Amastuola, una storia green autentica

(da sinistra) I fratelli e soci Filippo, Ilaria e Donato Montanaro

Produzione biologica e paesaggio. Si è partiti da questo binomio imprescindibile per costituire il progetto che ha portato alla nascita dell’azienda agricola Amastuola, che, nel Parco delle Gravine in Puglia, si estende per oltre cento ettari su un altopiano a 210 metri sul livello del mare, beneficiando di un microclima mediterraneo che favorisce le metodiche e le tecniche rientranti nell’agricoltura bio.

La Cantina è una delle attività del gruppo Kikau, società fondata nel 1984 dall’imprenditore Giuseppe Montanaro, che la dirige insieme ai figli Ilaria, Donato e Filippo nel comune intento, oltre che nella capacità, di innovare nel rispetto della storia e della tradizione. La zona in cui sorge il vigneto, infatti, un tempo abbandonata, è stata recuperata nel 2006 tenendo conto di un suggestivo progetto del paesaggista spagnolo Fernando Caruncho: lo scenario, oggi, si presenta come un vero e proprio vigneto-giardino, con filari disegnati in onde accentuate e parallele – che si prolungano e oscillano per tre chilometri – e ventiquattro “isole” di ulivi secolari a intervallarne il movimento.

La Masseria Amastuola, a corte chiusa e originaria del 1400, domina il vigneto dall’alto e, in seguito a una ristrutturazione finalizzata a puntare sul turismo di qualità, è divenuta un elegante Wine Resort, al cui interno si snodano – oltre a 18 camere realizzate nel rispetto dell’architettura tipica e con l’utilizzo di materiali e accessori dell’artigianato locale – un wine bar, una sala degustazione, una bottaia, una libreria e un ristorante in cui, per gli ospiti, è possibile sperimentare i vini Amastuola in abbinamento alla gastronomia pugliese.

Esaltare al massimo il terroir

«Tra i nostri valori fondanti c’è, innanzitutto, un grande rispetto del territorio, che non è solo il luogo fisico dove si svolge l’attività agricola, ma è una zona molto più vasta: un concetto che ha ricadute ben precise anche sull’ambito sociale ed economico di un determinato areale – spiega Giuseppe Sportelli, Direttore di Cantina Amastuola –. Anche per questo, in qualità di imprenditori, con il progetto Amastuola abbiamo fatto sì che i nostri investitori ponessero l’attenzione sulla possibilità di operare diversamente e sull’opportunità di cambiare in meglio, focalizzando la loro – e la nostra – visione sui concetti di produzione biologica e sostenibilità. Fin dall’inizio, con l’ausilio di più consulenti, abbiamo messo in campo una filosofia di conduzione agronomica innovativa, fondamentalmente incentrata sull’osservazione della vigna e sull’interpretazione delle misure più idonee da adottare in base alla stagione climatica prevista. Osservare per anni il vigneto ci ha aiutati a comprendere a fondo le peculiarità delle varietà, ma, soprattutto, il loro comportamento in situazioni differenti, per esempio in base alla natura e struttura del suolo, alla diversa esposizione al sole o, ancora, alla forma di allevamento». A seguito di questo continuo monitoraggio delle condizioni pedoclimatiche e grazie ai numerosi tentativi di anticipare le variabili meteorologiche che ogni annata propone, oggi il team Amastuola è pienamente consapevole delle peculiarità che è bene aspettarsi in una varietà piuttosto che in un’altra.

«Quello che vogliamo dalle nostre uve, e quindi dai nostri vini, è la piena corrispondenza alle note tipiche delle singole varietà . La nostra firma, nei vini, si identifica nella freschezza e nell’acidità»

Tecniche di produzione all’avanguardia

I terreni in corpo unico sui quali si snodano più vitigni autoctoni sono di medio impasto e diversa composizione, ricchi in scheletro, torbe e minerali.

«Le caratteristiche di questi suoli, in combinazione con l’elevato soleggiamento, favoriscono la coltivazione biologica e conferiscono ai vini sapori, aromi e tratti unici. Amastuola è un presidio di pratiche biologiche e, allo stesso tempo, un laboratorio avanzato dove, in collaborazione con prestigiose università italiane, testiamo e adottiamo tecniche di produzione all’avanguardia». Ne è un esempio la stazione agrometeorologica, che, insieme all’impianto di irrigazione autocompensante a goccia e alla camera a pressione di Scholander, fornisce dati utili per gestire l’applicazione dei presidi fitosanitari e intervenire con l’irrigazione di soccorso solo quando è indispensabile. «Questo è un sistema completamente automatizzato, che si attiva in base alla temperatura e all’umidità del terreno, misurate a tre differenti profondità e in 28 diversi punti all’interno della superficie aziendale – sottolinea Sportelli –. Il “percorso green” di Amastuola è nato ancor prima del vigneto-giardino, poiché l’azienda è sempre stata condotta in regime biologico, fin dagli albori della normativa europea. I processi messi in atto in questo senso sono stati molteplici, realizzando ad esempio, all’interno del vigneto, le 24 isole di ulivi secolari che hanno portato al recupero e trapianto di 1.500 esemplari monumentali del territorio – datati oltre ottocento anni dal CNR di Perugia – o, ancora, impiantando alberi con arbusti fitti e cipressi, al fine di garantire il ricovero ai piccoli volatili». In azienda si utilizza ovviamente anche l’inerbimento naturale, atto a garantire la giusta ossigenazione del terreno sfruttando la peculiarità fittonanti delle radici delle leguminose; l’impiego delle colture di copertura, poi, nei periodi di non coltivazione consente di intercettare la radiazione solare catturando più facilmente gli elementi nutritivi e migliorando l’efficienza generale dell’intero ecosistema.

La cantina ha l’obiettivo di rispettare ed esaltare la tipicità delle uve

Rispettosi in vigneto e in cantina

La vendemmia è spesso portata a termine nelle ore notturne, quando la temperatura è inferiore, per evitare l’innesco di fermentazioni indesiderate durante il trasporto dell’uva dal vigneto allo stabilimento produttivo e per limitare gli interventi di refrigerazione, con conseguente risparmio energetico. Le successive operazioni in cantina sono quasi esclusivamente di tipo fisico e biologico e consentono di minimizzare l’uso di additivi e coadiuvanti chimici, in particolare dell’anidride solforosa, impiegata unicamente nella fase di imbottigliamento. Progettata con il contributo scientifico di Roberto Zironi, professore ordinario dell’Università di Udine, la cantina di Amastuola è stata infatti pensata come una continuazione della filosofia del vigneto-giardino, con l’obiettivo di rispettare ed esaltare la tipicità delle uve e produrre vini che ne conservino tutte le caratteristiche naturali. «Oggi la nostra Cantina è una realtà tecnologicamente avanzata e in continua evoluzione – afferma Sportelli – quasi totalmente autosufficiente dal punto di vista energetico e destinata a diventare un museo-laboratorio aperto al pubblico, dal forte impatto visivo. Cerchiamo di essere il più possibile rispettosi dell’ambiente, grazie all’ausilio di più pannelli fotovoltaici e al riutilizzo delle acque di lavaggio e di processo. Tutte le nostre bottiglie, inoltre, sono le più leggere della loro categoria: quella del vino Ondarosa, nello specifico, una borgognotta Evolution, pesa appena 390 grammi e, a brevissimo, completeremo anche la sostituzione dei rossi di fascia alta, passando dalle attuali bottiglie da 650 grammi a quelle, identiche, da 500 grammi».

Verso l’ampliamento dell’area produttiva

L’impianto di imbottigliamento presente in azienda è un monoblocco GAI, acquistato nel 2010, con una potenzialità di riempimento di circa 1.600 bottiglie all’ora. Per assicurare la massima qualità e il minor utilizzo di solfiti in questa fase, il sistema lavora in leggera depressione con l’ausilio di gas inerti, come l’azoto. Delle 200.000 bottiglie realizzate all’anno, circa il 20% è rappresentato da vini bianchi, mentre l’80% da vini rossi, tra i quali il Primitivo, che svolge il ruolo di protagonista indiscusso. «Il nostro vino di punta è il Centosassi Primitivo biologico, un monovarietale di circa 16% vol. alcolico che, grazie alla presenza di un 30% circa di uve appassite, ricorda la tradizione, ma, nello stesso tempo, regala freschezza nella bevuta». Se nel 2022, in uscita dal periodo pandemico, la Cantina non ha compiuto grandi investimenti se non nel campo delle risorse umane – tramite una riorganizzazione dell’asset commerciale con l’inserimento di un export manager –, il 2024 sarà dedicato alla rimodulazione dell’area di cantina, puntando a un ampliamento delle capacità di stoccaggio e alla ridefinizione della linea di imbottigliamento e confezionamento: «A una macchina commerciale che corre bisogna necessariamente affiancare un reparto produttivo alla stessa altezza».

Sostenibilità ambientale, ma non solo

Attualmente Amastuola, interessata ad accrescere e a rafforzare i suoi comportamenti virtuosi per ridurre ulteriormente il proprio impatto ambientale, si sta affacciando al mondo della meccanizzazione tramite l’ausilio di mezzi alimentati con energia solare.

«La strada è ancora lunga, siamo solo agli albori. Abbiamo nel frattempo terminato una sperimentazione sull’utilizzo di prodotti vegani, pertanto, nei prossimi mesi, saremo attenti a veicolare anche questo concetto nella comunicazione dei nostri vini. Siamo anche in procinto di decidere se affiancare o meno, alla certificazione bio, un’attestazione di sostenibilità che includa nella sua valutazione gli ambiti economico e sociale, dal momento che, in questo senso, possiamo considerarci ecosostenibili al 100%. Oggi Amastuola non vende un prodotto, bensì un concetto più ampio di servizi e filosofia produttiva, un metodo di vendita che ci vede impegnati in modo importante al fianco dei nostri clienti, per cercare di trasferire loro i principi cardine delle scelte aziendali. La miglior garanzia che possiamo offrire, e ciò che permette una reale fidelizzazione della clientela, è la nostra presenza continua sul mercato, al fianco di chi ci sceglie. Continueremo a rivolgerci principalmente al settore specializzato dei prodotti biologici – conclude il Direttore –, oggi ormai maturo e di qualità, oltre che al mondo della ristorazione, che ricerca qualità, territorialità e che, soprattutto, ha bisogno di una storia dietro ogni bottiglia. Noi, la nostra storia, l’abbiamo scritta e continuiamo a scriverla, quotidianamente».