Cave des Onze Communes: “la montagna in un bicchiere”

Ai piedi del Monte Bianco Cave des Onze Communes è una cooperativa vitivinicola che punta sulla produzione di vini di qualità sottesi, la maggior parte, da un’unica denominazione: la Valle d’Aosta DOC.

I 147 soci della cooperativa si tramandano una tradizione enoica antichissima che risale perlomeno ai tempi dell’impero romano quando Aosta era un importante presidio per la difesa e la romanizzazione delle sue vallate montane. Un lavoro di fatica quello dei vigneron valdostani per perpetrare, su terreni impervi e scoscesi, la coltivazione dei vigneti che nei secoli, con i suoi terrazzamenti sostenuti da muri a secco, ha ridisegnato il territorio.

Compito di Cave des Onze Communes è di sostenere e mantenere viva questa antica tradizione facendo leva su un sapere antico ma anche sulle moderne tecnologie in cantina che consentono di innalzare ulteriormente la qualità degli oltre 20 vini a catalogo.

Racconta questa dinamica cooperativa, la più importante per volumi prodotti in Valle d’Aosta, il suo presidente André Gerbore.

Quando nasce Cave des Onze Communes?

«L’atto giuridico della fondazione della cooperativa risale al 1984, facendo eco alla volontà dell’allora amministrazione regionale di sostenere la viticoltura locale, per rilanciarla e renderla più competitiva sui mercati attraverso queste forme di cooperativismo. Nascono così in quegli anni, diverse cooperative vitivinicole, sono oggi 6 in Valle d’Aosta, ciascuna a salvaguardia della viticoltura di un territorio di riferimento. Il nostro comprende 11 comuni attorno ad Aosta; oltre al capoluogo di regione: Quart, Saint-Christophe, Sarre, Saint-Pierre, Villeneuve, Introd, Aymavilles, Jovençan, Gressan, Charvensod. Sono 73 gli ettari vitati complessivi, estremamente parcellizzati, sui due versanti della Dora Baltea, che si sviluppano ad altezze comprese tra i 550 e gli 800 metri di altitudine».

Un lavoro faticoso quello del viticoltore in Valle d’Aosta…

«I terreni sono spesso impervi, con pendenze importanti e tali da richiedere per la coltivazione della vite i classici terrazzamenti di montagna sostenuti da muri a secco. Un lavoro di fatica quindi quello dei nostri vignaioli, perpetrato nei secoli, che ha alimentato un sentimento di appartenenza e di amore per il proprio lavoro che si traduce in un governo quasi maniacale del vigneto e del territorio sul quale insiste, ma anche nell’elevata qualità delle uve conferite in cantina».

I vostri territori si caratterizzano per una forma di allevamento particolare. 

«Aosta, l’allora Augusta Pretoria, presidio voluto dall’imperatore Augusto, era un importante crocevia ai tempi dell’impero romano. L’influenza dei conquistatori non si fece attendere e condizionò anche la coltivazione della vite che nelle nostre terre è a filare in controspalliera a differenza della restante parte della regione dove è a pergola. La conformazione orografica dei territori sui quali insiste la vite, le forti pendenze rendono non sempre semplice coltivare la vite. Ne derivano basse produzioni per ettaro intorno ai 70-75 q. Da qui anche la necessità di valorizzare le nostre produzioni puntando su un’offerta di elevata qualità».

Cave des Onze Communes ha attualizzato la riempitrice con l’obiettivo di lavorare in totale assenza di ossigeno

Possiamo presentarla?

«Cave des Onze Communes propone un’ampia gamma di referenze: 28, dai bianchi e i rossi internazionali – quindi Pinot Nero, Pinot Grigio, Chardonnay… – fino ai nostri autoctoni Fumin, Cornalin, Petit Rouge che è il nostro vitigno principe dal quale nasce il Torrette la più conosciuta tra le sette denominazioni geografiche della denominazione “Valle d’Aosta”. Il Torrette Supérieur è un vino che affina in botti di rovere dal colore rosso rubino tendente al granato, dal profumo intenso di frutti rossi e fieno, leggermente speziato e dalle tipiche note mandorlate dopo l’affinamento in bottiglia. Tra i bianchi possiamo ricordare il Petite Arvine, uno dei vini più conosciuti della Valle d’Aosta; un vino intenso e fragrante prodotto con uve autoctone, caratterizzato da un gusto fresco e minerale, con note di frutta esotica e agrumi. Il Folies è invece uno spumante prodotto con metodo Charmat che nasce dall’unione di un blend di vitigni tradizionalmente utilizzati per le basi spumante e di una cuvée particolare e innovativa, composta da vitigni tiolici e aromatici, per offrire una complessità olfattiva unica. Flétry – Muscat Petit Grain è infine il nostro passito, un vino a bacca bianca la cui vivacità si fonde elegantemente con le note fruttate della pesca gialla e albicocca essiccata, alle sfumature balsamiche di salvia e ricordi di miele d’acacia. Un vino che regala una piacevole sensazione di freschezza in bocca, dove intensità e dolcezza sono in perfetta armonia».

Che cosa dona il granito del Monte Bianco al vino?

«La micro-ossigenazione che si produce con questo affinamento esalta la sapidità e la mineralità che ricerchiamo nei nostri vini».

In cantina tecnologia sempre al top
«In questi oltre trent’anni di attività – ci racconta André Gerbore – la cantina si è mantenuta al passo coi tempi sia attraverso un turn-over impiantistico che garantisse l’attualizzazione delle tecnologie, sia pensando a soluzioni inedite per un’ottimizzazione di processo. Un esempio di questo nostro approccio è la soluzione del problema delle uve surriscaldate che arrivano in cantina attraverso una tecnologia ad hoc che abbiamo introdotto grazie alla collaborazione con un’azienda specializzata. Una tecnologia semplice ma al contempo molto efficiente per l’abbattimento delle temperature: le uve vengono convogliate in un ampio collettore nel quale viene immessa CO2 liquida; il suo passaggio dallo stato liquido a quello gassoso determina un istantaneo raffreddamento delle uve e al contempo inertizza l’ambiente riducendo la presenza di ossigeno e la necessità a valle dell’impiego di solforosa». La cantina ha recentemente sostituito le due presse optando per soluzioni ancora più rispettose della materia prima e performanti per quanto riguarda gli aspetti ossidativi, soprattutto per la produzione dei bianchi e l’esaltazione delle loro componenti aromatiche, sempre con l’obiettivo di ridurre l’impiego di solforosa. «La fase di fermentazione avviene all’interno di vinificatori termo-controllati – continua Gerbore -. Attraverso fermentazioni leggermente più lunghe siamo in grado di preservare l’intera componente aromatica e fenolica dei nostri vini». Il cuore pulsante della cantina è la nuova riempitrice recentemente istallata.  «Sebbene ancora performante, abbiamo attualizzato la riempitrice con l’obiettivo di lavorare in totale assenza di ossigeno. La macchina di nuova generazione ha la possibilità di lavorare in leggera pressione di azoto in modo da mantenere il vino in completa assenza di ossigeno evitando ossidazioni, preservando gli aromi presenti; ne consegue anche il ridotto impiego di solforosa nella fase di imbottigliamento. Completeremo la linea di imbottigliamento automatizzando anche il fine linea. È in previsione, infatti l’acquisto di un sistema di pallettizzazione/depallettizzazione».