Gianni Moscardini: vini fatti per essere ricordati

Reinterpretare il concetto di areale ed esaltare l’identità di ogni singola parcella: da anni Gianni Moscardini, produttore e consulente agronomo proprietario di una tenuta vitivinicola a Pomaia – una frazione di Santa Luce, nella Maremma settentrionale –, persegue questo obiettivo, che incarna anche il principio cardine della sua produzione e la sua personale cifra espressiva. Si parte, sempre e comunque, da un attento lavoro in vigneto: 13,5 ettari di filari tra il mare e le colline posti a circa 180 metri s.l.m. sopra a un altopiano e lungo i suoi fianchi – che degradano dolcemente verso sud/ovest – e divisi nei cinque appezzamenti di Campo San Giovanni, Campo al Pino, Cantina, Puntina e Riserva. In essi non vengono utilizzati diserbanti, il ricorso ai prodotti di sintesi è minimo e si pratica il sovescio, per assicurare la fertilità del terreno e migliorarne la struttura, operando nel pieno rispetto della natura e dei suoi ritmi.

«Questa è la nostra filosofia, che si basa su una profonda conoscenza della terra che coltiviamo e su uno studio incessante delle relazioni tra parcella, portainnesto e clone. Ogni vino che realizziamo è il risultato della ricerca del connubio perfetto fra questi tre elementi e presenta, quindi, caratteristiche uniche e inconfondibili».

La sua passione per il mondo vitivinicolo è indiscutibile. Ci racconta quando è nata?

«Provengo da una famiglia che per tre generazioni prima di me ha vissuto e coltivato la terra, tramandando conoscenze ed esperienza di padre in figlio. Conto, quindi, su una solida tradizione agricola familiare e nutro questa passione fin da bambino. Oltre cent’anni fa il mio bisnonno avviò l’attività, al tempo specializzata nella coltivazione di cereali e olivo, con una produzione vitivinicola ridotta e per lo più destinata all’autoconsumo. Nel tempo le cose sono cambiate: si è via via sviluppata una cultura del vino verso cui ho riservato un forte interesse, il che mi ha portato al desiderio e all’ambizione di creare un progetto enologico personale. Nel 2000 ho conseguito la laurea in Scienze Agrarie all’Università di Pisa e ho intrapreso la carriera di agronomo e consulente per diverse aziende, in particolare toscane, dedicando più anni alla ricerca. Ho ricevuto importanti incarichi in alcune delle più blasonate realtà della regione, ma ho sentito, parallelamente, la necessità di creare qualcosa di mio, nella mia terra. Così, nel 2008, ho acquisito la proprietà di famiglia e fondato Sator, l’azienda che oggi porta il nome Gianni Moscardini, convertendo le colture a vigneto. Il vino è il linguaggio che ho scelto per raccontare la singolarità, la potenza e la raffinatezza di quest’areale».

Oggi di cosa si occupa, nello specifico?

«Svolgo ancora l’attività di consulenza, accanto alla conduzione della mia impresa vitivinicola, dove sono sempre in prima linea e sviluppo ogni idea e progetto nel dettaglio: oggi posso affermare di essere riuscito a trasformare la mia passione in una professione. Dedico molto tempo della mia vita al lavoro, dapprima ascoltando la natura per poi intraprendere quelle azioni che ne agevolano i ritmi. Mi avvalgo di cinque collaboratori, ognuno addetto a una specifica mansione – dalla gestione del vigneto e della cantina al reparto commerciale e all’accoglienza –, mentre la conduzione enologica è affidata, fin dall’inizio del mio progetto, all’enologo Emiliano Falsini. La mia più grande soddisfazione? È stata poter degustare una delle mie prime annate insieme al mio team. Ho la capacità di vedere oltre il presente, anche grazie alle preziose esperienze maturate negli anni, e mi lascio guidare dalla determinazione e dalla dedizione, i miei punti di forza, nella convinzione che al giorno d’oggi un produttore vitivinicolo debba armarsi di pazienza e debba saper infondere il proprio carattere e la propria grinta a ogni suo vino».

Differenziarsi, quindi, è molto importante secondo lei…

«È un obbligo. I dettagli fanno la differenza, così come la fa qualunque progetto completo volto a divulgare ciò che è la quotidianità di un’impresa, come facciamo noi. Questo è ciò che ho sempre applicato in azienda e ciò che cerco di comunicare giornalmente anche ai miei collaboratori, oltre che al mondo esterno».

Qual è il vostro approccio in cantina?

«Così come i vigneti, anche la cantina è gestita con accuratezza ed essenzialità, facendo in modo che l’intervento umano sia contenuto a tutto ciò che è necessario per ottenere un’uva, e un vino, altamente qualitativi, valorizzati nelle caratteristiche che il terroir offre. Interventi minimi, dunque, e basso impatto sulle uve, per preservarne la naturalità e il carattere varietale. Cerchiamo di essere quanto più possibile ecosostenibili, tramite l’utilizzo di un impianto fotovoltaico, che copre il fabbisogno energetico di tutti i macchinari, e il trattamento delle acque reflue attraverso un impianto di fitodepurazione. Per quello che riguarda l’imbottigliamento, viste le numerose etichette prodotte in quantità limitata, preferisco utilizzare un impianto mobile, che ci garantisce la qualità necessaria in ogni fase del processo di riempimento e confezionamento».

Quante sono le etichette Gianni Moscardini?

«La gamma vini oggi conta nove referenze: Penteo Bianco, Penteo Rosso e Penteo Rosato per la linea Selezione; Sileno Ciliegiolo, Sileno Sangiovese e Sileno Merlot per la linea Monovarietali; Atteone, Artume e Operaundici per la linea Terroir. Nel prossimo futuro, tuttavia, al fine di incrementare il valore intrinseco e percepito della produzione, ridurremo le proposte a sette, andando a selezionare i vini che meglio esprimono le peculiarità del territorio, del terreno e dei vitigni. Rimarranno, quindi, le etichette del Penteo Bianco, Penteo Rosso, Penteo Rosato, Sileno Ciliegiolo, Artume e Atteone, mentre è appena stato aggiunto, a giugno 2023, il Verdicchio nella linea Monovarietali. Questa scelta rientra in un disegno di evoluzione aziendale che include anche il passaggio dalla denominazione DOC Montescudaio alla IGT Costa Toscana, una delle più importanti aree vitivinicole d’Italia. Per l’estero, siamo sempre alla ricerca di importatori che abbiano la nostra stessa filosofia: qualcuno che racconti la storia che c’è dietro a ogni etichetta».

Il suo vino del cuore?

«Ciascuno dei miei prodotti aziendali mi rende fiero, poiché rappresenta un piccolo tassello nella composizione generale e nell’equilibrio della nostra realtà. Sicuramente, però, i miei vini del cuore sono due, anzi, tre: il Ciliegiolo – uva che nella Maremma settentrionale sono stato il primo a riscoprire –, Atteone e Artume. Nato per dimostrare che gli areali del Cabernet Franc sono ben più ampi di quello che si pensa, Atteone è un vino simbolo monovarietale che deriva dalla lavorazione delle uve di Cabernet Franc raccolte negli appezzamenti di Campo San Giovanni e Riserva; affina, quindi, per 10 mesi in rovere francese e per altri 8 mesi in bottiglia. Dal colore rosso rubino intenso, questo prodotto rivela al naso sentori di tabacco, cioccolato e frutti maturi, mentre al palato si distingue per l’ottima struttura, la piacevolezza dei tannini dolci, la fragranza e la freschezza dei sentori primari, che, uniti a una buona sapidità e persistenza, presuppongono un lungo percorso evolutivo. Artume, invece, è un bianco unico, ottenuto dalle migliori uve Fiano e Vermentino dei filari di Campo al Pino e concepito per ricreare i sentori di una delle zone enologiche a me più care. Ti conquista grazie alle note intense di frutta bianca, vaniglia e spezie, accentuate da un affinamento in barriques di rovere per 10 mesi e al palato si rivela ampio, fresco, con tratti sapidi e minerali».

Di quali aspetti tiene conto per poter definire qualitativamente un vino?

«Sicuramente si deve tener conto della bevibilità, della freschezza e dell’espressione, nel calice, di uno specifico territorio. Non possiamo più pensare a prodotti standardizzati: è necessario far comprendere in modo chiaro ai consumatori le peculiarità di ogni area in base all’andamento dell’annata. Un’altra caratteristica scontata, ma senza dubbio indispensabile per un vino di qualità, si ritrova nell’eleganza. Personalmente prediligo sempre i vini in purezza, in modo da assaporare la potenza di ogni varietà; tra tutti, poi, adoro i Pinot Nero della Borgogna, di cui apprezzo le sfumature varietali e la raffinatezza».