Ne abbiamo parlato con Davide Terziotti, ideatore, insieme a Claudio Riva, del salone Distillo, la cui seconda edizione è in programma a Milano il 16-17 maggio.
Il traino della passione
«Quando avevo 19 anni mi sono appassionato ai distillati, soprattutto al whisky, durante un viaggio in Scozia. Da allora non ho mai più abbandonato quel mondo». Nel frattempo, Davide Terziotti frequenta anche il mondo della birra artigianale e vive da protagonista attivo la nascita del movimento in Italia: «Facevo parte dell’Associazione Degustatori di Birra, con la quale si organizzavano corsi, eventi, festival e concorsi per valorizzare e promuovere la birra artigianale».
Ma i distillati restano la sua vera grande passione: «Nel 2008 ho aperto il primo blog in lingua italiana sui distillati mentre, insieme all’amico e collega Claudio Riva, proseguivo le mie visite a distillerie di tutto il mondo, dove Claudio e io coglievamo ogni segnale di cambiamento in atto, consapevoli del fatto che la distillazione craft sarebbe presto giunta anche in Italia dagli Stati Uniti, dove aveva preso il via agli inizi degli anni Duemila, con una forte spinta propulsiva nel 2006-2007, in piena crisi finanziaria».
Nel 2014 Claudio e Davide decidono di dar vita a Whisky Club Italia, dedicandosi alla formazione dei consumatori appassionati di spirit. «Il format ha funzionato fin da subito ed è andato progressivamente ampliandosi a livello di utenti e corsi erogati, che nel 2019 hanno superato quota 230. All’inizio i corsi erano tutti in presenza, ma con l’arrivo della pandemia ci siamo convertiti all’online, con possibilità da parte dei corsisti di ricevere a casa un box coi prodotti da degustare. Anche in questo caso i risultati ci hanno confortato, talmente tanto che tutt’ora parte dei nostri corsi si svolge online e parte in presenza». L’interesse del consumatore italiano per i distillati è talmente importante che dal 2014 a oggi Whisky Club Italia ha costruito intorno a sé una community di decine di migliaia di utenti.
Dal consumatore alla distilleria
Mentre fanno crescere questa loro iniziativa BtoC, Davide e Claudio non smettono di pensare all’altro progetto, questa volta di natura squisitamente BtoB. «Il passo successivo – racconta Terziotti – è stata la creazione del portale Distillerie.it, che abbiamo sviluppato con l’ottica di riunirvi tutte le realtà italiane interessate a far cresce il turismo in distilleria. Ma volevamo anche creare un expo dedicato alle attrezzature per distillerie, sull’onda di quello che già si teneva a Londra. Così è nato Distillo, che nel 2020, anno in cui avrebbe dovuto svolgersi la prima edizione, abbiamo tramutato nell’evento online Craft Distiling Italy, ma che nel 2022 si è svolto in presenza e quest’anno replica».
Distillatori italiani in fermento
«Studi condotti negli anni scorsi sulla crescita globale del settore spirit a livello mondiale prevedevano un incremento di valore del comparto dell’ordine del 25% annuo tra il 2020 e il 2024. Le previsioni si stanno sostanzialmente rivelando esatte, e l’Italia non sfugge a questo trend generale».
“la nostra aspettativa è che nei prossimi dieci anni si registri in italia l’apertura di almeno una ventina di nuove distillerie ogni anno”
«Fino a cinque anni fa – prosegue Davide – il panorama era molto statico. Esistevano 130 licenze di distillazione, ma in realtà le distillerie in produzione nel nostro Paese erano una settantina, dislocate principalmente al Nord e attive nella produzione di grappa. Di queste, un buon 80% erano distillerie artigianali, con meno di dieci addetti, e il restante 20% deteneva l’80% della produzione. Negli ultimi anni abbiamo assistito a qualche nuovo ingresso di distillatori di frutta e produttori di grappa, ma il grosso si sta muovendo sul gin: non solo distillatori già attivi hanno aggiunto il gin al loro portafoglio, ma oggi almeno una decina di nuove distillerie è specializzata nella produzione di distillati bianchi. E in più ne sono sorte alcune che producono whisky».
Fantasia ne abbiamo?
«In Sicilia stanno nascendo realtà che distillano succo di canna da zucchero prodotta sull’isola per ottenere un rhum agricolo, che potrebbe diventare un’Indicazione Geografica Protetta in virtù della storicità di questa coltivazione: già nel Medioevo si coltivava canna da zucchero in Sicilia, dove era giunta dalle Indie, per poi approdare ai Caraibi, transitando per Madeira. Sempre al sud Italia si stanno producendo distillati di Agave. Insomma, la fantasia a noi italiani non manca. In più abbiamo la fortuna di vivere in un Paese dalla forte biodiversità, caratterizzato da ambienti pedoclimatici diversi e da una cultura agricola radicata: le sorprese a nostro avviso nei prossimi anni non mancheranno. Vedremo crescere anche un altro settore “vicino” a quello degli spirit, ovvero quello della liquoristica, nel quale l’Italia è sempre stata leader e dove è tornata ad aumentare la domanda».
Il successo del gin e la crescita lenta del whisky
«Il gin – spiega Terziotti – continua imperterrito a crescere nei quantitativi prodotti e consumati in Italia. Sta certamente vivendo un momento di particolare apprezzamento da parte del mercato, ma ha anche una sua ragion d’essere in termini di economia della distilleria, perché si produce velocemente e consente altrettanto velocemente di incassare».
Più lenta invece la crescita del whisky, per la cui produzione sono necessari investimenti iniziali molto importanti. «Perché il whisky cresca in maniera decisa nel nostro Paese probabilmente sarà necessario l’ingresso di nuovi attori provenienti dal modo dell’industria, anche della distillazione a scopo non alimentare. Questi, con maggiori capacità finanziarie, potrebbero anche vedere nel whisky una possibilità di differenziazione della propria attività produttiva».
Un comparto, quello del whisky, nel quale noi italiani abbiamo avuto un grande merito come consumatori: «Siamo stati i primi al mondo – sottolinea Davide – a bere single malt in maniera continuativa, a importarlo e a coltivarne la cultura».
In Francia, dove il mercato del whisky ha valori veramente importanti, ci sono già un centinaio di distillerie che lo producono, delle quali la metà sono realtà che già esistevano e che hanno implementato questo distillato, ma la metà è rappresentata da realtà nuove. In Inghilterra se ne contano oltre 35. E l’Italia? Stiamo a vedere.