Firriato: un approccio manageriale

È, da sempre, un obiettivo chiaro e concreto, quello di Firriato: la sostenibilità come metodo, come filosofia aziendale. Una viticoltura e un’enologia talmente ecocompatibili che hanno valso alla Cantina, nel 2019, il titolo di prima azienda vitivinicola italiana certificata Carbon Neutral dall’autorevole ente internazionale DNV GL, in grado, quindi, di annullare l’impronta delle emissioni dei gas serra nell’ambiente di tutta la sua produzione.

Nata nel 1978 nell’Agro di Trapani dal progetto di Salvatore Di Gaetano e della moglie Vinzia – oggi affiancati dalla figlia Irene e dal genero Federico Lombardo di Monte Iato –, questa realtà a conduzione famigliare si è posta, fin dall’inizio, tre obiettivi principali: esplorare il “continente vitivinicolo siciliano”, inteso come ogni contesto produttivo che la Sicilia ha da offrire; portare gli autoctoni a una viticoltura e a un’enologia orientata all’altissima qualità; perseguire e mettere in atto, nel modo più completo possibile, il concetto di sostenibilità a 360°, intesa come tutela del contesto culturale, antropologico e umano regionale e come protezione dell’ambiente.

Federico Lombardo di Monte Iato

«Sin dalla sua origine – spiega Federico Lombardo di Monte Iato – Firriato si è contraddistinta per il rispetto dei principi etici della sostenibilità, un impegno attivo sul fronte ambientale, della tutela del patrimonio ampelografico, della biodiversità e degli habitat delle nostre tenute viticole, che vanno dall’Agro di Trapani e dall’isola di Favignana, a ovest della Sicilia, fino al Vulcano Etna, nella parte orientale. Un totale di sette tenute – rappresentanti i differenti ordini di suolo che la Sicilia può offrire – per 470 ettari complessivi, dove, fin dai primi impianti, vengono allevate principalmente varietà autoctone, tutte in regime di agricoltura biologica certificata e gestite con il metodo della viticoltura di precisione, puntando quindi a valorizzare ogni singola pianta, più che il vigneto, e il ventaglio di espressioni che uno stesso vitigno può rivelare in contesti pedoclimatici distinti, arrivando a vendemmia beneficiando della massima espressione qualitativa che l’annata consente. I nostri vini sono figli di questo approccio: territoriali, integri ed eleganti. Tutte caratteristiche che il consumatore oggi ci riconosce».

Una filosofia applicata all’intero processo

Coincide con il trionfo degli autoctoni, quindi, il lavoro di Firriato: dai rossi Nero d’Avola, Perricone e Nerello Mascalese ai bianchi Zibibbo, Grillo e Catarratto, nomi che per molti consumatori sono ormai, oltre che familiari, un punto di riferimento dell’enologia anche al di fuori dei confini italiani. Su circa quattro milioni di bottiglie prodotte, infatti, poco più della metà – una quota pari al 51% – è esportato attraverso 5 continenti in 72 Paesi del mondo; di questi, i mercati principali sono rappresentati da USA, Germania, Svizzera e Giappone. «Le variabili vitivinicole siciliane sono talmente tante che è facile raggiungere questi numeri in produzione: attualmente, ad esempio, con un vitigno solo – il Nerello Mascalese – produciamo sette vini diversi, di cui ben quattro spumanti. Tutte le nostre referenze possono dirsi ecosostenibili: avendo noi un approccio al processo, e non al prodotto, infatti, non facciamo differenze. O si è sostenibili per ogni vino o non lo si è per nessuno».

La forza di Firriato sta nelle scelte che l’azienda ha saputo realizzare con questa stessa coerenza, in primis quelle che parlano di natura, biodiversità, tutela del paesaggio, innovazione. Se la sostenibilità ambientale viene intesa “a progetto”, secondo i titolari rischia di portare esclusivamente a generare richiami di marketing e iniziative passeggere; essa, invece, deve divenire un approccio manageriale, che investe tutte le risorse umane, toccando ciascuna sfera aziendale e ogni dipendente. «Siamo forse stati i primi a mettere in atto questa metodologia, con l’obiettivo – tuttora valido e perseguito – di creare un ecosistema aziendale in cui la tutela ambientale sia sempre e comunque il requisito base. Molto spesso si pensa che la sostenibilità, in questo comparto, si crei in vigna: è vero solo in parte, perché se affrontiamo il discorso nel complesso e guardiamo le cose prendendo in considerazione ogni ambito, non andiamo oltre il 20% del totale. Noi questo lo abbiamo capito da molto tempo e abbiamo proceduto a classificare tutte le risorse che concorrono a ridurre il nostro impatto sull’ambiente: acqua, terra, aria, energia, materiali, biodiversità. Per ognuna di esse abbiamo selezionato uno standard internazionale di riferimento e, ove possibile, una norma ISO e una certificazione, entrando de facto nel ciclo di Deming, la tipologia di gestione aziendale che consiste nel migliorare le nostre prestazioni ambientali a ogni ciclo. È così che siamo stati in grado di integrare l’ecosostenibilità nel processo produttivo, in maniera del tutto agnostica rispetto al prodotto, trasformandola in una vera e propria filosofia aziendale facente parte del nostro DNA».

Verso la completa autoproduzione energetica

In ogni tenuta, si parte così dalla tutela del “capitale suolo”, svolgendo le attività agronomiche manualmente, contribuendo all’aumento delle sostanze organiche presenti in vigneto attraverso tecniche di inerbimento e sovescio e mai ricorrendo a prodotti chimici di sintesi e a diserbanti, in sintonia con le pratiche dell’agricoltura biologica certificata. Si continua, poi, con le tecniche della viticoltura di precisione, favorendo, da una parte, la biodiversità vitivinicola (mantenendo in vita, tra le altre cose, due vigneti sperimentali) e, dall’altra, l’ecosistema vigneto, ossia le specie animali ed essenze autoctone che vivono e crescono tra i filari. Si presta inoltre una grande attenzione alla gestione efficiente delle risorse idriche, sia in campo che in cantina, e si monitorano costantemente l’aria e le emissioni di CO2, compensandole integralmente attraverso investimenti costanti, progetti di rimboschimento delle foreste pluviali e installazione di energia rinnovabile presso le economie del terzo mondo. L’approvvigionamento dell’energia avviene perlopiù tramite fonti rinnovabili e, dalla bioarchitettura ai materiali impiegati, fino ai trasporti, l’azienda è impegnata in modo continuo nel monitoraggio della riduzione dei consumi di energia. «Personalmente ritengo che siamo stati pionieri relativamente a tutte queste tematiche e, oggi, ci troviamo in una fase di maturità – dichiara Federico Lombardo di Monte Iato –. Su questi argomenti abbiamo un trascorso che prende il via fin dalla nostra fondazione e nel tempo abbiamo annoverato diversi primati, come quello di essere stati il primo grande brand del vino siciliano a convertire tutta la produzione di uva e olive in regime bio, o come la già citata Carbon Neutrality, realizzata in tempi in cui a parlare di “ISO14064, carbon footprint e neutrality” si veniva considerati extraterrestri. Il nostro approccio scientifico, l’innovazione, la serietà e il rispetto delle tradizioni che portiamo avanti ci hanno condotto, nel 2021, anche a salire sul podio più alto del Gambero Rosso per la viticoltura sostenibile in Italia, un traguardo che abbiamo vissuto con reale emozione. Siamo e vogliamo continuare a essere “custodi di un terroir autentico”, trasparenti nei confronti dei consumatori e a loro sempre più vicini. Il nostro prossimo sogno, o per meglio dire obiettivo, realizzabilissimo, è quello di portare l’azienda all’autoproduzione di tutta l’energia necessaria per il processo produttivo tramite impianti fotovoltaici o eolici, dal momento che il principale fattore causante le emissioni di gas serra è proprio la produzione di energia elettrica. Autoprodurcela al 100% da fonti rinnovabili chiuderà il cerchio».