca di lieviti autoctoni con cui realizzare le nostre birre. È stato un periodo che tra l’altro ha trovato corrispondenza con un maggiore consumo di prodotto. I passaggi chiave per il birrificio sono stati quindi il naturale passaggio già nel 2012/2013 a un impianto produttivo con una sala cotta da 7 hL per poi arrivare nel 2016 a quella odierna da 20 hL».

Cosa c’è e chi c’è nel futuro del birrificio Lara?

«Oggi il Birrificio Lara dispone di una struttura che insiste su una superficie di 3 ettari dove abbiamo la possibilità di produrre le materie prime e offrire percorsi di degustazione abbinati a cibi locali. L’obiettivo finale è quello di far vivere ai nostri ospiti un’esperienza completa dalla coltivazione al bicchiere. Per questo motivo stiamo progettando alcuni campi dimostrativi di orzo e luppolo e una piccola malteria per trasformare autonomamente gli orzi, dando valore aggiunto alle nostre birre. Parlando del futuro i nostri figli, cresciuti nell’attività, contribuiscono in vari ambiti. Pur non avendo realizzato un percorso di studi ad hoc hanno da sempre respirato l’aria del birrificio e si sono appassionati. Enrico è quello più coinvolto nella produzione della birra e nella gestione del pub, fino ad occuparsi della preparazione della pizza che prevede l’utilizzo anche di una piccola percentuale di farine locali nel nostro locale, ed Elisa che si dedica invece all’accoglienza e gestisce la logistica».

Come interpretate gli stili birrari?

«Abbiamo una certa passione per il frumento con il quale realizziamo ben 6 delle 8 birre in catalogo. Pur ispirandoci ad alcuni stili europei come Weiss, Blanche o Saison, il nostro obiettivo non è quello di rispettarli in maniera rigida, ma di realizzare prodotti in linea con un nostro pensiero di partenza e che trova il riscontro nel gusto dei nostri clienti».

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