Combinare enogastronomia, ospitalità e vini biologici per elevare l’enologia ostunese e rivalutare il territorio nel segno della riscoperta e valorizzazione della Doc Ostuni: è l’obiettivo del progetto firmato Amalberga, nato nel 2014 dalla passione di Dario De Pascale e dagli amici e soci Roberto Fracassetti e Roberto Candia, insieme agli enologi Valentino Ciarla e Gloria Battista.
«Siamo persone appassionate che credono nelle potenzialità racchiuse nelle terre della “città bianca” – specifica Dario De Pascale – e proponiamo vini eleganti, di struttura e contemporanei, in grado di raccontare la storia, le tradizioni e le caratteristiche di un territorio straordinario come quello di Ostuni, dal potenziale inespresso. Il nome di questo progetto – ispirato alla monaca belga Amalberga di Temse, nota come santa nelle Fiandre e protettrice di agricoltori e marinai – fa riferimento allo spirito di dedizione e cura che ci ha guidati nelle scelte e nell’impegno che ognuno di noi ha investito in azienda fin dall’inizio. Abbiamo saputo creare una squadra affiatata, che oggi realizza produzioni agricole ed enoiche d’eccellenza».
Di sangue ostunese, agricoltore per vocazione da oltre un decennio, de Pascale ha avuto da sempre l’ambizione di produrre vini di qualità in questa Denominazione, sin da quando, da bambino, passeggiava con il nonno nei vigneti di famiglia. Tra i suoi partner della prima ora Gloria Battista, enologa di professione, prima che sua moglie, e l’imprenditore bergamasco Roberto Fracassetti, esperto del mondo tessile per l’arredamento; in seconda battuta, ma da subito attivi nello sviluppo del progetto, si sono uniti anche l’enologo Valentino Ciarla – fondamentale nello sviluppo dell’attività vinicola e coinvolto nella creazione delle referenze aziendali a partire dal 2017 – e l’imprenditore vicentino Roberto Candia.
Terre rosse a 300 metri di altitudine
In questi anni in Amalberga si è compiuto un lavoro meticoloso sui vigneti già esistenti e su nuovi piccoli appezzamenti. Negli 11 ettari totali di proprietà, e nei restanti 12 di aziende collegate, le varietà viticole allevate sono quelle che raccontano l’anima del luogo: Francavilla, Impigno, Minutolo, Bianco D’Alessano, Primitivo, Verdeca, Ottavianello, Susumaniello, Aleatico e Negroamaro. Tra queste cultivar, spiccano i vigneti storici di Primitivo, risalenti al 1952, di Verdeca, con alberelli di oltre 60 anni, e di Negroamaro, con un’età media di 55 anni. I terreni, posti a un’altitudine di circa 300 metri slm, sono costituiti da uno strato superficiale di terra rossa che nelle lame, alle pendici dei rilievi e nelle conche diviene più profondo e consente alla vite di crescere utilizzandone la buona fertilità.
«Le terre rosse, generate dalla dissoluzione delle rocce calcaree, delle quali rappresentano la parte insolubile, sono composte da ossidi e idrossidi di ferro e alluminio – spiega De Pascale –: sono ricche, perciò, di potassio e povere di sostanza organica, ma con una forte presenza di scheletro di carbonato di calcio che arriva a rappresentare il 60% dei costituenti totali, per una composizione di medio impasto che vira dall’argilloso all’argilloso-limoso». Qui il clima è mediterraneo, caldo arido, con andamento pluviometrico che difficilmente supera gli 800 mm di precipitazioni annue, concentrate per lo più nel periodo autunno-invernale, e il microclima è adatto alla viticoltura: le importanti escursioni termiche tra giorno e notte – fondamentali per una maturazione ottimale e per la concentrazione di profumi e acidi – favoriscono la concentrazione di polifenoli e composti terpenici nelle bacche, per vini bianchi freschi, verticali e di struttura.
Viticoltura biologica fin dal principio
Fin dall’inizio i soci titolari hanno messo in atto un sistema incentrato sulla viticoltura biologica e, con il tempo, hanno investito su macchinari performanti, per essere in grado di impattare il meno possibile sull’ambiente. «Già dal primo giorno abbiamo adottato un approccio basato sul rispetto del territorio in cui operiamo – puntualizza De Pascale –: per noi l’attenzione alla natura e alla comunità sono punti cardine di cui teniamo conto durante ogni nostra attività. Nei vini aziendali puntiamo a elevare la qualità che ci viene offerta grazie a uve biologiche eccellenti e in vigneto applichiamo tutte le buone pratiche realmente green, dal recupero delle acque all’impiego di scarti di produzione e di cantina – bucce, graspi, fecce – per la fertilizzazione del terreno. Il nostro obiettivo principale, tuttavia, è stato puntare sulla creazione di una cantina sotterranea capace di essere sostenibile e, al tempo stesso, efficiente».
Una cantina contemporanea nei vini, nell’architettura e nell’accoglienza, dunque, quella di Amalberga, ultimata nel luglio 2024 e oggi integrata con il paesaggio delineato dalle campagne di Ostuni. La struttura risparmia il suolo, punta all’efficientamento energetico e permette un bilancio idrico a zero perdite, grazie alla raccolta in ampie cisterne di tutte le acque piovane e il riutilizzo di quelle impiegate nelle diverse attività. L’intera area produttiva è stata edificata nel sottosuolo, con la realizzazione di due piani interrati per una profondità complessiva di 12 metri e un’area totale di 1.200 mq. «Questo ci ha permesso di non consumare suolo in superficie e di beneficiare di un ambiente non soggetto a fluttuazioni termiche, con temperature costanti, che consentono di operare vinificazioni e affinamenti nelle migliori condizioni possibili e di puntare alla massimizzazione del risparmio energetico. Con il nostro sistema di recupero delle acque, infine, possiamo vantare un bilancio idrico positivo, riuscendo a stoccare più acqua di quella che realmente consumiamo nelle pratiche produttive».