Vini dalle terre confiscate alla mafia

Alle falde del monte Iato Centopassi è l’anima vitivinicola delle cooperative Libera Terra che coltivano terre confiscate alla mafia in Sicilia.

Centopassi è l’anima vitivinicola delle cooperative Libera Terra che coltivano terre confiscate alla mafia in Sicilia

Fondata nel 2006, Centopassi è una cooperativa di agricoltori protesa alla produzione di vini di elevata qualità nati dal felice connubio tra vitigni autoctoni e terroir di straordinaria vocazione viticola distribuiti nell’Alto Belice Corleonese. Produzioni biologiche e sostenibilità ambientale sono l’ulteriore spinta propulsiva di questa dinamica realtà siciliana i cui vini sono sempre più apprezzati sui mercati internazionali.

Racconta l’azienda Vito Rappa, agronomo e Group Product Manager – Wine Consorzio Libera Terra Mediterraneo Cooperativa Sociale ONLUS.

Come si innesta Centopassi nel Progetto Libera Terra Mediterraneo?

«Libera Terra è un ambizioso progetto sociale volto a valorizzare i territori liberati dalla mafia dando loro nuova dignità attraverso produzioni agricole biologiche di alta qualità rispettose non solo dell’ambiente ma anche della persona. Produzioni che nascono in seno a cooperative autonome e autosufficienti create ad hoc che fanno capo a Libera Terra, in grado di dare lavoro, creare indotto positivo e proporre un sistema economico virtuoso, basato sulla legalità, sulla giustizia sociale e sul mercato. Nata nel 2005, Centopassi è il cuore vitivinicolo pulsante di Libera Terra Mediterraneo, la quale raccoglie oggi 9 cooperative distribuite in 4 regioni (Puglia, Calabria, Campania e Sicilia). La Cantina si trova a San Cipirello in provincia di Palermo ai piedi del Monte Iato. La prima bottiglia è stata immessa sul mercato nel 2006, mentre la cantina è entrata in piena autonomia e attività nel 2008».

Centopassi è il brand che sottende la vostra produzione vitivinicola: perché questo nome?

«“Centopassi” esprime in maniera inequivocabile l’idea di un cammino, racconta la voglia di non fermarsi nonostante tutto, proprio come fece Peppino Impastato, giornalista e conduttore radiofonico, che per le sue denunce indomite contro le attività di Cosa Nostra fu assassinato il 9 maggio 1978».

Dalle terre confiscate alla mafia nasce il buon vino…

«Oggi sono circa una settantina gli ettari vitati che alimentano le nostre produzioni, dove si coltivano vitigni per lo più autoctoni o originari di altre aree della nostra Isola. Con i conferitori esterni sottoscriviamo dei contratti pluriennali, attraverso i quali, se da un lato garantiamo remunerazioni competitive sul raccolto, dall’altro, siamo molto esigenti nel rispetto dei termini contrattuali. Questi prevedono, oltre alla coltivazione biologica e sostenibile secondo precise indicazioni fornite da Centopassi, e al preservare incolti parte dei terreni per promuovere la biodiversità, anche contratti salariali nella piena legalità per chi lavora in vigna.  Sono circa 70 gli ettari vitati, un 5% dei quali sono campi sperimentali, i quali assecondano la nostra ambiziosa idea di produrre vini esclusivamente da vitigni siciliani, sintonizzando pianta e terroir. Per quanto riguarda i luoghi, i nostri vigneti crescono nel territorio di San Giuseppe Iato, Corleone, Monreale San Cipirello, in un altopiano di straordinaria bellezza, ancora oggi poco antropizzato e contaminato, quello dell’Alto Belice Corleonese. I terreni a quote comprese tra i 350 m e i 1000 m sono in prevalenza di origine silico carbonatica, quindi di matrice principalmente argillosa. L’altitudine, con il sempre più pressante problema del surriscaldamento globale, gioca oggi a nostro favore grazie all’importante escursione termica di questi territori tra giorno e notte, così come la dislocazione un po’ casuale delle terre, sulle quali insistono i nostri vigneti, la quale contribuisce a creare quella coralità di voci straordinariamente diverse e particolari che connota la ricca proposta di vini di Centopassi».

Per quanto riguarda i vitigni?

«I due pilastri sui quali si fonda la nostra proposta di vini bianchi sono il Grillo e il Catarratto, quest’ultima è la varietà autoctona più coltivata sull’Isola. A questi vitigni si è aggiunto il Carricante, un vitigno dell’area dell’Etna che abbiamo voluto introdurre anche nelle nostre terre per valutare l’espressione in terreni diversi da quelli di origine vulcanica. Il vitigno principe per quanto riguarda, invece, i vini rossi è il Nero d’Avola. Oggi proponiamo un cru di Nero d’Avola dove il connubio tra vitigno e luoghi dà vita a un vino sorprendente per eleganza e complessità. Poi, antico vitigno autoctono della Sicilia occidentale, il Perricone è una varietà che stiamo coltivando con ottimi risultati fin dal 2012, anche se si tratta di un vitigno non sempre facile da interpretare; la sua spiccata resistenza alla siccità, problema sempre più attuale in agricoltura, lo rende sicuramente interessante agli occhi di noi agronomi. Concludo con due varietà del messinese – Mascalese e Nocera – che abbiamo impiantato in un luogo simbolo per noi siciliani: Portella della Ginestra. Qui il 1° maggio 1947 la banda criminale di Salvatore Giuliano sparò contro la folla di contadini, riuniti per celebrare la Festa dei Lavoratori, provocando 11 morti e numerosi feriti. Un ettaro e mezzo di vigneti coltivati ad alberello a quasi 1000 metri di quota». 

Qual è la vostra offerta commerciale?

«Centopassi ha 12 etichette a catalogo tra vini bianchi e rossi che potremmo per semplicità suddividere in due linee: I Blend e I Cru. Quello dei blend è un progetto dedicato soprattutto al mondo della GDO, in particolare alla catena di supermercati Coop, che comprende un bianco e un rosso Terre Siciliane IGT ai quali abbiamo dato il nome Placido Rizzotto. Il primo è un blend di uve di Catarratto, Grillo e altri vitigni, mentre il rosso unisce Nero d’Avola, Syrah e altri vitigni. I Cru sono una straordinaria selezione di vini nata a partire dal 2008, tutti mono vigna, quindi piccole produzioni provenienti dalle vigne migliori, per vini di grande complessità ed eleganza, frutto di una certa “ambizione enoica”».

Che cosa intende nello specifico per “ambizione enoica”?

«Il vino per noi deve essere espressione del terroir dal quale nasce. Questo implica che la maggior parte del lavoro deve essere fatto in campo producendo uve di qualità a disposizione della cantina, la quale limiterà il più possibile il suo intervento con la pretesa di consegnare al consumatore un prodotto autentico e di qualità. Massima attenzione quindi in campo a ogni pratica agronomica durante l’intero ciclo produttivo della vite fino alla raccolta, che per noi deve essere assolutamente puntuale e in sintonia con i dati analitici dei campioni raccolti a intervalli via via più serrati con l’approssimarsi della vendemmia. Ritardare la raccolta può nel caso, per esempio, del Grillo comprometterne l’acidità e quindi la freschezza del prodotto finale».  

C’è poi il discorso della sostenibilità ambientale…

«… che è uno dei pilastri fondanti della filosofia di Centopassi; e questo per diversi motivi. Il primo è che i terreni non sono di nostra proprietà, ma della collettività, quindi per noi è importante consegnare a chi ci succederà una terra ancora fertile, produttiva e incontaminata. Per questo tutti i materiali che utilizziamo in vigna sono di origine vegetale, quindi biodegradabili: abbiamo bandito la plastica, problema di rilevante impatto ambientale, oggi fortemente utilizzata nell’allevamento dei vigneti per la legatura del capo a frutto, per il condizionamento della vegetazione. Per i trattamenti in campo preferiamo alla programmazione a calendario, pratica comune anche nell’agricoltura biologica, interventi mirati in base ai rilevamenti delle colonnine metereologiche; per questo abbiamo sviluppato una partnership con Horta, spin-off dell’Università degli Studi di Piacenza».

Come vede il futuro di Centopassi?

«Consolideremo la nostra presenza all’estero che vale già oggi il 14% del nostro fatturato. L’estero – quindi Europa, Stati Uniti, Estremo Oriente – è per noi una cartina di tornasole della qualità delle nostre produzioni. Se in Italia il progetto sociale che ci vede protagonisti potrebbe essere una delle leve d’acquisto dei nostri vini, all’estero prevale quasi solo l’aspetto qualitativo. La crescita dell’export in questi anni ci conferma che siamo sulla strada giusta. Un percorso nel segno della qualità e della sostenibilità ambientale e sociale, nel quale Centopassi profonde un impegno costante».

(cortesia foto: Giorgio Salvatori)