Obiettivo: diventare climate positive entro il 2026. È l’ultima sfida intrapresa dall’azienda Cecchetto, realtà vitivinicola di duecentotrenta ettari sviluppata su tre località della Marca Trevigiana, Motta di Livenza, Cornuda e Tezze di Piave, nel Comune di Vazzola (TV), dove si trova la sede principale dell’impresa, che realizza 250mila bottiglie all’anno. Qui, nel 1985, Sante Cecchetto riesce a rilevare il podere che da tempo cura e coltiva con sapienza e dedizione, affiancato dal figlio Giorgio, il quale, parallelamente, ottiene il diploma di enologo nel 1982 e, quattro anni più tardi, prende in mano le redini dell’azienda agricola, oltre ad aderire come socio-fondatore alla Confraternita del Raboso del Piave. A partire dagli anni Novanta, Giorgio intreccia il destino dell’impresa di famiglia a questo vitigno autoctono, coltivato in zona da più di cinquecento anni: l’aspirazione maggiore del giovane enologo è puntare alla qualità, potenziare l’attività aziendale con la realizzazione di una nuova cantina e far conoscere al di fuori del territorio del Piave il valore e il pregio di un vitigno, e di un vino, dal retaggio storico difficile, quasi “rabbioso”. La produzione Cecchetto si concentra quindi sul Raboso del Piave e sulle sue interpretazioni, tra molteplici prove e sperimentazioni, strategie e affinamenti di vinificazione, per smussare le spigolosità di quest’uva trevigiana e portarla verso uno stile più elegante e moderno. Vinta questa sfida, Giorgio, la moglie Cristina e i tre figli Marco, Sara e Alberto decidono di affiancare all’ormai riconosciuta qualità produttiva Cecchetto anche una marcata responsabilità sociale ed ecologica, intraprendendo un cammino a tappe finalizzato a misurare, comprendere e ridurre l’impatto ambientale della Cantina.
Certificazioni SQNPI e VIVA
«L’attaccamento al territorio e il suo profondo rispetto, così come la tutela della biodiversità, sono i valori che oggi guidano il nostro operato – conferma Sara Cecchetto, Responsabile della sostenibilità per la Cantina –. In qualità di azienda agricola, siamo tra i primi custodi dell’ambiente, dal momento che, quotidianamente, ne curiamo le risorse. Raccontiamo i vini parlando dell’areale dai quali provengono e dei paesaggi in cui coltiviamo i vigneti, testimoniando il Made in Italy anche attraverso storie e tradizioni locali. È nostro dovere, quindi, adottare sistemi di produzione più responsabili, ma, soprattutto, più sostenibili, per poter proteggere e valorizzare il capitale naturale». Questo percorso di consapevolezza ha inizio, per i Cecchetto, nel 2017, quando, per rispondere alla domanda “quanto ambiente viene danneggiato per produrre i vini aziendali?”, la Cantina inizia a misurare le sue performance ambientali attraverso la Certificazione del Ministero della Transizione ecologica VIVA – La sostenibilità nella vitivinicoltura in Italia; lo stesso anno Cecchetto ottiene la certificazione SQNPI – Sistema di qualità nazionale produzione integrata, rilasciata dal Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali, garante di un sistema agricolo di produzione basato su metodi agronomici e di difesa naturali, attenti alla preservazione della biodiversità locale. «Da cinque anni a questa parte – specifica Sara – in vigneto impieghiamo materiali ecocompatibili e biodegradabili – un esempio su tutti è il filo per legare i tralci delle viti – e, per favorire la fertilità e la molteplicità microbiologica del terreno, utilizziamo concimi organo-minerali. Grazie al percorso intrapreso con la certificazione VIVA, ogni due anni valutiamo le nostre prestazioni di sostenibilità e sviluppiamo piani di miglioramento basandoci sui quattro indicatori aria, acqua, territorio e vigneto». Se il primo indicatore, la cosiddetta carbon footprint, esprime il totale delle emissioni di gas serra associate direttamente e indirettamente alla produzione di una bottiglia di vino da 0,75 l, il secondo, la water footprint, calcola il consumo di acqua dolce impiegata per l’irrigazione e per gli usi di cantina; l’indicatore “territorio” analizza le conseguenze delle attività aziendali sia in termini paesaggistici che socio-economici, mentre l’ultimo, “vigneto”, valuta le pratiche di gestione agronomica.
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