Nel maggio 2019 Legambiente ha pubblicato un’indagine dal titolo “Beach Litter 2019”[1]sull’inquinamento delle spiagge italiane in cui analizza tipologia e quantità dei rifiuti trovati su ben 93 lidi lungo tutta la penisola. I dati confermano quanto già evidenziato nelle 4 edizioni precedenti del rapporto, ovvero la notevole incidenza della plastica tra tutti i rifiuti, materiale che da solo rappresenta l’81% di quanto raccolto. Ai primi posti della top ten (i 10 rifiuti più trovati) ci sono pezzi di plastica e polistirolo, ma anche tappi e coperchi di bevande, di cui se ne trovano in media 1 per ogni metro di spiaggia. Secondo questa indagine, dunque, i tappi delle bottiglie in plastica per bevande sono tra i materiali più inquinanti per gli ecosistemi marini.
L’indagine di Legambiente non è naturalmente l’unica a sottolineare il problema. Nel 2017 la North Sea Foundation ha pubblicato i risultati di una ricerca molto ampia e approfondita sull’inquinamento da tappi di bottiglie di plastica, raccogliendo e analizzando oltre 10.000 tappi sulle coste olandesi del Mare del Nord[2]. Alcuni dei risultati: più dell’80% dei tappi raccolti proviene da imballaggi di bevande e alimenti di largo consumo; il numero di tappi di bottiglia trovati sulla spiaggia per chilometro è compreso tra 20 e 128; oltre il 70% dei tappi è danneggiato, con danni da lievi a gravi. Questo potrebbe stare ad indicare che i tappi di bottiglia sono rimasti a lungo in mare e hanno viaggiato a lungo. Secondo questo studio, i tappi di plastica sono tra i primi cinque rifiuti oceanici più letali: i mammiferi marini, gli uccelli e i pesci li scambiano per cibo, il che può portare all’ingestione e a conseguenze potenzialmente fatali. Tra l’altro, i tappi di plastica sono spesso fatti di polietilene ad alta densità HDPE, il che li rende persistenti nell’ecosistema e più difficili da degradare.
La via europea per affrontare il problema
Per cercare di limitare la dispersione dei tappi di plastica nell’ambiente, l’Unione europea ha definito nel giugno 2019 una particolare misura all’interno della Direttiva n. 2019/904/UE “sulla riduzione dell’incidenza di determinati prodotti in plastica sull’ambiente” (altrimenti nota come Direttiva SUP o Direttiva sulla plastica monouso). Essa prevede che da luglio 2024 tutte le confezioni di bevande con una capacità fino a 3 litri, escluse quelle in vetro e metallo, dovranno essere vendute con tappi cosiddetti “legati” o “ancorati” o “solidali” (in inglese tethered), progettati cioè per rimanere attaccati alla confezione. In altre parole: tappi e bottiglie rimarranno uniti fino al riciclo (a meno di non danneggiare la confezione). In questo modo l’Unione europea è convinta di poter diminuire notevolmente la dispersione dei tappi nell’ecosistema.
L’Italia ha recepito la direttiva europea con il DL 196 che all’articolo 6 recita: “A decorrere dal 3 luglio 2024, i prodotti di plastica monouso elencati nella parte C dell’allegato i cui tappi e coperchi sono di plastica possono essere immessi sul mercato solo se i tappi e i coperchi restano attaccati ai contenitori per la durata dell’uso previsto del prodotto”.
Un cambiamento di portata notevole
Si tratta di una direttiva che, vista la dimensione del problema, potrebbe avere un importante e positivo impatto ambientale. Le aziende e le associazioni di settore sposano gli obiettivi della direttiva, ovvero ridurre i rifiuti dispersi nell’ambiente e aumentare l’economia circolare.
Sicuramente, però, tale direttiva rappresenta un terremoto nel settore in termini di impatto tecnologico e riorganizzativo su tutta la catena del valore.
Afferma Cristina Giglio Tos, Marketing Director South Europe presso Tetra Pak: «Ottemperare alle misure richieste implica un coinvolgimento di tutta la filiera. Coinvolge i supplier di materiali di imballaggio e di linee di confezionamento come può essere Tetra Pak – che devono progettare e realizzare delle soluzioni completamente nuove, testarne la validità e la funzionalità per i consumatori e soprattutto verificare che assicurino l’integrità, la salubrità e la qualità organolettica delle bevande esattamente come le precedenti chiusure. L’applicazione della direttiva coinvolge poi massivamente i produttori di bevande che devono implementare queste soluzioni sull’intero parco macchine installate con implicazioni importanti sia lato investimenti che di continuità delle operations. E coinvolge certamente anche i consumatori che devono adeguarsi a una nuova modalità di consumo. Non da ultimo coinvolge anche i riciclatori a cui ora tappo e bottiglia arrivano agli impianti di riciclo sempre insieme».
Se è vero che questa misura interessa tutta la filiera, è fuor di dubbio che siano stati soprattutto i produttori di confezioni e di macchine di confezionamento a esserne coinvolti. Giglio Tos conferma: «Nel 2019 Tetra Pak aveva in portfolio circa 40 soluzioni di tappi abbinati a delle confezioni e circa 1000 unità di confezionamento presso numerosi clienti. Aderire a queste misure ha significato pertanto riprogettare quelle 40 soluzioni e adeguare le macchine installate presso i clienti senza creare loro disagi al fine di permettergli di essere conformi con la direttiva a luglio 2024. Per rispondere a tutte queste sfide, Tetra Pak ha investito circa 400 milioni di euro in tre anni».
Diverse soluzioni tecnologiche
Le aziende hanno messo a punto diverse soluzioni tecnologiche, ciascuna rispondente a diverse caratteristiche di prodotto, di confezione e di consumo. Esse hanno cercato vie che implicassero il minor impatto e la minor necessità di intervento possibile sulle macchine già in campo.
Afferma Mathieu Druon, Product Manager Eco Assessment and Sustainability presso Sidel: «In preparazione ai cambiamenti richiesti dalla Direttiva SUP, Sidel ha introdotto soluzioni che consentissero ai produttori di bevande in bottiglia di passare ai tappi tethered con il minimo impatto sulle loro attività. La modalità di implementazione di questi tappi da parte dei produttori varia a seconda dell’ambito di utilizzo e comporta non solo un cambio di chiusura ma anche test di accettazione da parte dei consumatori e di ottimizzazione dell’imballaggio. Il nostro ruolo è quello di assicurarci che i nostri clienti possano affrontare questa transizione con le giuste soluzioni e garantire che non vi sia alcun impatto sull’efficienza della linea e sulla shelf life del prodotto». Tuttavia, nonostante gli sforzi, racconta Druon: «In molti casi, i nostri clienti devono convertire le linee di imbottigliamento esistenti, sostituendo le parti a contatto con il tappo e il collo. All’estremo opposto, quando i tappi tethered vengono sfruttati come opportunità per ottimizzare la bottiglia piena, sono necessari nuovi stampi di soffiaggio. Ad esempio: parlando della nuova finitura del collo e del tappo, a seconda di come essa si differenzia da quella attualmente in uso, i nostri clienti potrebbero dover investire in nuovi strumenti di iniezione per chiusure e preforme».
Lo stesso scenario viene descritto da Cristina Giglio Tos: «Nonostante Tetra Pak abbia cercato di mettere a punto soluzioni tecnologiche il meno impattanti possibili e questo sforzo abbia effettivamente permesso, in alcuni casi, di dover fare solo modifiche minime alle macchine, alcuni nostri clienti hanno dovuto implementare significative modifiche alle linee in un tempo relativamente ristretto».
A proposito di modifiche, afferma Assobibe – l’Associazione nazionale di categoria che rappresenta le imprese che producono e vendono bevande analcoliche in Italia: «Sono diverse le modifiche che si sono rese necessarie al fine di garantire sempre un’esperienza ottimale di consumo, come la facilità di apertura e di utilizzo del prodotto, ma anche in merito ai requisiti anti-tampering. In alcuni casi è stato necessario modificare anche i settaggi degli impianti, soprattutto sulle linee asettiche. Per gli imbottigliatori di soft drinks, gli investimenti fatti sono di natura operativa oltre che economica. Sono rilevanti perché richiedono una ricalibrazione totale dei requisiti tecnici che consentano di mantenere sicurezza, facilità di trasporto e facilità d’uso».
I materiali non cambiano
Almeno dal punto di vista dei materiali poco o nulla cambia: i materiali rimangono gli stessi, sia per contenitori che per tappi. A questo proposito aggiunge Assobibe: «Sia r-PET che v-PET si prestano all’introduzione dei tappi attaccati. I tappi con prestazioni maggiori, come i tappi sport, ad esempio, necessitano di un maggiore adeguamento delle linee produttive. In generale, però, la maggior parte dei nostri associati si è già adeguata o sta finalizzando le operazioni necessarie per farlo».
Ciò che cambia è eventualmente il calibro dei tappi. Tetra Pak è riuscita a diminuire il peso delle proprie chiusure tethered del 7-15% per unità a seconda del tipo di soluzione. I tappi di Sidel per Coca-Cola Europacific Partners – CCCPE pesano 1 grammo in meno rispetto ai precedenti. Quindi, da parte di alcune aziende la necessità di introdurre cambi tecnologici è stata presa anche come occasione per ulteriori migliorie.
[1] https://www.legambiente.it/wp-content/uploads/dossier_beachlitter2019.pdf