Azienda agricola biologica Santa Venere: il segreto è curare ogni dettaglio

Valorizzazione dei vitigni autoctoni, applicazione del regime biologico, vendemmie manuali e messa in atto di vinificazioni curate e lavorazioni precise in cantina, condotte da enologi dalla grande esperienza: sono questi i pilastri dell’attività di Santa Venere, impresa agricola estesa per circa 150 ettari sulle colline dell’antica terra di Cirò, piccolo paese della Calabria in provincia di Crotone. Qui il territorio, con le sue campagne pianeggianti verso il mare e le dolci colline, è ritenuto altamente vocato alla coltura della vite e dell’olio e queste proprietà, in particolare, appartengono fin dal 1600 alla famiglia Scala, da sempre dedita alla produzione enologica e olearia.

Giuseppe Scala

La fondazione di Santa Venere avviene nel 1960 grazie a Federico Scala, nipote di Falcone Lucifero, ministro della Real Casa, ma è solo a partire dal 1999 che prende il via la produzione enologica, quando il figlio di Federico, Giuseppe, ultimati gli studi universitari decide di affiancare il padre. «Insieme, e con grande determinazione, stabilimmo di dare un nuovo e importante impulso all’attività – racconta Giuseppe, oggi coadiuvato dal fratello Francesco –: avviammo la vinificazione e scegliemmo di operare in regime biologico, dapprima avvalendoci delle competenze di un enologo di fama internazionale come Riccardo Cotarella, che ci ha seguiti fino al 2016, e in seguito di quelle del suo collaboratore di fiducia, Massimo Bartolini, con noi ancora oggi. L’idea, fin dall’inizio, è stata di puntare sui vitigni autoctoni per esaltare la nostra terra: una svolta moderna ed efficace, applicata anche all’immagine dei nostri prodotti».

“La tecnologia, secondo noi, è indispensabile per garantire la massima igiene del processo di imbottigliamento e la stabilità del prodotto finale”

Un impegno green continuo

Santa Venere prende il nome dal torrente che attraversa la proprietà: dei 150 ettari aziendali, 30 sono destinati a vigneto, concentrati intorno alla cantina e nella zona di Cirò, a 500 metri dal mar Ionio. Su questa terra esposta al sole e ai venti, le viti sono allevate a cordone speronato e ubicate nelle località denominate Volta Grande, Vurgadà, Piana di Coletta, Sant’Angelo e Speziale, su suoli alluvionali di medio impasto o sedimentari con parti ciottolose. I filari sono impiantati con sesto di circa 5.500 esemplari di vite per ettaro e la loro età media è di 6 anni per i nuovi vigneti e di 40 anni per i vigneti più antichi. Il resto della proprietà è destinato agli uliveti, che si estendono in tutta la zona di Cirò e comprendono impianti nuovi, di circa 50 anni, e secolari, anche di 700 anni. Qui, da tempo, gli Scala si definiscono “pionieri del vino biologico a Cirò”. «Santa Venere è un’azienda certificata biologica che, fin dal principio, ha scelto di seguire un metodo di coltivazione rigorosamente “naturale”; non utilizziamo, perciò, alcuna sostanza chimica di sintesi. Ciò valorizza le risorse naturali del terreno, nel pieno rispetto delle caratteristiche del suolo e della biodiversità, e ci permette di ottenere prodotti di elevata qualità. La certificazione Valoritalia, impressa su ogni singola bottiglia, dimostra chiaramente il nostro rispetto e l’impegno continuo nel mantenere un tale sistema di coltivazione, in cui l’azienda crede fortemente. Oltre a questo, ci siamo dotati di un impianto fotovoltaico che alimenta tutta l’azienda, rendendola energeticamente indipendente».

Linea completa riempimento, sciacquatrice ed etichettatrice

La tecnologia è indispensabile

Dopo una vendemmia completamente manuale incentrata sulla selezione precisa di ogni grappolo, come da centenaria tradizione, in cantina le moderne tecnologie, unite alla passione dei fratelli Scala, assicurano ai vini qualità e personalizzazione. Le uve appena raccolte sostano per 8-10 ore nella cella frigorifera, per abbattere la temperatura e preservare le caratteristiche del prodotto, evitando ossidazioni; durante la fermentazione, poi, le condizioni termiche vengono costantemente controllate. I locali di affinamento contengono pregiate botti in legno, selezionate in relazione al tipo di vino che devono contenere allo scopo di esaltare al meglio le caratteristiche di ciascuna referenza, e anche l’imbottigliamento è eseguito con grande cura. L’azienda possiede due impianti di imbottigliamento, uno per vini fermi e l’altro per vini spumanti; il primo, oltre a un produttore di azoto, vanta una linea di lavaggio, un pre-evacuatore di azoto, il riempimento, un livellatore con azoto, il tappatore per tappi in sughero, una lava-asciuga per l’esterno delle bottiglie e un’etichettatrice. «La tecnologia, secondo noi, è indispensabile per garantire la massima igiene del processo di imbottigliamento e la stabilità del prodotto finale – chiarisce Scala –: in altre parole, è fondamentale prima di tutto per il consumatore, oltre che per preservare la qualità dei vini. Le scelte che abbiamo compiuto relativamente all’impianto per vini fermi sono legate soprattutto alla fiducia nei confronti del nostro fornitore Tecmac, con il quale Santa Venere ha un rapporto ventennale, oltre all’ottima assistenza che l’azienda ci garantisce, importantissima per poter lavorare al meglio».

Ulteriori acquisizioni in vista

Questo impianto automatico per vini fermi è stato, infatti, interamente assemblato da Tecmac, che ha inserito, per la parte inerente al riempimento, un suo macchinario; il lavaggio esterno delle bottiglie è invece a firma Tardito, mentre di Enos è l’etichettatrice e, di Barzagli, il produttore di azoto. Dopo essere state posizionate manualmente sul nastro, le bottiglie vuote affrontano il lavaggio tramite la sciacquatrice, che permette di risciacquarle internamente e a fondo, per non compromettere la qualità del vino che vi verrà introdotto. Una seconda macchina rimuove l’ossigeno interno alla bottiglia e vi insuffla azoto gassoso, al fine di evitare la possibile ossidazione del vino. Ultimato il lavaggio della superficie esterna, le bottiglie passano al riempimento, tra le attività più delicate di tutta la fase di imbottigliamento, dal momento che, da essa, dipende la stabilità e la corretta conservazione del prodotto. In seguito all’inserimento del vino, un livellatore elimina l’ossigeno rimasto tra il collo e il tappo e insuffla altro azoto, prima della fase di tappatura. «Durante questo momento – specifica Giuseppe – è importante che il tappo aderisca perfettamente al vetro della bottiglia, per evitare la fuoriuscita del liquido e un eccessivo ingresso di ossigeno, che causerebbe un’inevitabile perdita di qualità del prodotto causandone i difetti organolettici dovuti all’ossidazione». Gli step successivi consistono nella sciacquatura e asciugatura della parte esterna delle bottiglie, nel loro stoccaggio in gabbioni metallici e nel loro posizionamento in ambiente termocondizionato, per permettere un corretto affinamento in bottiglia prima dell’etichettatura finale e del confezionamento manuale. «Siamo molto soddisfatti di questo impianto e, per integrarlo e completarlo al meglio, tra i futuri investimenti abbiamo previsto l’acquisizione di una macchina inscatolatrice e di una linea automatica di microfiltrazione di ultima generazione, da utilizzare prima del riempimento. Per quello che riguarda il nostro secondo impianto, dedicato alla lavorazione del Metodo Classico, è un sistema semiautomatico di Barida, composto da giropallet per il remuage, congelatore colli, macchina per il dégorgement, tappatrice e gabbiettatrice. Esso realizza circa 300 bottiglie all’ora, mentre l’impianto dedicato ai vini fermi assicura 1.800 bottiglie orarie. Entrambi sono stati installati nel 2017 e, ad oggi, non hanno necessità di interventi di rinnovamento».