Botti: strategie per la pulizia e la sanificazione

Il legno rimane un materiale attuale in enologia per i numerosi vantaggi che ha nella vinificazione, tra cui l’aumento dell’intensità e della stabilità del colore, la chiarifica spontanea e il miglioramento della complessità del profilo organolettico dei vini. L’utilizzo delle botti presenta tuttavia problemi che hanno spinto a trovare soluzioni alternative, sebbene mai esaustive. Le botti di alta qualità sono costose, richiedono cura nell’uso e nella pulizia in quanto è difficile tenere sotto controllo le contaminazioni microbiologiche a causa della caratteristica inerzia fisica e della porosità del legno.

La porosità del legno consente la penetrazione del vino fino a 8-10 millimetri al di sotto della superficie interna delle doghe, mettendo i microrganismi al riparo dai trattamenti. Inoltre, la presenza di depositi di tartrato sulla superficie interna delle botti crea una barriera impermeabile che complica la pulizia e la sanificazione. Questi fenomeni sono particolarmente preoccupanti se si accompagnano a contaminazioni da microrganismi associati al deterioramento del vino, come Brettanomyces bruxellensis o batteri lattici etero fermentati, che potrebbero residuare nelle botti per contaminare nuovi lotti di vino dopo il riempimento. Per sanificare le botti di vino sono utilizzate un’ampia gamma di metodologie, con risultati variabili. Vediamo dunque quali sono i più attuali e diffusi metodi di pulizia e sanificazione.

Metodi di sanificazione chimica

L’anidride solforosa (SO2) è impiegata nella vinificazione grazie alle sue proprietà antisettiche e antiossidanti. Oltre al suo utilizzo come conservante nel vino, la SO2 può essere utilizzata anche come disinfettante per le attrezzature di cantina e le botti. La SO2 si dissolve facilmente in soluzioni acquose per formare un equilibrio tra forme a diverso grado di dissociazione dipendente dal pH. L’azione antimicrobica della solforosa è attribuita alla frazione indissociata, detta anche SO2 molecolare. A causa della sua apolarità l’SO2 molecolare si diffonde attraverso la membrana cellulare e, una volta all’interno della cellula dove il pH è tipicamente intorno a 6.50, si dissocia nei suoi stati ionici, bisolfito e solfito, che a loro volta diminuiscono la concentrazione intracellulare di SO2 molecolare, stimolando ulteriore assorbimento. Questo fenomeno induce un gradiente di concentrazione che diminuisce pH intracellulare. L’inibizione microbica della SO2 è causata dalla rottura dei legami disolfuro negli enzimi e nell’interferenza nella trascrizione proteica. L’SO2 può reagire con acidi nucleici e lipidi provocando disfunzioni genetiche e alterazioni delle membrane cellulari. Lo ione solfito forma addotti con i doppi legami 5,6 dell’uracile e della citosina e con i loro derivati. È stata inoltre descritta una reazione con la citosina e con la 5-metilcitosina che modificandone la struttura, ne blocca le funzioni. I radicali prodotti dall’autossidazione dei solfiti possono causare reazioni con gli acidi nucleici e i loro derivati che portano ad aberrazioni cromosomiche derivanti da rotture della catena del DNA. Riguardo alla reazione dell’SO2 con i lipidi, il bisolfito può reagire con i doppi legami degli acidi grassi mono e polinsaturi. I solfiti possono indurre l’ossidazione degli acidi grassi insaturi attraverso il meccanismo dei radicali liberi, arrecando danno alle membrane. Infine, è stata osservata l’alterazione dei metabolismi energetici con riduzione dell’ATP intracellulare e interazione con il complesso NAD+/NADP, con il piruvato, con l’acetaldeide e con cofattori enzimatici.

Le botti possono essere conservate a secco trattandole con zolfo elementare che brucia sotto forma di stoppino o tramite trattamento con SO2 pressurizzata. La combustione dello zolfo elementare è il metodo più utilizzato, le quantità bruciate vanno da 5 a 20 g a botte da 225 L, ogni 3 – 4 settimane. In alternativa, i barili possono essere riempiti con una soluzione di potassio metabisolfito, utilizzando 200 mg/L di K2S2O5 in acqua fredda acidulato con acido citrico a 3 g/L. La conservazione con SO2 gassosa richiede un’umidità relativa del 60-80% nei locali di stoccaggio delle botti per evitare che le botti si secchino. Sebbene lo stoccaggio umido impedisca alle botti di seccarsi, porta a un ulteriore impoverimento del legno dovuto alla cessione di composti aromatici e polifenoli, oltre a produrre un notevole volume di acque con elevato contenuto di sostanza organica. L’anidride solforosa può anche reagire con il legno liberando idrogeno solfuro, o reagire con le pirazine presenti nel legno tostato per formare tiopirazine, dall’odore di muffa. Pochi studi hanno analizzato l’efficacia biocida dell’SO2 in botte. In vasi vinari naturalmente contaminati la combustione di un disco di zolfo da 5 g è stata sufficiente per mantenere a livelli non rilevabili la concentrazione cellulare per 6 settimane. Una corretta conservazione dei dischi di zolfo e l’umidità delle botti si sono rivelati parametri fondamentali nel determinare l’efficacia del trattamento. Una soluzione acquosa di SO2 (200 mg/L, pH 3.00) non ha dato risultati statisticamente significativo nel contenere la popolazione microbica, rispetto al testimone non trattato. I risultati sono fortemente influenzati dalla contaminazione iniziale delle botti. Sono necessarie ulteriori ricerche su un campione più ampio di botti e trattamenti per ottenere risposte conclusive.